Uno sguardo ai meccanismi della mente

Inside Neuroscience

4 marzo 2008 - 2:06 am

Allo specchio

A tutti noi è capitato di dover imparare a fare qualcosa: come è noto uno dei modi migliori è iniziare guardando qualcun altro che fa ciò che vogliamo imparare. Che si tratti di suonare uno strumento, usare un macchinario in laboratorio o imparare a parlare, infatti, l’imitazione gioca sicuramente un ruolo importante nel nostro processo di apprendimento. Ma come funziona esattamente tutto ciò? Abbiamo già detto in post precedenti (ad es. questo e questo) che il nostro cervello memorizza ed impara attraverso il rafforzamento di alcune sinapsi e l’indebolimento di altre… ma come entra l’imitazione in questo sistema?
Purtroppo non vi posso dare una risposta completa, ma vi posso raccontare almeno parte della storia.


Un macaco neonato imita un ricercatore che tira fuori la lingua!
(da Evolution of Neonatal Imitation. Gross L, PLoS Biology Vol. 4/9/2006, e311)

Tutto cominciò circa una decina di anni fa con gli studi di Giacomo Rizzolatti e colleghi all’università di Parma, i quali stavano studiando l’attività dei neuroni della corteccia premotoria del macaco, una regione coinvolta nella pianificazione delle azioni e nella decisione di quali atti compiere (da cui il nome premotoria). Ad esempio, alcuni neuroni di questa regione potrebbero venire attivati quando il macaco prende un pezzo di cibo da un piatto per metterlo in bocca, altri potrebbero essere attivati quando invece si arrampica su di un albero.
Durante i loro studi, Rizzolatti e colleghi scoprirono l’esistenza di una sottopopolazione (10-20%) di questi neuroni, i quali vengono attivati sia quando l’animale fa una certa azione (es. prende una banana), sia quando vede un altro animale fare la stessa azione. Questi neuroni furono chiamati mirror neurons o neuroni specchio e sembrano essere degli ottimi candidati per spiegare questi processi di apprendimento per imitazione.
La precisione di questi neuroni è notevole: ad esempio, un certo neurone che veniva attivato quando la scimmia prendeva il cibo, veniva anche attivato quando vedeva il ricercatore prendere il cibo. Se però quest ultimo usava delle pinze per prendere il cibo l’attivazione era molto minore, e praticamente nulla se faceva il gesto di prendere qualcosa, ma senza che effettivamente ci fosse del cibo.
Da allora, molti studi sono stati fatti nel campo dei neuroni mirror che sono stati trovati anche nell’uomo e in alcune specie di uccelli (come vedremo nella seconda parte di questo post).
In particolare sembra che questi neuroni siano molto importanti nei processi di apprendimento del linguaggio e altri studi hanno suggerito che un loro malfunzionamento potrebbe essere in parte implicato nell’autismo.

Per chi fosse interessato, ecco il link ad uno degli articoli di Rizzolatti: Action recognition in the premotor cortex

(continua…)

Tags: Imitazione, Memoria, Mente, Neuroscienze, Percezione, Plasticità sinaptica, Visione
18 gennaio 2008 - 8:52 am

Tutto scorre

E’ decisamente corretto dire che le cellule del nostro organismo sono sempre in continua attività e questo è ancora più vero nel caso dei neuroni del nostro cervello. L’attività del il cervello è determinata dai collegamenti fra i vari neuroni, che avvengono alle sinapsi. La maggior parte dei neuroni possiede dei processi molto ramificati, dette dendriti, che partono dal corpo cellulare e che funzionano come “sensori” per input da parte di altri neuroni. La superficie dei dendriti non è liscia, bensì contiene delle piccole estroflessioni di varia forma (spesso “a fungo”) chiamate spine dendritiche; è proprio su queste spine che vengono formate molte delle sinapsi eccitatorie con altri neuroni. Le spine contengono quella che viene chiamata post-synaptic density o PSD un complesso di molte proteine che sono coinvolte nei processi di formazione e rimodellamento delle sinapsi molto importanti -come si diceva in post precedenti- nei processi quali la memoria e l’apprendimento. Una delle più importanti fra queste proteine è PSD-95, ed è proprio questa proteina l’oggetto dello studio di cui vi parlerò oggi.

Lo studio è stato svolto nel laboratorio di Karel Svoboda, una delle figure più di spicco nel mondo dell’imaging neuronale. Potete trovare il lavoro completo al seguente link:
Rapid Redistribution of Synaptic PSD-95 in the Neocortex In Vivo – Gray et al. – PLoS Biology, 2006 Nov;4(11):e370

Gli autori iniziano con il generare dei topi transgenici che esprimono delle proteine fluorescenti nei neuroni di una parte della corteccia cerebrale deputata al processamento di stimoli sensoriali che nel topo sono mediati dalla stimolazione delle vibrisse. In particolare inseriscono una proteina fluorescente rossa chiamata mCherry che si distribuisce in tutta la cellula e serve per permettere di visualizzare i neuroni, e PSD-95-GFP, una PSD-95 fusa con una proteina fluorescente verde chiamata GFP. In questo modo è possibile visualizzare i dendriti dei neuroni, che saranno rossi, e la presenza di PSD-95 solo nelle spine. La tecnica usata è molto sofisticata in quanto grazie all’utilizzo di un microscopio a due fotoni permette di vedere queste proteine in vivo e di guardare la stessa cellula al passare dei giorni.

Spine dendritiche

La prima cosa che hanno osservato è che, durante il periodo osservato (topi giovani) c’è una grande plasticità neuronale. La figura qui a sinistra mostra un dendrita in rosso con diverse spine, identificate dai punti verdi, corrispondenti alla presenza di PSD-95. Lo stesso dendrita è stato fotografato più volte a diversi giorni di vita dell’animale (le sigle P13, P15 etc. indicano un animale di 13 giorni, 15 giorni e così via). Nella colonna C si vede come al passare dei giorni la localizzazione di alcune spine cambi radicalmente, e questo è indice di un rimodellamento delle connessioni fra i neuroni o, per usare un termine che piace tanto a chi studia neuroscienze, di plasticità neuronale.

Al contrario, altre spine dello stesso dendrita (colonna D) sono più stabili, anche se possono cambiare di intensità e forma di giorno in giorno.

Avendo visto che il sistema funzionava e gli permetteva di vedere questi fenomeni di plasticità, hanno deciso di utilizzarlo per risolvere una questione nota da tempo: è noto infatti che le sinapsi possono apparire e sparire, alcune durano meno di un giorno, altre possono esistere per mesi (forse anni), ma le proteine della PSD, tuttavia, stanno nella sinapsi solo poche ore. Ciò non è dovuto ad una loro degradazione, che avviene dopo giorni, bensì come dimostrato in questo studio, ad una rapida diffusione al di fuori della spina e al passaggio nelle spine adiacenti. Per dimostrare ciò gli autori usano una tecnica molto interessante, chiamata fotoattivazione. In pratica usano un’altra variante di PSD-95, questa volta coniugata a paGFP, una proteina normalmente non fluorescente, ma che può essere attivata dalla luce, diventando fluorescente. E’ quindi possibile andare a colpire con un laser solo una spina, attivare la paGFP e misurarne la diffusione al di fuori della spina.

Come vedete nella parte sinistra dell’immagine qui a fianco, è possibile attivare selettivamente una spina (nell’esempio sono attivate 2 spine) e mostrare che la fluorescenza diminuisce nel tempo. Ma questo non è tutto! Come è più evidente nella parte destra dell’immagine, la fluorescenza si può spostare da una spina all’altra! Le spine più grandi tendono a trattenere di più PDS-95 rispetto a quelle più piccole, e sono quindi più stabili. Inoltre il processo non è semplicemente una pura diffusione di molecole, ma è reso più complesso dall’interazione con altre proteine presenti nella PSD.

Infine, l’ultima cosa mostrata nell’articolo è che questi processi sono dipendenti dall’esperienza e da stimoli esterni. Il tempo di ritenzione della proteina all’interno delle spine aumenta infatti con l’età, quando quindi le sinapsi diventano più stabili, ma diminuisce in topi adulti a cui sono state tagliate le vibrisse e che quindi sono in una situazione di deprivazione sensoriale.

Devo dire che, nonostante sia anche io nel campo dell’imaging, e quindi un po’ di parte, ritengo che poter vedere questi fenomeni con i propri occhi sia semplicemente una cosa formidabile.Uno dei punti forti di questo lavoro, a mio parere, sta nel fatto che sono riusciti a fare tutto ciò in vivo e mostrare quindi che questi fenomeni di diffusione avvengono anche nella situazione reale e non sono solo un “artefatto” dei sistemi di colture cellulari (cosa che accade più spesso di quanto si voglia ammettere).

Tags: GFP, Imaging, Neuroscienze, Plasticità sinaptica