Uno sguardo ai meccanismi della mente

Inside Neuroscience

22 febbraio 2008 - 12:38 pm

Interfacce cervello-computer

Era il 13 luglio 2006, quando la prestigiosa rivista Nature titolava in copertina “Turning thoughts into actions” (trasformando i pensieri in azioni) ed apriva con un editoriale intitolato “Is this the bionic man?” .

Quel numero di Nature conteneva infatti due articoli riguardanti le cosiddette brain-computer interfaces (BCI), cioè interfacce cervello-computer:
Neuronal ensemble control of prosthetic devices by a human with tetraplegia
A high-performance brain-computer interface.

Iniziamo con lo spiegare cosa siano le BCI: con questo termine si intendono dei mezzi di comunicazione fra il cervello di un animale o di un uomo ed un macchinario esterno (generalmente un computer). Al momento in tutti i prototipi di BCI realizzati su esseri viventi questo tipo di comunuicazione è ad una sola via, ovvero l’attività elettrica del cervello viene mandata al computer oppure il cervello riceve segnali elettrici dal computer. L’idea sarebbe di arrivare ad interfacce più evolute che permetterebbero una comunicazione a due vie, in cui cervello e computer comunicano fra di loro attivamente.

Ma quali sono le applicazioni delle BCI? Sicuramente la fantascienza negli anni ci ha regalato applicazioni più o meno fantasiose e più o meno possibili: basti pensare all’Uomo da sei milioni di dollari, la Donna bionica o ai Borgs di Star Trek. Arriveremo a cose del genere? Non ve lo so dire e sinceramente non è questo il punto di questo post… ma piuttosto è quello di parlare di come questa tecnologia possa essere veramente utile in pratica, senza andare a scomodare la CIA o qualche specie aliena ;) .

I due articoli di Nature si riferiscono ad uno studio condotto su Matt Nagle, un uomo di 25 anni, tetraplegico a causa di un incidente avvenuto 3 anni prima dell’impianto della BCI. Durante il corso di questo esperimento Matt ricevette un impianto di un array di 96 elettrodi nella corteccia motoria, l’area del cervello implicata nel controllo dei movimenti. Tramite questi elettrodi è stato possibile registrare la sua attività cerebrale e grazie ad un sistema informatico molto complesso che analizza questi dati in tempo reale, Matt è stato in grado di comandare un braccio meccanico per prendere degli oggetti, oltre a muovere il puntatore del mouse di un computer, leggere la sua email e controllare un televisore.

Ecco un video di Matt all’opera:

Un altro campo in cui le BCI hanno riportato grandi successi è quello della visione. Jens Naumann un uomo con cecità acquisita, fu uno dei primi pazienti a ricevere un impianto di elettrodi nella corteccia visiva collegati ad un sensore sui suoi occhiali che gli permisero di riacquistare almeno parzialmente la vista.Ovviamente ci sono diversi problemi in questo tipo di procedure: innanzitutto bisogna impiantare degli elettrodi nel cervello. Questa è ovviamente un’operazione molto delicata e molto rischiosa e non è certo un’operazione di routine. Ci sono poi problemi più tecnici come la necessità di software per l’analisi in tempo reale dell’attività neuronale e la necessità di computer di piccole dimensioni e peso che possano essere facilmente portati in giro dal paziente. Ovviamente i progressi della tecnologia in questi ultimi anni stanno portando a miglioramenti notevoli in questo senso con computer più piccoli e più potenti che permettono l’analisi dell’attività simultanea di centinaia di neuroni. Ci sono poi questioni di bioetica legate all’utilizzo delle BCI. Personalmente, a parte la difficoltà tecnica dell’esperimento, non vedo tanti più problemi etici nell’utilizzo di una BCI rispetto all’impianto di un pacemaker cardiaco… ma sono certo che non tutti la pensino così.Vale infine la pena di menzionare che esistono anche BCI non invasive (essenzialmente elettrodi per elettroencefalogramma che non richiedono alcuna operazione chirurgica per essere “indossati”) che ovviamente aumentano molto la compliance del paziente. Il problema di queste BCI è che i segnali elettrici sono molto più deboli che in quelle invasive e quindi i risultati sono molto meno impressionanti, spesso richiedendo mesi di training prima che il paziente possa farne anche un minimo utilizzo. Ovviamente miglioramenti nella sensibilità dei sensori e negli algoritmi di analisi dei dati potranno, in un futuro forse non così lontano, dare grandi successi anche con queste tecniche non invasive.

Tags: Bioinformatica, Interfacce cervello-computer, Mente, Neuroetica, Neuroscienze
7 febbraio 2008 - 6:04 am

Neuroetica

Stavo leggendo stamattina la newsletter di Nature, quando mi è caduto l’occhio su una “correspondence” intitolata “Italian neuroscientists are ready to start the debate“. Incuriosito, sono andato a vedere di cosa si trattava.

La lettera riguarda un questionario compilato da un gruppo di ricercatori all’Università Politecnica delle Marche, a proposito di neuroetica. Lo ammetto, la prima cosa che ho detto è stata neuro..che? Mi sono quindi armato di Google (!) e sono andato alla ricerca di qualcosa che mi spiegasse cosa fosse questa fantomatica disciplina. Ho trovato questo sito che è sembrato proprio fare al caso mio; ne riporto la definizione:

‘Neuroethics’ is the ethics of neuroscience, analogous to the term ‘bioethics’ which denotes the ethics of biomedical science more generally.
Neuroethics encompasses a wide array of ethical issues emerging from different branches of clinical neuroscience (neurology, psychiatry, psychopharmacology) and basic neuroscience (cognitive neuroscience, affective neuroscience).
These include ethical problems raised by advances in functional neuroimaging, brain implants, brain-machine interfaces and psychopharmacology as well as by our growing understanding of the neural bases of behavior, personality, consciousness, and states of spiritual transcendence.

Lasciando perdere per un attimo gli “stati di trascendenza spirituale” inclusi in questa spiegazione… credo che la cosa abbia molto senso, soprattutto in ambito clinico e quando si lavora con pazienti con problemi psichiatrici. Certo, non vedo come queste cose siano diverse dal resto della bioetica, comunque non voglio farne una questione di termini.

Benissimo, chiarito di cosa stiamo parlando, sono andato a vedere un po’ i risultati di tale sondaggio che trovate in questo PDF.

Facciamo una premessa: il sondaggio è stato mandato ai 703 membri della Società Italiana di Neuroscienze (SINS) e 70 di questi (quindi il 10%) hanno risposto. Ora, sarà che la gente non ne può più di rispondere ai sondaggi, sarà che ci sono molte altre cose più importanti da fare, sarà che un certo numero di persone sono state più pigre di me e non sono andate a vedere cosa fosse la neuroetica… ma 10% mi sembra un po’ poco per dire che gli scienziati sono “pronti per il dibattito”. A me sembra quasi che non gliene importi molto…

Comunque sia, guardiamo i risultati:

DOMANDA 1

Sei interessato alla neuroetica ?

91% sì, 6% non so cosa sia, 3% no

Questo non fa che rafforzare la mia ipotesi… il 10% che ha risposto è praticamente costituito da coloro i quali sono un po’ interessati o implicati in questo ambito. Sospetto fortemente che gran parte dell’altro 90% avrebbe risposto no a questa domanda…

DOMANDA 2

Disutete di neuroetica nel vostro laboratorio?

43% a volte, 29% sì, 28% no

Interessante è notare che i sì vengono essenzialmente da persone >35 anni. Sarà forse il segno che questi problemi sono solitamente relegati nella parte amministrativa e quindi gestiti solo dai membri senior di un laboratorio? Non so quanti di voi abbiano fatto domande di ethical approval per un progetto… personalmente non l’ho mai fatto ma a quanto visto può essere un lavoro molto noioso e che fa perdere un sacco di tempo. Non fraintendetemi, non dico non serva, dico solo che queste cose sono generalmente gestite da burocrati.

DOMANDA 3

Che aspetto della neuroetica ti interessa di più?

72% etica delle neuroscienze 28% neuroscienze dell’etica

Non ho letto il questionario vero e proprio, ma spero che la domanda non fosse posta in questo modo (cioè con queste due opzioni) altrimenti non mi stupirei che solo il 10% abbia risposto
Vedo che però hanno anche un grafico con vari aspetti più dettagliati, quindi probabilmente gli intervistati si sono trovati di fronte a scelte un po’ più pratiche.

DOMANDA 4

Come ti tieni informato sulla neuroetica?

Una patta qui… libri, riviste, internet, conferenze, insomma un po’ di tutto.

DOMANDA 5

Quanti articoli di neuroetica leggi in un anno?

9% nessuno, 49% <3, 25% < 6, 18% > 6

Probabilmente anche questa è un po’ distorta dal fatto che chi ha risposto è effettivamente interessato a questi argomenti, e quindi legge qualche articolo a riguardo se gli capita.

DOMANDA 6

A tuo parere chi è al momento implicato nella neuroetica?

29% studiosi di bioetica, 25% ricercatori, 20% filosofi, 12% esperti di legge, 8% sociologi, 5% politici, 1% nessuno

Ora, non vorrei essere troppo cinico ma sappiamo benissimo che queste cose sono gestite dai politici. Che poi ci possano essere input da parte di altre categorie è chiaro, ma alla fine chi fa le leggi?

DOMANDA 7

Chi dovrebbe risolvere i problemi di neuroetica?

Schiacciante vincita (78%) di bioetici e neuroscientists assieme. Utopia?
Interessante il 10% che dice “non ci sono problemi di neuroetica, solo problemi di bioetica”. Allora non sono solo io…

DOMANDA 8

Le implicazioni etiche delle neuroscienze sono correttamente riportate dai media italiani?

86% no, 7% uno speranzoso “in parte”, 7% di non so.

Nessuno ha risposto di sì? Chissà perchè…
Comunque non vedo perchè i media debbano parlare delle implicazioni etiche delle neuroscienze, visto che come prima cosa non parlano di neuroscienze

DOMANDA 9

Le neuroscienze hanno raggiunto un livello di popolarità adeguato in Italia?

63% no, 31% intermedio, 4% sì, 1% non so

Che dire… si potrebbe sostituire neuroscienze con molte altri ambiti della scienza per quanto mi concerne e i risultati sarebbero gli stessi.

DOMANDA 10

Saresti interessato a ricevere un questionario più dettagliato per definire più precisamente le riflessioni sulla neuroetica?

96% sì, 4% no.

Poco da commentare direi, rileggete il mio commento alla domanda 1.


Certo, viene anche un po’ da chiedersi quanto importante sia la bioetica o la neuroetica soprattutto applicata alla ricerca visto che quest’ultima in Italia è morente, a voler essere generosi.Sono curioso di sapere cosa ne pensate. Attendo i vostri commenti!

Tags: Bioetica, Neuroetica, Neuroscienze