Uno sguardo ai meccanismi della mente

Inside Neuroscience

21 dicembre 2007 - 11:59 pm

Il camaleonte

Nel 1983 il genio Woody Allen porta sul grande schermo una storia strana che diventerà un cult. Trattasi del film comico Zelig che ha poi ispirato il famoso omonimo spettacolo italiano dei comici del venerdì sera.

Per chi non avesse mai visto o sentito parlare di questo film, si può definire come un “documentario” comico sulla vita di uno strano individuo, di nome Leonard Zelig (interpretato da Woody Allen), che privo di una propria memoria cerca inconsapevolmente di acquisire l’identità di chi gli sta intorno. Una storia ambientata nel 1920, quindi in bianco e nero, che racconta tra l’altro anche una piccola storia d’amore tra il protagonista e la dottoressa che lo tiene in cura (interpretata da Mia Farrow). La scrittura di questa storia si basò sulla pura fantasia di Woody Allen, ma oggi a distanza di tanti anni  si scontra all’improvviso con la realtà di uno strano caso clinico neurologico.

Nella psichiatria, infatti, esistono numerosi casi “strani”, e non sto parlando del classico tipo che si identifica in Napoleone, Cleopatra oppure uno delle migliaia di personaggi più o meno noti; questi casi, infatti, presentano una identificazione univica di un personaggio rifiutando la propria identità personale per un tempo prolungato. Nell’ambito della patologia psichiatrica c’è anche un’altra classificazione che va sotto il nome di dipendenza ambientale, anche detta sindrome d’uso o comportamento di utilizzazione, in cui i pazienti imitano i gesti dei loro interlocutori o tendono ad usare tutti gli oggetti che hanno davanti.

Sulla rivista inglese Neurocase, tre noti psichiatri napoletani (Giovannina Conchiglia, Gennaro Della Rocca e Dario Grossi) hanno descritto un caso, che hanno avuto recentemente tra le loro mani, unico nel suo genere. Il loro paziente è malato di un disturbo comportamentale che è stato definito Zelig-like syndrome. Quello che distingue questo paziente dai casi precedentemente riportati è la sua totale e onnipervasiva immersione in un contesto con un adattamento eccessivo a ruoli, e non a semplici stimoli, proposti di volta in volta dall’ambiente che lo circonda. Il tutto si manifesta con la perdita della capacità di mantenere costante la propria identità.

Il paziente in questione è un ex-professionista napoletano di 65 anni (con cui mi riferirò con il nome di fantasia Leonard) che in seguito ad un arresto cardiaco, che gli ha provocato un’ipossia cerebrale con danni al lobo fronto-temporale, ha dei disturbi comportamentali che lo fanno assomigliare molto al personaggio ideato da Woody Allen.

Ovviamente si tratta di un caso senza precedenti ed unico nel suo genere; Leonard riesce inconsapevolmente a trasformarsi nel suo interlocutore diventando medico quando interagisce con un medico, esperto di cocktail quando si trova di fronte ad un barman ed esperto di culinaria quando è in contatto con dei cuochi. Ovviamente non si tratta di un semplice caso di pazzia come si potrebbe dedurre da queste semplici frasi, l’immersione di Leonard nel contesto in cui di volta in volta si trova è pressoché totale. Gli psicologi hanno eseguito una serie di test dai risultati sorprendenti. Quando era barman, a chi gli chiedeva come si preparasse un determinato cocktail, ha risposto di essere ancora in prova: «Sono qui da due settimane, spero di avere il posto fisso». In cucina era un cuoco provetto: «Sono uno chef specializzato in menu per diabetici», ha spiegato senza un’ombra di esitazione, assolutamente immedesimato nella sua nuova identità. L’unico ruolo in cui non si è calato è stato, chissà perché, quello di addetto alla lavanderia della casa di cura. Ma per il resto, Leonard ha “rubato” il mestiere a tutte le persone che aveva davanti.

Una sorta di trasformismo psicologico coatto, di camaleontismo involontario che lo rende di volta in volta un perfetto giocatore di baseball in mezzo ai campioni di baseball, un trombettista nero in una banda di jazz, un pellerossa tra i pellerossa, un ebreo tra gli ebrei, uno psicanalista fra gli psicanalisti e cardiologo fra i cardiologi. In ogni occasione Leonard cerca anche di usare un linguaggio appropriato al ruolo che riveste. La dott.ssa Conchiglia ha descritto le domande “trabocchetto” a cui ha sottoposto il paziente, per esempio al cardiologo che gli ha chiesto a quale patologia corrispondesse una determinata anomalia del battito cardiaco, Leonard ha replicato in modo generico ed evasivo ma quanto più appropriato possibile, del tipo “La domanda è troppo complessa, dipende da paziente a paziente”. Da perfetto Zelig, Leonard usa inconsciamente una formidabile arma di difesa contro il suo involontario trasformismo: cancella totalmente dalla memoria il ruolo che ha appena sostenuto quando si immedesima in uno nuovo. Quando è un medico non è mai stato un barman o un libero professionista, nè sa dire nulla di quando sosteneva di saper cucinare alla perfezione.

La dott.ssa Conchiglia ci tiene a precisare anche che, durante i numerosi e repentini cambi di identità, l’uomo-camaleonte, non perde mai il suo carattere e la sua personalità; quel che maggiormente colpisce, piuttosto, è la capacità di adattarsi ai contesti sociali più diversi in cui viene a trovarsi. C’è da dire anche che il paziente non ha mai una completa amnesia, Leonard riconosce e ricorda quasi sempre la moglie ed i figli che non lo perdono di vista per un solo istante.

Probabilmente non guarirà mai, anche se le terapie in day hospital a cui è sottoposto hanno consentito un lieve miglioramento delle sue condizioni. Anche se le crisi sono meno frequenti, l’uomo-camaleonte non è certo in grado condurre un’esistenza normale, e di conseguenza anche la sua autonomia è limitata.

Questo caso napoletano ha avuto un certo eco nel mondo delle neuroscienze e non solo, recentemente nella serie americana Dr. House, portata anche in Italia su canale 5, uno degli autori ha preso ispirazione da questo caso per una delle nuove puntate (titolo inglese “Mirror mirror”) che arriverà prossimamente anche in Italia nella quarta serie. Il burbero medico diagnostico si troverà infatti di fronte ad un paziente con una sindrome clinica simile a quella recentemente identificata (la Giovannini’s syndrome). Lascio a voi vedere come andrà a finire.

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  1. Memento
Tags: Casi clinici, Memoria, Mente, Neuroscienze, Psicologia
  • nico - 22 dicembre 2007 # 1

    Wow, questa proprio me l’ero persa!

    Che dire, posso solo citare il Maestro:

    “Per forza, signori miei! Perché trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni!—Eh! che volete? Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma! Volubili! Volubili! Oggi così e domani chi sa come!—Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono più. Volubili! Volubili!—Voi dite: «questo non può essere!»—e per loro può essere tutto.—Ma voi dite che non è vero. E perché?—Perché non par vero a te, a te, a te,e centomila altri. Eh, cari miei! Bisognerebbe vedere poi che cosa invece par vero a questi centomila altri che non sono detti pazzi, e che spettacolo danno dei loro accordi, fiori di logica! Io so che a me, bambino, appariva vera la luna nel pozzo. E quante cose mi parevano vere! E credevo a tutte quelle che mi dicevano gli altri, ed ero beato!”

  • studenteNeuroPsico - 16 marzo 2009 # 2

    Il mESTRO PER nico è Pirandello??? Bhe pirandello è meraviglioso per me è il miglior psicologo! eeheheh …ma la sindrome di Zelig oltre che alla dott.Conchiglia è anche dovuta allo studio di Dario Grossi.
    (un altro grande nel suo campo ).

  • Drevis - 17 novembre 2009 # 3

    [cit]
    Anche se le crisi sono meno frequenti, l’uomo-camaleonte non è certo in grado condurre un’esistenza normale, e di consequenza anche la sua autonomia è limitata.

    Questo caso napoletano ha avuto un certo eco nel mondo delle neuroscienze e non solo…
    [/cit]

    Solo una cosa:
    si dice “conseGuenza” e sarebbe meglio dire “ha avuto unA certA eco”…

  • Neuroscience - 18 novembre 2009 # 4

    Bhè certamente non appartengo alla Accademia della Crusca…
    Tuttavia la matematica mi è più amica ed ‘una cosa sola’ è diversa da 2 annotazioni. ;-)
    Poi vada per ‘Conseguenza’, ok, anche se ci sono anche errori ben più gravi nel testo.

    La faccenda dell’eco invece mi va di traverso, poiché
    1) si dovrebbe scrivere ‘sarebbe meglio scrivere’ anziché ‘…dire’
    2) poi si dovrebbe utilizzare l’annotazione ‘è più opportuno scrivere…’, ‘si dovrebbe scrivere…’, ‘è più corretto scrivere…’ anziché “Sarebbe meglio scrivere…”
    o è meglio o non lo è; perché ‘sarebbe’? Qual è la condizione che renderebbe meglio scrivere in un modo e non nell’altro?

    Per la faccenda dell’eco al femminile è una storia vecchissima quanto l’italiano stesso. Originariamente eco era una parola solo femminile poiché deriva dal greco dove ci si riferiva ad una Dea che era responsabile dell’omonimo fenomeno acustico. Passando per il latino e poi l’italiano si è perso quasi del tutto il significato al femminile, tant’è che al plurale è solamente maschile, mentre al singolare è accettato in entrambe le versioni. Non credo che oggi, l’uno sia sia più corretto dell’altra però
    io sono uso la parola eco solo al maschile perché
    1) è cacofonico “ha avuto una certa eco”
    2) è inutile riferirsi alla Dea Eco dell’età Greca classica per dare il sesso ad una parola dell’italiano moderno, tante parole italiane hanno cambiato sesso nel giro di pochi secoli e sono state ampiamente accettate nel vocabolario senza che qualcuno si aggrappi ad una arcaica versione della parola stessa.
    3) se una parola ha un plurale maschile non vedo perché al singolare la si debba utilizzare al femminile mantenendo il medesimo significato.
    4) eco al femminile mi ricorda l’ecografia o l’ecologia

    bye

  • La Sindrome di Fregoli - 23 maggio 2010 # 5

    [...] Il nome della patologia, tuttavia, non richiama un vero e proprio camaleontismo come nel caso della Sindrome di Zelig, anzi a trasformarsi sono proprio gli altri. Il paziente con la Sindrome di Fregoli manifesta [...]