Uno sguardo ai meccanismi della mente

Inside Neuroscience

31 maggio 2010 - 10:29 am

Quando il Cervello Decide il Suicidio (VIII Parte): Gli 007 del SNC

Gli 007 del Sistema Nervoso Centrale

Preambolo

Eccoci di nuovo con il seguito del nostro giallo misterioso, ed iniziamo subito con un breve riassunto.

Siamo nei panni di un improbabile investigatore molecolare che deve scoprire chi ha causato la morte dei neuroni in seguito ad ictus. Nelle prime puntate abbiamo appreso la complessità dell’evento ischemico, ciò che ne consegue, e la volontà preprogrammata di qualcuno di assassinare i neuroni. Nella puntata precedente, invece, abbiamo introdotto le cellule microgliali che rappresentano delle guardie giurate dedicate alla protezione del cervello. Oggi vedremo come queste cellule siano più simili a degli agenti segreti.

L’interrogatorio

Per istituire un processo contro qualcuno é necessario avere delle prove convincenti; i sospetti da soli non bastano.

Ecco i fatti:

  • Il cervello si trova in una condizione isolata, prima, durante e dopo il neuroomicidio;
  • C’è sicuramente un colpevole e deve necessariamente essere contenuto all’interno del cervello;
  • In questa ‘stanza’ troviamo permanentemente i neuroni (le principali vittime), la glia (vittime collaterali), e la microglia (guardie giurate);
  • La microglia, il terzo incomodo, sopravvive al danno e si allontana dai neuroni poco prima che muoiano;
  • La microglia in opportune condizioni riesce ad uccidere le cellule patogene ed anche i neuroni in agonia;
  • La microglia non ha ancora un alibi per l’evento ischemico.

Continuiamo quindi l’interrogatorio nei confronti della microglia.

“…in altre parole i neuroni sono morti poco dopo la sua visita?”

“Sì, ma ero già lontano quando questo è successo”

“Può spiegarci perché Lei si è allontanato dal danno neuronale salvandosi la pelle, invece che combattere fino all’ultimo respiro? Dopotutto questo è il Suo ruolo, Lei è una guardia giurata e non può allontanarsi quando le cose vanno male”

“In realtà c’era ben poco da fare quando sono arrivato sul luogo del delitto, i neuroni stavano già morendo, non ho potuto far nulla ed era inutile sacrificarsi. Noi cellule microgliali non abbiamo alcuna possibilità di rinforzo da parte di progenitori esterni alla BEE, quindi sacrificarsi durante l’ischemia avrebbe comportato una perdita di cellule con una conseguente perdita di protezione per gli altri neuroni ancora vivi.”

“…uhmm… se ho capito bene, Lei è arrivato in ritardo, non ha fatto nulla e si è allontanato quando le cose si sono messe male. Perchè?”

“Sono preparato per affrontare cellule patogene, infezioni, infiammazioni ed eventi simili. L’evoluzione non mi ha selezionato per affrontare l’assenza di ossigeno e nutrienti.”

“…e cosa ha fatto in quei brevi momenti in cui Lei era a contatto con tanti neuroni poco prima che morissero?”

“Ho liberato dei fattori trofici per sostenere i neuroni e la glia. Generalmente i neuroni sono meno sensibili alla morte quando ricevono degli ormoni. Il mio ruolo era quello di incoraggiarli a vivere fino a quando fosse possibile”

Sembra non esserci nulla di serio, ma il dubbio rimane; ad esempio come mai una cellula tanto efficiente nel riconoscere i danni neuronali si è accorta del danno in corso così tanto in ritardo e non abbia potuto far nulla? La morte neuronale sembra avvenire poco dopo la scomparsa della microglia, può essere tutto questo un caso?

La ricostruzione del delitto

Prima di trarre conclusioni affrettate andiamo in laboratorio con la nostra ricostruzione della scena del crimine. Induciamo una ischemia cerebrale a dei ratti ed analizziamo nel tempo cosa fa la microglia nel SNC. Anche se non è facile seguire le cellule microgliali che girano nel cervello quando l’animale è vivo, è possibile ricostruire la scena mettendo insieme una serie di animali analizzati a tempi diversi dopo l’evento ischemico.

Qui la prima sorpresa. Nel SNC tutte le cellule neuronali e astrocitarie sono pressoché fisse, magari con una mobilità molto limitata e lenta, mentre le cellule microgliali si muovono ad una velocità impressionante. Quello che colpisce molto è la capacità di attraversare reti di assoni, di dendrociti, cellule neuronali ed astrocitarie senza causare danno e senza avere punti di appiglio.

La seconda sorpresa è ancora più scioccante, la forma, le dimensioni e le caratteristiche di queste cellule è enormemente vasta, difficile riconoscerle anche per un occhio esperto. Si possono definire almeno 7 fenotipi principali di microglia: ameboide, ramificata, attiva e non fagocitica, attiva e fagocitica, cellule del composto granulare, perivascolare e juxatavascolare.

Neanche uno 007 potrebbe possedere altrettante identità. Per seguirle, quindi, possiamo usare dei markers, generici come Iba-1 o RCA-1 per riconoscere un po’ tutte le identità microgliali, oppure selettivi come ED1 per riconoscere solo le cellule microgliali attivate. Vi renderete subito conto della complessità di tale analisi, poiché nessun marker fino ad ora scoperto è effettivamente in grado di riconoscere tutte le identità microgliali in maniera specifica e selettiva. Insomma queste cellule sono qualcosa di sfuggente come potrebbe essere un agente segreto.

Ad aggiungere ulteriori sospetti c’è il fatto che le cellule microgliali si avvicinano ai neuroni con una certa identità e se ne allontanano con un’altra. Se poi pensiamo di fare una perquisizione e cercare cosa trasportano le cellule microgliali nelle vescicole potremmo ritrovare una serie infinita di endosomi, lisosomi, autosomi, e vescicole che contengono sostanze altamente tossiche, materiali infiammabili insieme a sostanze neurotrofiche etc etc. Di certo non è quello che si ritroverebbe in una borsa di un medico o infermiere.

Il Processo: L’accusa

L’accusa inizia l’arringa con delle frasi taglienti e tendenziose. Secondo la sua ricostruzione le cellule microgliali, avvezze all’eutanasia, si sono dirette verso la zona sofferente dall’ipossia. I dati pubblici ci hanno depistato sull’effettivo orario di arrivo sul luogo del delitto, in realtà, recenti scoperte ci indicano che le cellule microgliali si trovavano già in loco prima del tempo dichiarato. Non è stato possibile vederle poiché sono arrivate con un travestimento non noto fino a poco tempo fa. Poi una volta arrivate sul luogo prefissato hanno iniziato a contornare alcuni neuroni in sofferenza. La microglia, adese ai neuroni ha liberato delle sostanze in uno spazio estremamente piccolo, troppo scarse per essere analizzate e troppo rapide per essere viste. In questo istante forse c’é stato un ‘errore’, ed al posto di sostanze neurotrofiche la microglia ha lasciato delle sostanze tossiche. Magari ha valutato che i neuroni non ce l’avrebbero fatta a passare indenni l’ipossia e li ha avvelenati in maniera irreversibile per eutanasia. Poi mentre i neuroni avvelenati stavano resistendo all’ipossia, il colpo di grazia, la microglia si é allontanata aggravando la situazione per il mancato sostentamento trofico. Ciò che ne é conseguito é la morte dei neuroni in circostanze apparentemente solitarie. Poi sono arrivate le cellule microgliali travestite da spazzine ed hanno pulito il luogo del delitto.

L’accusa continua rimarcando più volte il passato della microglia, come una cellula già avvezza al neuroomicidio (precedenti penali), inoltre ha mentito sull’orario di arrivo (depistaggi), si trovava vicino ai neuroni durante i fatti (opportunità), aveva dentro di sé l’arma del delitto (capacità), poteva girovagare indisturbato per il cervello con una discreta velocità (possibilità), si è allontanata con un travestimento prima che i neuroni si riprendessero causandone la morte (mancato soccorso). Ed in fine, l’arringa termina con una frase lapidaria: come nei più classici e proverbiali gialli, l’assassino è ritornato sul luogo del delitto ed ha rimosso le prove per fagocitosi (occultamento delle prove).

Non si tratta di un evento accidentale, ma di un pluriomicidio aggravato e premeditato di neuroni ed astrociti da parte di ‘servizi segreti deviati’ appartenenti al SNC.

La parola alla difesa

La difesa risponde punto per punto con calma e freddezza.

Le multi identità sono parte del lavoro fisiologico della microglia. Queste cellule, infatti, in mancanza di collaboratrici, (es macrofagi, cellule presentanti l’antigene, cellule B etc,) devono necessariamente fare tutto da sole adattandosi di volta in volta alle nuove necessità. Sull’orario non c’é stata alcuna dichiarazione falsa, ogni cellula della microglia esprime o meno degli antigeni in funzione del lavoro che sta facendo, se non esistono ancora metodi per marcarli tutte ciò non indica alcuna colpevolezza.

Sulla questione delle sostanze tossiche e letali, é ovvio che una guardia giurata abbia sempre con sé la pistola ed il caricatore sempre pronti, tuttavia può anche avere con sé i materiali di primo soccorso. Fino ad ora non ci sono prove che la microglia abbia liberato sostanze tossiche verso i neuroni in quei momenti.

Anzi, l’imputato si è dimostrato utile per rimuovere le sostanze potenzialmente tossiche, ovvero quei residui post-ischemici che aumentano l’infiammazione e la sofferenza neuronale. Inoltre la microglia ha creato anche un ambiente idoneo per la formazione di nuove sinapsi per la ripresa post-danno.

La difesa poi ricorda che i topi transgenici che non hanno la microglia non sopravvivono all’embriogenesi, per cui stiamo trattando di cellule essenziali per la vita stessa. Poi cita gli innumerevoli casi in cui la microglia ha svolto ruoli eroici in difesa dei nostri delicati neuroni. Tutto questo non può essere cancellato da qualche sospetto e soprattutto da condizioni alle quali la microglia stessa non era preparata.

Se questo fosse un giallo…

Se questo fosse un giallo non potrebbe mancare il classico colpo di scena. Questa volta arriva proprio da Mario Capecchi che scopre, in una sua recente pubblicazione su cell, che l’inattivazione della microglia provoca un fenotipo ossessivo-convulsivo. Quello che sorprende é che l’iniezione nel midollo osseo di cellule microgliali marcate e fluorescenti provoca la comparsa di cellule microgliali nel cervello. Ancora una volta la microglia ha mentito, e a quanto pare ha un passaggio segreto per oltrepassare la BEE, anche se oggi non é stato ancora possibile scoprire come. A quanto pare la microglia ha molti aspetti ancora oscuri, forse anche delle identità e dei passaporti che non conosciamo ancora.

Inoltre come può l’iniezione midollare di una microglia inattiva causare un fenotipo psichiatrico? Siamo di fronte ad un personaggio davvero interessante.

Il giudizio

Mettere insieme tutti questi dati sparsi non é semplice. Nella ricerca, infatti, é difficile soprattutto distinguere la verità obiettiva dalle interpretazioni, ed in questo lungo processo sono state fatte solo delle allusioni, niente di più. L’articolo di Capecchi parla di una interferenza sui recettori nocicettivi periferici da parte della microglia. Un topo con difficoltà nella percezione del dolore ha dei comportamenti anomali, ma non c’é niente di significativamente neurologico.

La corte, quindi propone una nuova perizia. Verifichiamo cosa avviene in un topo transgenico capace di inattivare la funzione microgliale in maniera condizionata.

Il risultato é sconcertante, l’inattivazione condizionale della microglia, poco prima e durante l’ictus, provoca un notevole peggioramento del danno ischemico ed una sopravvivenza neuronale ridotta. Ovviamente ci sono state anche le critiche su quale gene é stato scelto per disattivare la microglia. Forse é stato scelto quel gene che sovraintende le funzioni microgliali ‘buone’. Si vedrà.

Tratta la somma, l’imputato é assolto per insufficienza di prove.

Conclusioni

Purtroppo, siamo ancora lontani dalla verità. Le indagini sulla microglia sono tutt’altro che concluse, si tratta di un campo in rapida espansione ed é sotto indagine per tantissime patologie come l’HIV, la sclerosi multipla, l’Alzheimer e tante altre patologie neurodegenerative.

Per ora il processo sull’ischemia é fermo per insufficienza di prove, ma qualcuno nel mondo sta ancora tentando di incastrare la microglia, chissà se ci sarà nuovamente qualche altro colpo di scena che la riporterà nuovamente sotto processo.

La ricerca, come al solito, non ha mai fine.

Alla prossima

Tags: Animali transgenici, Glia, Ictus, Ischemia Cerebrale, microglia, Neuroni
28 aprile 2010 - 2:08 pm

Quando il Cervello Decide il Suicidio (VII Parte): Dieci Piccoli Indiani

Dieci piccoli indiani


Preambolo

Nella puntata precedente abbiamo visto un esempio di un delitto mirato ad uno dei punti cardini delle difese cellulari. I fatti ci dimostrano  sempre più che la morte neuronale in seguito ad ischemia non sia un evento incidentale, ma voluto da qualcuno con le idee ben chiare su quali difese eliminare e chi distruggere secondo uno schema prestabilito.

Dieci piccoli indiani

Per chi non ha tempo può leggere direttamente il prossimo paragrafo.

Nell’aprile del 1841, Edgar Allan Poe pubblicò “I delitti della Rue Morgue”, considerato da molti il primo racconto ‘poliziesco moderno’ della storia della letteratura. Pochi sanno che questo racconto rappresenta anche il primo esempio di un particolare tipo di giallo definito il “mistero della camera chiusa”. In questa tipologia di racconto si cerca di scoprire il responsabile di un delitto compiuto in circostanze apparentemente impossibili, poiché il bersaglio del crimine generalmente è isolato dal resto del mondo. Sicuramente si tratta di un genere letterario di difficile stesura, infatti molto spesso l’autore ricorre a passaggi segreti, all’intervento di animali o altro che sono sapientemente nascosti fino alla conclusione del racconto. Persino Conan Doyle, Edgard Allan Poe, e tanti altri prestigiosi autori hanno fatto ricorso a questi espedienti.

Probabilmente l’essenza del genere letterale è stata superbamente rappresentata da Agata Christie nel suo giallo intitolato “…e poi non rimase nessuno” poi aggiornato in “Dieci piccoli indiani”. Qui non vi è trucco né inganno, la storia narra di dieci persone che si ritrovano su di una isola deserta su cui all’arrivo verrà annunciata la morte di ciascun protagonista. La cosa sorprendente è che si verifica ciò che è esplicitamente scritto nel titolo, ovvero muoiono tutti e nessuno entra o esce dall’isola. Nella storia non vi è alcuna persona al di sopra di ogni sospetto e non vi è alcun Deus ex machina che risolve il delitto. L’intera storia è narrata dal di fuori dei personaggi senza entrare nella loro testa, mediante sguardi sospetti reciproci, dubbi, perplessità teorie varie. Sicuramente un capolavoro si psicologia e suspense che ha debitamente meritato il record di vendite di libri e le diverse trasposizioni cinematografiche.

Ovviamente non vi svelo il finale ma forse questa storia è interessante poiché potrebbe essere la chiave di lettura di questo post.

Il cervello in una stanza chiusa

Le analogie tra i delitti della camera chiusa e l’ictus sono molteplici.

Il delitto ovviamente è consumato durante il propagarsi del danno neuronale e l’annuncio è dato dal mancato afflusso di sangue, ma perché si dovrebbe considerare il cervello come una stanza chiusa ed isolata?

Il cervello è avvolto da una barriera, detta ematoencefalica (BEE), che lo isola dal sangue circolante. In pratica solo pochissime sostanze controllatissime possono raggiungere l’encefalo mediante diffusione passiva oppure trasporto proteico.

Questa barriera ematoencefalica difende il nostro centro di comando e di pensiero dagli effetti potenzialmente dannosi di sostanze, virus o batteri che circolano nel nostro organismo. Persino i farmaci che dovrebbero agire sul SNC debbono avere delle caratteristiche molto particolari per raggiungere un singolo neurone. Oltrepassare la BEE non é per niente facile sia per entrare che per uscire dal cervello, sebbene esistano dei punti con maggiore permeabilità.

Ciononostante, oltre la BEE ci sono degli strati di astrociti che tamponano ulteriormente l’afflusso di sostanze dal sangue ai neuroni.

Il cervello, inoltre, é immerso in un liquido (liquor cerebrospinale) che serve per alleggerire il proprio peso, per attutire eventuali colpi alla testa e diminuire l’effetto degli sbalzi termici. Ebbene nuotando in questo liquido sarebbe possibile raggiungere quasi ogni regione cerebrale in poco tempo. Il liquido encefalorachidiano, infatti, oltre ad avvolgere completamente l’encefalo, il cervelletto fino al midollo allungato, passa anche dentro il cervello stesso attraversando dei vuoti detti ventricoli cerebrali. Questo é un meccanismo che permette una ottima estensione della superficie di contatto.

C’è da considerare, però, che il cervello è avvolto anche da involucri connettivali membranosi costituiti di 3 lamine concentriche particolarissime, definite, meningi. Dall’esterno verso l’interno all’interno c’è la dura madre (o dura meninge), l’aracnoide, e la pia madre (o pia meninge).

Il ruolo fondamentale delle meningi è la protezione meccanica del SNC ed impedire a sostanze tossiche, metaboliti e farmaci di penetrare dal sangue all’ambiente perineuronale. Serve anche per nutrire il tessuto cerebrale ed a riassorbire parte del liquor cerebrospinale.

Ritorniamo alle indagini

Una volta constatato che c’é in giro un assassino molto furbo e raffinato, il primo punto in discussione oggi é la permeabilità, ovvero verificare se il cervello é veramente isolato oppure c’é qualche passaggio segreto che consentirebbe ad un malintenzionato di entrare e fuoriuscire indisturbato dalla scena del crimine.

Consideriamo ad esempio il ruolo del cervello nel sovraintendere le ghiandole endocrine dell’organismo. L’ipofisi è parte del SNC e stimola numerose funzioni del nostro organismo attraverso la liberazione di numerosi ormoni proteici e non. Come può svolgere questa funzione al di là della barriera? Indagando bene la BEE ha delle piccolissime zone di ‘fenestramento’. Zone in cui la barriera é più sottile e passano più facilmente gli ormoni proteici. Tuttavia queste zone non possono essere facilmente utilizzate per far entrare farmaci, poiché rappresentano una superficie estremamente piccola e con un percorso per raggiungere tutto il sistema nervoso centrale molto lungo. Qualsiasi sostanza o cellula che voglia intraprendere questo percorso dovrebbe oltrepassare la BEE, poi una serie di barriere gliali, assonali, l’ipofisi e poi tutto il cervello per arrivare alla corteccia dove avverrà l’ictus. Un percorso troppo lungo e complicato per una qualsiasi sostanza da poter sostenere come realistica.

Ci può essere però un’eccezione nota a tutti. Si sa, infatti, che i linfociti ed i macrofagi si ritrovano nel sangue e possono attraversare l’endotelio dei capillari senza causare danni e soprattutto in maniera mirata per raggiungere il sito di infiammazione.

Potremmo considerare l’ischemia cerebrale con una componente infiammatoria e quindi potremmo anche pensare che ci sia una possibilità per le cellule infiammatorie attivate di oltrepassare le barriere e ritrovarsi nel SNC.

Andiamo in laboratorio e riproduciamo l’ictus in un modello animale ed osserviamo il cervello e le cellule accorse sul luogo del danno. La prima sorpresa é che nel SNC non ci sono le classiche cellule del sistema immunitario né in condizioni fisiologiche e neanche in corso di infezione. Il cervello, infatti, é privo di linfociti, macrofagi ed altre cellule classiche del sistema immunitario. Per difendersi il cervello presenta una particolare forma di glia che fa le veci del sistema immunitario. Si definisce microglia, una particolare forma di glia che di fatto é una forma di cellule immunitarie residente nel SNC. Rappresentano circa il 20% della popolazione gliale, e circolano liberamente attraverso la stretta maglia dei neuroni e della glia in cerca di neuroni danneggiati, placche e agenti infettivi. Ovviamente si dirigono sul luogo dell’infiammazione o sul sito di richiamo ed hanno funzioni molto interessanti.

La microglia

Immaginiamo un ipotetico interrogatorio per conoscere meglio il nostro candidato.

“Lei chi è e cosa ci fa in questa ‘casa’?”

“Io sono parte integrante del sistema immunitario. Il mio ruolo è quello di proteggere gli abitanti del cervello da eventuali infezioni od eventi dannosi.”

Perché non ci sono le cellule del sistema immunitario qui?”

“Perché non è possibile passare attraverso la BEE, i macrofagi, le cellule B ed altre sono recluse fuori ed io sono reclusa dentro il cervello. Non sono possibili scambi”

Se ho capito bene Lei non è né una forma neuronale e nemmeno una vera glia. Da dove viene Lei?”

“Io derivo dalle cellule staminali ematopoietiche, le stesse che danno origine alle altre cellule del sistema immunitario”

Allora Lei come ha fatto ad entrare qui senza attraversare la BEE? C’è qualche passaggio segreto forse?”

“Le cellule microgliali sono originate durante l’embriogenesi, quando la BEE non esisteva ancora. In pratica una piccola popolazione di cellule staminali ematopoietiche migrano in quello che sarà il SNC e si differenziano in microglia. Una volta chiusa la BEE nessuno entra e nessuno esce”

uhmm… c’è una cosa che non mi quadra. I macrofagi, le cellule dendritiche, e tantissime altre cellule del sistema immunitario spesso si usurano e vengono rimpiazzati da altre cellule nuove che si differenziano secondo le necessità. Lei non invecchia mai? Non riceve mai un rinforzo dall’esterno per combattere le infezioni?”

“In verità no. Le cellule del midollo osseo non possono aiutarmi in alcun modo, poiché non possono attraversare la BEE, quindi siamo sole e facciamo il possibile.”

“…e quando si trova in difficoltà? Come fa?”

“La BEE generalmente non lascia passare molti organismi patogeni e ciò basta per un equilibrio. Tuttavia, se le circostanze lo richiedono abbiamo una discreta capacità di replicazione e possiamo combattere gli agenti patogeni con notevole forza.”

“Alcuni esperti sostengono che i suoi progenitori sono in grado di accorrere nel SNC quando ci sono infezioni molto gravi. Devo dedurre che c’è qualche modo per oltrepassare la BEE”

“Questo capita quando l’infiammazione o chi l’ha causata danneggia la BEE, in questo caso è possibile che dei nostri progenitori abbiamo abbastanza spazio per attraversare la BEE e differenziarsi in loco per combattere al nostro fianco.”

Il sospetto

Qualcosa non quadra perfettamente. Il sistema immunitario è un complesso meccanismo di riconoscimento degli agenti infettivi attraverso diversi tipi di cellule specializzate. Un agente infettivo può essere riconosciuto in maniera innata oppure attraverso l’apprendimento, in ogni caso gli anticorpi hanno un ruolo essenziale per tale riconoscimento. Nessuna cellula può essere in grado di riconoscere tutte le possibili combinazioni di agenti infettivi non-self.

Proviamo a stringere l’interrogatorio sul nostro indagato

“Come fa a riconoscere un agente infettivo? La BEE non lascia passare nemmeno gli anticorpi, e senza le cellule B è improponibile saper riconoscere tutti i possibili agenti patogeni.”

“Da questa parte della BEE ci dobbiamo arrangiare a riconoscere gli agenti patogeni attraverso piccoli cambiamenti patologici che hanno luogo nel SNC. In verità ci sono solo poche e controllatissime cellule nel SNC, ogni cosa fuori posto è subito notata. Ad esempio ci possono essere anche dei piccoli cambiamenti nell’ambiente ionico del cervello per indicare una certa sofferenza”

“Si è mai sbagliato a riconoscere un estraneo? In altre parole ha mai riconosciuto come patogeno o infettivo un neurone?”

“A volte mi è capitato, specie quando un neurone sta per morire si attiva un meccanismo di fagocitosi e rimozione dei residui prima che i frammenti possano danneggiare le cellule circostanti. Oppure in alcune patologie dove i neuroni invecchiano precocemente e sono costretto ad intervenire”

“…e nel caso di ictus? Ha trovato in questo caso degli agenti infettivi? O ha praticato eutanasia su qualche cellula del SNC?”

“In verità sono accorso quanto prima cercando di capire perché morivano così tanti neuroni, ma non ho potuto far nulla per salvarli”

“Perché Lei non è morto durante il propagarsi del danno neuronale insieme ai neuroni ed alla glia?”

“Sono stato chiamato in ritardo dai neuroni danneggiati, sono accorso quanto prima ma la situazione era già disperata, ho provato a liberare sostanze per sostenere i neuroni, ma quando le cose sono andate male mi sono allontanato per salvarmi”

Conclusione

In questo post abbiamo introdotto un nuovo individuo del SNC, un terzo incomodo misterioso che coabita con le vittime e che ha un comportamento alquanto strano. Nel prossimo post lo sottoporremo ad un vero processo per capire bene il suo ruolo e la sua posizione in questo intricato giallo.

Alla prossima

Tags: barriera ematoencefalica, Glia, Ictus, Ischemia Cerebrale, microglia, Neuroni