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Stress e genetica

STRESS E GENETICA

Romeo Lucioni

La differenza tra ansia e depressione sottolinea quella che è stata individuata tra emozioni ed affetti. se le emozioni (e tra queste l’ansia) possono essere indicate come iperattività di strutture cerebrali –sistema limbico- deputate alla difesa di fronte ad un stimolo percepito come pericoloso o dannoso, gli affetti riguardano un processo più profondo che, nel caso della depressione, si caratterizza come senso soggettivo di sconforto, di impotenza, di trovarsi di fronte a qualcosa di ineluttabile ed invincibile.
Lo studio di queste complesse reazioni ha portato a verificare come gli stimoli troppo forti o ripetuti, le situazioni che determinano senso di frustrazione, perdita dell’identità o del sostegno sociale, agiscono non solo come stimoli che determinano risposte psichiche, ma vissuti che disorganizzano la struttura.
Robert Sapolsky ricorda come all’interno del sistema limbico, l’ansia può provocare un vero e proprio caos.
In questi casi è l’amigdala che risente maggiormente del sovraccarico, “incendiandosi” quando riceve informazioni sia dalla corteccia che dal sistema sensoriale. Questo importante nucleo limbico è implicato nei processi mnesici che si attivano creando un sistema di rete nel quale gruppi di cellule comunicano ripetutamente tra di loro tracciando una specie di “solco”.
Questo circuito preferenziale resta segnato da un fenomeno che è stato chiamato “potenziamento a lungo termine” (LTP = long term potentiation).
Joseph Le Doux ha dimostrato come nell’amigdala dei ratti sottoposti a paura cronica si verifica un LTP. Questo “incendio” ha anche la caratteristica di potersi allargare, di andare ad interessare altre strutture, prima di tutte l’ippocampo (che ha un ruolo determinante nella memoria esplicita) ed anche l’ipotalamo che partecipa alla regolazione delle risposte psicosomatiche e neurovegetative, attraverso la liberazione di ormoni da parte delle ghiandole surrenali. Questo interessamento di diverse strutture è stato messo in relazione con l’ansia generalizzata (in cui l’apprensione non si riferisce ad una determinata situazione), ma anche in circostanze nelle quali lo stimolo, dal di fuori, appare del tutto insignificante.
In questi casi si è potuto confermare come lo stress porti alla liberazione di adrenalina e di glucocorticoidi che vanno ad attivare una determinata struttura cerebrale: il locus ceruleus. Da qui partono stimoli verso l’amigdala che aumenta la produzione di CRH (ormone che attiva il rilascio della corticotropina) e attiva il sistema nervoso simpatico (parte del sistema autonomo) che media i sistemi di attacco o di fuga.
L’amigdala rimanda informazioni anche alla corteccia frontale che attiva sistemi di elaborazione, determinando scelte comportamentali che dipendono anche da tutto il sistema corticale.
Da questo si evince come sia complessa la risposta agli stimoli anche di poco conto, ma, soprattutto, come sia importante l’azione dirompente determinata da una stimolazione cronica (o particolarmente violenta) che può portare a quello che è stato chiamato disturbo post-traumatico da stress (PTSD).
Le ricerche di Robert Sapolsky mirano a cercare di chiarire come uno stimolo cronico possa sovrastimolare una memoria o solco o rete cellulare che comprende non solo l’amigdala, ma anche altre importanti strutture sottocorticali e corticali. Queste ricerche hanno evidenziato la presenza di geni che, nell’amigdala e nell’ippocampo, vengono attivati o disattivati dallo stress. Inoltre hanno indotto ricerche su come possono essere controllate le risposte critiche (ansia libera, angoscia, paura, terrore) attraverso l’impianto di geni che inibiscono la formazione di sinapsi (legami intercellulari) durante lo stress, oppure creando falsi CRH che bloccano i circuiti responsabili della liberazione dei glucocorticoidi (es. il cortisolo).
I lavori di Donald O. Hebb hanno portato ad evidenziare come la trasformazione sinaptica sia mediata dal glutammato e l’LTP di tipo debbiano venga bloccato dall’acido amminofosfovalerico (APV), antagonista selettivo di un tipo di recettore del glutammato. L’APV fa diminuire nei ratti la capacità di imparare e questo apre molte prospettive di indagine, ma bisogna sottolineare le enormi difficoltà che vengono segnalate in relazione alla plasticità cerebrale e la probabilità che la selezione naturale abbia fornito vie alternative e quindi processi adattivi diversi.

Dobbiamo considerare che la mente può essere riferita ad un insieme di processi psico-mentali che uniscono: percezioni, rappresentazioni, emozioni, affetti e cognizioni. Queste attività vengono vissute in diverse situazioni e vengono memorizzate attraverso meccanismi che le includono nuovamente attraverso esperienze e vissuti.

Gli “eventi mentali” sono sostenuti da meccanismi supportati da:
- sistema percettivo (elementi concreti);
- senso soggettivo di consapevolezza (coscienza di sé e della realtà);
- processi rappresentativi (complesse elaborazioni psico-mentali);
- organizzazione mnesica (memoria dichiarativa o esplicita; memoria implicita + memoria procedurale);
- riverberazione emotiva;
- modulazione affettiva (partecipativa e volitiva);
- elaborazione cognitiva (simbolica, razionale, analitico-deduttiva)

che, a loro volta, rispondono a particolari strutture neuro-biologiche che utilizzano circuiti (reti neuronali) e neuromodulatori o neurotrasmettitori.
Possiamo ormai accettare che sia i processi psico-mentali che le strutture neurobiologiche possono essere modificati dall’esperienza, dai vissuti, dall’elaborazione cognitivo-intellettiva ed anche dai processi misteriosi che entrano nell’organizzazione dei sogni.
Ramon y Cajal, padre degli studi sulle cellule nervose, comprese che la rete neuronale non è continua ed inoltre che è modificabile sia per quanto riguarda l’albero denditrico, sia nella lunghezza degli assoni. Sino ai nostri giorni questo modello di “struttura modificabile” ha resistito per lo più stabile, ma ormai non è più sostenibile, tenendo conto delle continue scoperte. Il cambiamento è stato determinato per lo più dagli studi sui geni : ormai è accettato che le cellule nervose sono abitate da geni che vengono attivati o disattivati solo in piccoli sotto-sistemi.
La cosiddetta “plasticità cerebrale” deve essere riferita non solo alle ramificazioni deditriche e, quindi, ai circuiti, ma anche alle sinapsi, come ha messo in evidenza Geoffrey E.Hinton. per queste considerazioni, la plasticità deve essere intesa come complessità di combinazioni determinate dai caratteri molecolari e dalle funzioni cellulari che vengono modificati dall’attività stessa, dagli stimoli e dalle situazioni di stress.
Una situazione di stress psichico implica processi complessi e particolarmente disturbanti proprio perché arrivano ad alterare l’organizzazione stessa della personalità, nei suoi aspetti psico-affettivo e psico-cognitivo.
Si possono osservare:
- senso di ineluttabilità (sensazione di non poter più trovare una via d’uscita);
- perdita del controllo sulle proprie capacità organizzative e difensive;
- ritardo psicomotorio (riduzione della vigilanza e dell’attività di base);
- blocco psico-mentale (affettivo e cognitivo) proprio perché tutte le attività superiori (coscienza, volontà, sistema rappresentazionale) sono obliterate dalla situazione di ansia libera; ogni stimolo, anche minimo, attiva angoscia, paura e terrore.

La conservazione del ricordo di una esperienza, “tragica” per il soggetto, può durare anche tutta la vita e, per questo, richiede modificazioni più stabili e persistenti dell’espressione genica, attivando il meccanismo per il quale le modificazioni indotte da stress cronico diventano tanto rigide da non poter più essere cambiate.





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