Ciao a tutti! Oggi vi parlerò di un articolo che non tratta strettamente le neuroscienze, ma che propone una tecnica che sicuramente potrà trovare interessanti risvolti in questo campo. Questo post è la traduzione (abbastanza fedele) di quello che ho scritto originariamente (in inglese) sull’ottimo blog ReporterGene.
Il calcium imaging è una tecnica che è decisamente maturata negli ultimi tempi, e di anno in anno vengono generati indicatori per il calcio codificati geneticamente sempre più evoluti.
Uno dei vantaggi dell’utilizzo di indicatori codificati geneticamente è quello di poterli utilizzare per l’imaging in vivo e quindi per studiare processi fisiologici (o patologici) in un sistema molto più completo (e complesso) di -per esempio- una coltura cellulare o una fettina di tessuto.
Diversi approcci sono stati utilizzati per ottenere imaging in vivo, alcuni dei quali fanno uso di una fibra ottica, o “fibroscopio”, inserita nella regione da analizzare e collegata ad un microscopio. Questo è ovviamente un metodo invasivo, e limita l’osservazione alla piccola zona d’azione della fibra. Un altro approccio meno invasivo è quello di utilizzare obiettivi a lunga distanza focale per ottenere immagini di una regione del corpo esposta: come già visto, questo metodo è stato usato, ad esempio, per analizzare la plasticità delle spine dendritiche nella corteccia cerebrale. Anche questa tecnica, tuttavia, permette la visione di una limitata area di interesse, oltre a richiedere un intervento chirurgico piuttosto delicato.
L’approccio recentemente descritto da Rogers e colleghi su PlOS One, invece, è completamente non invasivo. Hanno infatti generato una linea di topi transgenici che esprimono in maniera selettiva (tamite un approccio floxed-stop) una proteina sensibile al calcio, detta GFP-aequorina. Il reporter può essere espresso selettivamente nelle cellule di interesse semplicemente incrociando questi topi con topi che esprimono Cre in quelle cellule (molte di queste linee sono disponibili commercialmente). La GFP-aequorina è una proteina che consiste di una parte sensibile al calcio (aequorina) che in presenza di ioni Ca2+ può ossidare un substrato (chiamato coelenterazina), producendo luminescenza, la quale eccita l’altra metà della proteina (GFP, green fluorescent protein) che quindi fluoresce.
L’idea è quindi quella di iniettare coelenterazina e misurare la fluorescenza generata da GFP.
Questo metodo permette di osservare variazioni di calcio nell’intero animale, anche se ovviamente ha una risoluzione spazio-temporale più bassa (ma comunque buona) rispetto agli altri metodi sopra menzionati.
E in effetti sembra che funzioni bene! Quando GFP-aequorin è stata espressa nei mitocondri delle cellule muscolari, infatti, ha permesso di misurare l’aumento di calcio durante la contrazione muscolare. Questo è stato testato sia dopo una contrazione introdotta artificialmente, sia in condizioni fisiologiche come l’attività muscolare spontanea di topi neonati (vedi figura), sia in situazioni “patologiche”, come le convulsioni evocate da kainato.
Per meglio vedere questo sistema in azione consiglio fortemente di guardare i video allegati all’articolo (che come tutti gli articoli di PLoS è ad accesso gratuito).
Riassumendo, questo approccio permette di misurare il calcio in modo non invasivo e su tutto l’animale in condizioni fisiologiche e patologiche. Questa tecnica potrebbe trovare interessanti applicazioni in studi che misurano lo stato metabolico di un certo tessuto, o l’apoptosi o uno dei moltissimi processi regolati dal calcio (la memoria ad esempio). Il passo successivo, ovviamente, sarebbe quello di ottenere questo tipo di registrazioni in un sistema in cui l’animale si può muovere liberamente. Se avete visitato il link qui a sinistra avrete capito che non siamo lontani dall’ottenerlo, ed infatti lo stesso gruppo ha già pubblicato un articolo a riguardo (Roncali et al., J. Biomed. Opt. 2008)!
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Questo è un articolo molto interessante!!!
Sarebbe utilissimo per gli studi che stiamo conducendo, spero che si possa adattare bene anche per lo studio del sistema nervoso centrale, ex vivo ed in vitro.
Abbiamo sempre utilizzato il Fura2 per il Calcio immaging, il problema è che le cellule dovrebbero essere illuminate, il che è un po’ difficile per la presenza della teca cranica. Questo metodo consentirebbe a chi ha una telecamera molto sensibile di poter “vedere” cosa succede in determinate cellule…. insomma utilissimo.
In realtà la teca cranica è un problema relativamente risolvibile, con vari artifici tecnici (se sei interessato all’argomento leggi qualche articolo di Karel Svoboda, Rafael Yuste o Arthur Konnerth, sono al top in questo settore)
E’ davvero interessantissimo…anche noi abbiamo sempre utilizzato, e utilizzeremo ancora, il Fura2 per il calcium imaging in cellule endoteliali di tumore mammario umano. Sarebbe interessante studiare l’imaging del calcio in un sistema in vivo in modo da confrontare malato e sano!