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Ogm e Alimentazione

Piante transgeniche partenocarpiche. Alta produttività e qualità dei pomodori partenocarpici geneticamente modificati nelle industrie agroalimentari.


Problematica Principale

L’introduzione tramite tecnologie ricombinanti in pomodoro di un gene chimerico che porta alla pianta a non avere semi nei frutti, ha portato ad un notevole incremento delle produttività in seguito all’allegagione, dopo le prime fioriture persino in condizioni critiche di temperatura.
Infatti, in situazioni ambientali critiche come elevata umidità, poca luce, bassa temperatura, molte specie da orticoltura come il pomodoro, danno produzioni non soddisfacenti. L’unico sistema è l’introduzione della Partenocarpia.
E’ un fenomeno che consente la formazione del frutto, senza che avvenga la fecondazione. Può essere stimolativa quando il polline presente sullo stigma non opera la fecondazione, ma libera sostanze capaci di stimolare la divisione cellulare delle pareti dell’ovario; può anche essere vegetativa nel caso in cui l’ingrossamento dell’ovario non è dovuto a stimoli provocati dal polline, ma da quelli provenienti dall’apice dei germogli.
I frutti in genere non posseggono semi e sono soggetti a cascola. La Partenocarpia condiziona alcuni caratteri del frutto come forma, perdita di acqua, tasso zuccherino e acidità. I frutti soggetti a questo fenomeno sono denominati Apireni.
Altra causa che determina la Partenocarpia, è la variazione del numero di cromosomi che può avvenire naturalmente oppure tramite l’impiego di tecnologie ricombinanti si possono inserire geni esogeni nel genoma delle cultivar.
Agronomicamente si possono utilizzare fitormoni auxino-simili e regolatori di crescita che inducono il frutto a Partenocarpia. Sono utilizzati per la produzioni di meristemi apicali dei germogli delle radici, giovani foglie, frutti ed embrioni. Sono trasportati soprattutto nei vasi cribrosi, aumentano la plasticità della membrana cellulare e stimolano la sintesi dell’RNA e di proteine enzimatiche. L’eccessivo uso di questi ormoni può compromettere la qualità del prodotto.
Pratiche agronomiche e incroci possono alle volte portare alla produzione dei frutti malformati che non vengono venduti.


Materiali e metodi

Diversi studiosi hanno praticato degli esperimenti molto interessanti sull’azione del gene Def H9-iaaM in ibridi di pomodoro da mensa.
Per testare l’azione di questo gene sono stati coltivati due tipi di ibridi di pomodoro da mensa quali Ibridi di forma tonda, lisci e tondi cerasiformi.
I tondo- lisci sono stati ottenuti incrociando la linea parentale transgenica del gene Def H9-iaaM con tre individui normali.
Mentre gli ibridi cerasiformi sono stati ottenuti utilizzando una linea maschile con fenotipo cerasiforme transgeniche con una linea femminile normale.
Il gene chimerico Def H9- iaaM è costituito da una regione codificante iaaM derivata dal batterio Pseudimonas syringae pv. savastanoi e dal promotore Def H9 della “Bocca di Leone” Anthirrinium mayus.
Il promotore fa esprimere il gene solo nell’ovulo e nella placenta mentre la regione iaaM codifica per il Triptofano monossidasi, enzima che partecipa nelle reazioni di produzione di Indolacettammide che è un precursore dell’Acido –3- Indolacetico che rappresenta l’Auxina nelle Angorspermae.

L’Auxina ha una struttura molecolare molto semplice.
E’ molto simile a quella dell’amminoacido Triptofano. Il trasporto dell’Auxina a livello della pianta è lento e ci vogliono molte ore per percorrere pochi centimetri. Non avviene nei tessuti conduttori ma attraverso cellule parenchimatiche specializzate nel trasporto.
L’azione del gene è specifica e la sintesi di auxina avviene solo nei fruttti e mai in altri stadi, la fruttificazione avviene in modo regolare sia per quanto riguarda il peso che il numero di frutti.
Per unire il promotore con la regione codificante è stato utilizzato un mutante del gene Rol A, che è un introne lungo 87 bp derivante dall’Agrobacterium rizogenes.

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Messe in vitro le chimere, si sono prodotti due ibridi trangenici con i geni Def H9- iaaM e Rol A. Questi sono stati fatti incrociare e alla fine si è ottenuto l’ibrido finale.
Grazie alla PCR si è giunti alla decifrazione del gene interessato. Prima di far questo sono state prelevate delle gemme lunghe 0.5 cm ed è stato isolato, grazie a liquido nitrogeno, l’oligo dt.
La sequenza del primer del gene iaaM è 5’-CTTTGGAACTCGTGTTGAGCTCTCA-3’, Def H9 è lungo 600 bp.


Conclusioni

Dopo l’approvazione del ministero della salute si è sperimentata la coltura in un terreno ampio 500 m situato in Vittoria (RG). Ogni pianta è stata rivestita con due strati di polietilene sottili spessi uno 0.12 mm e 0.5 mm. Il materiale è stato trattato con Bromuro di Metile per evitare l’entrata di insetti. Ogni 5 m sono state coltivate 10 piante e sono state trasferite dal laboratorio il 20 ottobre 1997.

Per quanto riguarda gli ibridi tondo lisci i risultati sono i seguenti: in percentuale si è dimostrato che il gene chiemerico aumenta la produttività. La formazione dei frutti, quindi l’allegagione è superiore a quella degli ibridi non transgenici. Le piante geneticamente modificate hanno portato ad una produzione del 90% di fiori che sono andati incontro ad allegagione, mentre le piante non manipolate hanno raggiunto il valore del 70%.
Oltretutto il soddisfacente risultato è stato raggiunto a temperature minime cui il pomodoro di solito trova difficoltà per effettuare la fioritura.
Gli ibridi trangenici hanno effettivamente apportato una maggiore produzione numerica rispetto alle piante normali, poiché si nota una media maggiore di produzione per grappolo. Sommando tutti i frutti per grappolo si nota che la migliore produttività riguarda tutte le piante modificate.
Sommando tutte le produzioni e calcolando una media si nota che le piante transgeniche producono 35 frutti contro i 25 delle normali.
L’azione di questo gene, si evidenzia maggiormente se prendiamo in considerazione il fatto che sia stato inserito in ibridi poco produttivi allo stato naturale. Ciò dimostra che ingegnerizzando con il gene DefH9-iaaM si possono recuperare delle piante che rischiano di essere abbandonate ma che sono di enorme qualità. Migliorando la produttività si migliora la biologia della pianta e quindi in suo valore nella biodiversità.
I frutti normali non modificati hanno mostrato poca polpa, scatolatura; segni che nella piante trangeniche non si notano. I frutti ingegnerizzati pesano circa 157,3 g contro 88 g degli ibridi normali. La produzione commerciale è andata meglio.
Per quanto riguarda l’ibrido cerasiforme anche qui tutti i fiori sono andati incontro ad allegagione.
La coltura può essere anticipata e il vegetale non è molto sensibile a stress di natura abiotica. Le piante normali hanno presentato un’allegagione intorno al 42.2%.
In totale i grappoli del trangenico hanno prodotto 33 frutti contro 10 delle piante normali. I livelli di produzione sono rimasti costanti e le condizioni avverse non hanno causato danni.
In conclusione la produzione dei pomodori è aumentata del 25 %.


Stefano Spagnulo


Bibliografia

T.Pandolfini, G.Rotino, S.Camerini, R.Defez, A.Spena “Optimisation of Transgene action at the post- Trascriptional level: High quality partenocarpic fruits in industrial tomatoes”.

G.Donzella, A. Spena, G.Rotino “Transegenic parthenocarpic eggplants: superior germplasm for increased winter production”.


Bibliografia:
- Spagnulo Stafano, "Tesina sulle metodologie e biotecnologie agroalimentari", anno accademico 2004 2005.
- N.Acciarri, V.Ferrari, G. Vitelli, N.Ficcadenti, T. Pandolfini, A.Spena, G.L. Rotino, "Effetto della Partenocarpia in Ibridi di Pomodoro geneticamente modificati", in l'Informatore Agrario, LVI (4) 2000.


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