Viaggio nella biologia cellulare e molecolare

Inside the Cell

17 November 2010 - 18:13

Questione di identità: le nuove frontiere del controllo del differenziamento cellulare

blood cells

I ricercatori hanno ottenuto cellule del sangue a partire dalla pelle

Negli scorsi articoli, parlando di possibili trattamenti per il ringiovanimento cellulare, abbiamo accennato alle iPSC, le cellule staminali pluripotenti indotte. Vediamo di approfondire l’argomento, parlando anche degli ultimissimi sviluppi che si stanno avendo in questo campo.

Ringiovanire le cellule

Le iPSC non sono né staminali embrionali né staminali adulte, ma sono ottenute attraverso la riprogrammazione di cellule mature, le quali sotto opportune manipolazioni regrediscono ritornando indifferenziate. Attualmente una dozzina di tipi cellulari (fra i quali la pelle) sono stati riprogrammati per trasformarli in staminali.

Per ottenere le iPSC gli scienziati hanno prima di tutto identificato quei geni che sono attivi nelle cellule pluripotenti e non in quelle differenziate. Di questi geni (circa una ventina) ne sono stati poi selezionati quattro che sono risultati quelli fondamentali per ottenere la riprogrammazione.

La messa a punto di questa tecnologia ha prima di tutto avuto delle implicazioni a livello concettuale: è stata di fatto smentita la convinzione che, una volta differenziata, una cellula non possa più tornare indietro allo stadio immaturo di staminale. Oltre a questo le staminali indotte hanno aperto anche nuove prospettive terapeutiche ed hanno risolto, almeno a livello teorico, molte delle problematiche legate all’applicazione terapeutica delle staminali “classiche”.

Quali sono i vantaggi che offrono le cellule staminali indotte rispetto alle tipiche cellule staminali embrionali o adulte? Anzitutto i problemi etici che spesso limitano gli scienziati nel lavorare con le cellule staminali embrionali non sussistono più con le iPSC, e questo non è poco. Le staminali indotte possono infatti essere fenotipicamente simili alle staminali pluripotenti ottenute da embrioni, ma di fatto esse non sono embrionali, cioè non si sono generate grazie ad un evento di fecondazione. Questa caratteristica le rende teoricamente immuni da discussioni di carattere etico o religioso, che nel nostro paese hanno un peso particolarmente elevato. Le iPSC sono cellule “qualunque”, che si erano differenziate, e che semplicemente sono state riprogrammate per tornare staminali. Insomma, cercare di riconoscere una dignità di “individuo” alle staminali indotte (come si fa con gli embrioni) sarebbe abbastanza forzato.

Oltre ai problemi etici con le iPSC sono stati risolte anche alcune difficoltà tecniche. Ottenere le iPSC è un processo più semplice a livello tecnico di quello che passa attraverso la clonazione per l’ottenimento di staminali embrionali.

Tuttavia la tecnologia delle staminali indotte è ancora acerba e necessita di perfezionamenti prima che possa essere sfruttata attraverso applicazioni pratiche. Le difficoltà, infatti, non sono ancora state del tutto superate. Sebbene le iPSC appaiano del tutto simili alle staminali pluripotenti normali ed esprimano i diversi marker di pluripotenza, non sempre riescono a comportarsi veramente da cellule pluripotenti. La ricerca è quindi attualmente concentrata a sviluppare metodi efficaci per riconoscere e selezionare le cellule staminali indotte in grado di funzionare bene dalle altre.

Cambio di identità

Mentre c’è che cerca di risolvere i problemi legati all’uso delle iPSC, non mancano altri sviluppi paralleli che riguardano il campo del controllo del differenziamento cellulare. Alcuni scienziati annunciano di essere già andati oltre questa tecnologia. Recentemente infatti la rivista Nature ha pubblicato un articolo nel quale alcuni ricercatori descrivono come siano riusciti a superare il concetto di staminale indotta, ottenendo cellule del sangue a partire da fibroblasti dermici senza passare per lo stadio di staminale. Grazie alle iPSC avevamo già capito che una cellula differenziata può tornare sui propri passi e rinunciare all’identità che aveva acquisito, diventando staminale e poi eventualmente differenziando in altri tipi di tessuti. Grazie a questo nuovo studio adesso sappiamo che lo stadio di staminale può essere scavalcato, ed un tessuto può essere indotto ad essere convertito in un altro direttamente.

I ricercatori della Mc Master University che hanno portato avanti questo studio sono riusciti quindi a cambiare l’identità delle cellule della pelle in quella delle cellule sanguigne. Questo è stato ottenuto attraverso l’induzione dell’espressione di fattori di trascrizione che di solito sono attivi durante l’ematopoiesi e grazie alla stimolazione con alcune citochine. Ciò ha portato prima alla generazione di cellule che esprimono il marker leucocitario CD45, e poi alle diverse cellule della linea leucocitaria ed eritrocitaria. L’aspetto importante è che tuttò ciò si è ottenuto per attivazione dei meccanismi adulti di ematopoiesi, e non di quelli delle cellule embrionali indifferenziate.

Dovrà passare ancora del tempo prima che si possa avere un’applicazione pratica e terapeutica di questi nuovi passi avanti della nostra conoscenza dei meccanismi di differenziamento cellulare. Sia le iPSC che le tecnologie che permettono il cambio diretto di identità cellulare sono ancora da perfezionare e ottimizzare. Questi risultati però arricchiscono sempre più la convinzione che lo sviluppo di biotecnologie simili sarà alla base della medicina di domani. I problemi etici derivanti dall’uso di cellule staminali embrionali potranno un giorno essere definitivamente scavalcati, e la cura di molte malattie potrà essere più semplice, più efficace e forse anche più economica.

Tags: IPSC, pelle, sangue, staminali
9 October 2010 - 17:03

Sconfiggere l’invecchiamento

Alcuni esperti pensano che la medicina di oggi abbia raggiunto un livello sufficientemente avanzato da potersi dedicare, oltre alla cura delle malattie, anche alla battaglia contro il più endemico dei morbi: la vecchiaia.
Cerchiamo di fare il punto della situazione su quali siano i progetti e le speranze dei moderni scienziati.

Mangia meno e vivi di più?

Osservazioni compiute in vermi e moscerini hanno portato alcuni studiosi a trarre significative conclusioni: una dieta di restrizione calorica aumenta la longevità in questi animali, fino a raddoppiare la durata della loro vita. Questo principio potrebbe essere applicato anche all’uomo? Secondo Valter Longo, scienziato italiano all’estero che ha condotto studi di questo genere, probabilmente non è molto sano portare avanti un regime alimentare di restrizione calorica, ma si potrebbe fare qualcosa modificando il contenuto della dieta.
I risultati osservati negli animali potrebbero essere dovuti ad un fenomeno di adattamento evolutivo: il loro corpo in condizioni di basso apporto nutritivo non riesce a riprodursi in modo ottimale. È per questo che allora i meccanismi di invecchiamento cellulare verrebbero rallentati, in modo che l’individuo possa vivere di più per vedere tempi migliori, e sperare un giorno di nutrirsi sufficientemente per la riproduzione.

L’invecchiamento è regolato?

Queste supposizioni ci fanno intuire un punto importante: i fenomeni dell’invecchiamento sembrano essere regolati in qualche modo, dipendendo dagli agenti che operano sulle cellule e che influenzano le vie biochimiche responsabili. Se è così possiamo pensare, almeno da un punto di vista teorico, di poter agire su questi meccanismi di regolazione, in modo da manipolarli a nostro piacimento.
Secondo gli scienziati basterebbe addirittura modificare il regime alimentare, adottando ad esempio diete più povere di proteine, per riuscire ad allungare la vita.
Alcuni studi nel lievito hanno dimostrato, ad esempio, che esisterebbero delle vie di segnalazione in grado di agire sull’invecchiamento. Una di queste è il cosiddetto “bersaglio della rapamicina”. La rapamicina è una proteina immunosoppressore in grado di bloccare questa via. La sua somministrazione nei topi ha causato un aumento della longevità.

Ringiovanire le cellule

Quando si parla di sconfiggere la vecchiaia pensiamo subito all’invecchiamento dell’organismo in toto. Tuttavia, lasciate a parte tutte le aspirazioni di ottenere l’immortalità, potremmo pensare di agire solamente su determinate cellule e solo in situazioni patologiche, in modo da sfruttare il ringiovanimento cellulare solo a scopo terapeutico.
Grazie all’aggiunta di uno speciale miscuglio di geni che sono attivi solo negli embrioni, infatti, è stata dimostrata la possibilità di trasformare cellule adulte di topo in cellule staminali pluripotenti simili a quelle embrionali (le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte, o iPSC) aprendo la strada a possibili nuove terapie per combattere le malattie e gli acciacchi della vecchiaia.
Sono ancora molti i passi avanti da fare, ma se pensiamo che sono passati solo 13 anni dalla clonazione della pecora Dolly, i progressi scientifici in questo campo stanno procedendo ad un ritmo incalzante e le speranze per il futuro sono ben giustificate.

Le questioni etiche

Quando si parla di cellule staminali è inevitabile che, da qualche esponente politico o religioso vengano sollevate delle questioni etiche. Un esempio dell’ultim’ora è lo scalpore che ha suscitato in alcuni l’assegnazione del Nobel per la medicina all’inventore della fecondazione in vitro.
Cosa succederà quando si parlerà di allungare artificialmente la vita umana? Come reagirà l’opinione pubblica quando, inevitabilmente, gli scienziati cominceranno ad annunciare possibili terapie per vivere mille anni o più?
Difficile predire il futuro, ma si può dire per certo che argomenti così delicati non mancheranno di dare il via a nuovi dibattiti. E se ci guardiamo un po’ intorno, questo futuro sembra non essere neanche lontano, come ci dimostra quello che affermano gli scienziati che gestiscono Il Manhattan Beach Project, controverso progetto scientifico che promette di curare la vecchiaia entro il 2029.

Tags: dieta, invecchiamento, IPSC, staminali