Politiche e management della ricerca

Inside Research

12 luglio 2007 - 20:27

La UE scopre il rischio

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Per una volta parliamo di ricerca a rischio, ma senza alludere alla scienza nostrana, e al luogo comune secondo il quale sarebbe a rischio di affondare.
No, parliamo invece del rischio inteso come azzardo, il rischio “buono” e calcolato insito nei progetti di ricerca più innovativi, quelli che escono dagli schemi per esplorare strade poco battute.
I progetti ad alto rischio sono un pò negletti dagli schemi di finanziamento classici. I motivi sono tanti, ma diciamo che le collettività preferiscono investire in modo massiccio su ricerche mainstream, che non si allontanano troppo dalla strada maestra, ricerche che magari non promettono di rivoluzionare la scienza ma che hanno il vantaggio di portare più facilmente a risultati tangibili nel loro ambito.
Nella UE ci si sta però accorgendo che di ricerca ad alto rischio, almeno un pò, c’è bisogno.
Un sondaggio UE che verrà a breve pubblicato, e di cui parla CORDIS ha individuato 40 agenzie europee di finanziamento che affermano di avere programmi specifici a sostegno di progetti di ricerca senza precedenti o «rischiosi». «è un dato molto più elevato di quello che ci aspettavamo all’inizio», ha osservato Patrick Prendergast del Trinity College di Dublino, che ha condotto l’indagine.
L’indagine è nata nell’ambito di NEST-PROMISE , un progetto del Vi programma quadro.

«Le revisioni tra pari compiute da esperti tendono a essere conservatrici e a non volersi assumere il rischio di una proposta nuova. Preferiscono finanziare la “scienza sicura”, sottolineando l’importanza del curriculum. La revisione tra pari e il curriculum spingono a mantenersi entro le consuetudini della disciplina»

scrive CORDIS, che cita l’esempio di Ideas Factory, un’iniziativa britannica che utilizza un approccio creativo e curioso basato su workshops interattivi di sei giorni, chiamati simpaticamente «sandpit» (il recinto di sabbia dei parchi giochi).

Scienziati in mezzo alla sabbia con paletta e secchiello a caccia di idee. Le battute potrebbero sprecarsi. Ma devo dire che è un’immagine che mi piace, una bella sintesi del lavoro creativo che troppo spesso la ricerca moderna mette in secondo piano.

Tags: 6PQ, europa, finanziamenti, innovazione, ricerca
8 giugno 2007 - 18:29

Va dove ti porta il portafogli

Retribuzioni Ricercatori
Dov’è che i ricercatori guadagnano di più? Secondo un interessante report appena pubblicato dalla UE, l’Austria è il paese europeo dove, a conti fatti, il portafogli dei ricercatori rimane più gonfio.
Il report tiene conto non solo degli stipendi in valore assoluto, ma anche del loro valore relativo in funzione del costo della vita che, chiaramente, varia da un paese all’altro (tecnicamente si parla di purchasing power parity o PPP).
Da queste statistiche è chiaro che non sempre il conto in banca e la passione scientifica vanno d’accordo: ad esempio, l’Austria non brilla nell’agone internazionale fra i paesi a più alta produttività  scientifica, e a occhio e croce non è fra i posti dove il ricercatore medio sogna di andare a lavorare.
In rapporto, però, si guadagna in media un buon 30% per cento in più rispetto agli UK, per molti la mecca europea della ricerca. Detta così sembra un pò la famosa statistica del pollo, ma se leggete bene il rapporto troverete anche analisi più approfondite, riguardo ad esempio alla forchetta fra le retribuzioni minine e massime, e fra uomini e donne (tranne che a Malta, sempre più basse per il gentil sesso).
E l’Italia? Se dicessimo che è fra le ultime in Europa anche per le retribuzioni medie dei ricercatori diremmo una cosa vera ma che somiglia alla solita, italica lamentela. E invece, non dobbiamo correre il rischio di confrontare pere con banane.
Se è vero che i ricercatori guadagnano poco, ma è anche vero che vivono in un sistema in cui potrebbero mantenere il posto anche senza produrre molto (anche se moltissimi producono scienza eccellente, cosa che, visti gli stipendi, fa loro doppiamente onore). Inoltre, il loro salario è generalmente a vita (almeno per i ricercatori pubblici) al contrario di colleghi che hanno stipendi più alti (vedi UK e USA), ma che sono sottoposti a verifica durante tutta la carriera. Stipendi più alti per i ricercatori sarebbero dunque cosa buona e giusta ma solo se legati ad una selezione meritocratica (che oggi manca) e alla verifica continua (manco a parlarne..). Altrimenti siamo alle solite.

Tags: europa, finanziamenti, fuga cervelli, retribuzione