Visto i commenti che sono saltati fuori in merito ai composti chelanti, mi sembra giusto fare un po’ il punto della situazione con questi composti semplici funzionalmente ma dagli effetti fondamentali. Un tipico esempio di chelazione nei processi biochimici fisiologici è l’emoglobina, una proteina che contiene al suo interno dei gruppi –eme cioè delle strutture peptidiche (globina) contenenti, chelato, un atomo di ferro, e come tutti sappiamo la funzione del ferro legato alla globina e la formazione della emoglobina è il meccanismo fondamentale di trasporto dell’ossigeno alla cellula. Altro chelante endogeno, naturale, che la cellula da sola produce è la lattoferrina.La lattoferrina e’ una proteina chelante il ferro che e’ interessata in numerosi meccanismi biologici. È una proteina basica appartenente alla famiglia delle ferritine “non eme” cioè prive del gruppo eme, (polipeptide chelante il ferro), queste proteine, sono in grado di legare il ferro a PH neutro o alcalino e lo rilasciano a PH acido. Sono sintetizzate da particolari strutture esocrine come le cellule ghiandolari mammarie, e altri cellule secretive quali: lacrime, sudore, la bile, il liquido seminale e il succo pancreatico. Viene accumulata nei granulociti, e praticamente le ghiandole di tutti la classe dei mammiferi riescono a produrre questa proteina.
A questo punto corre in mente una domanda! ma perché la cellula produce lattoferrina? Cioè, qual è la funzione della lattoferrina? Perché il gene che codifica questa proteina si trova in particolare nelle cellule e ghiandole mammarie? Evidentemente visto che la molecola non contiene ferro, la sua funzione non sarà sicuramente quella di trasportarlo, o evidentemente di trasportare ossigeno. Anzi! La sua funzione è proprio quella di eliminare il ferro dal tessuto circostante nella quale si trova. Essa agisce legandosi e assorbendo il ferro, sostanza fondamentale per il nutrimento dei batteri; questi ultimi, privati del cofattore, muoiono. Questo meccanismo viene ormai utilizzato o sfruttato in farmacologia in quanto i batteri, privati dal ferro, sono costretti ad abbandonare le colonie, che spesso tendono a formare, diventando così più vulnerabili alle terapie farmacologiche. Infatti, i biofilm, hanno una massa batterica tale, da rendere inefficaci anche i più potenti antibiotici: questo ha sviluppato una tecnica farmacologica nell’integrazione o associazione degli antimetaboliti (antibiotici) con le lattoferrine.
Ma vediamo come è formata questa relativamente piccola, quanto importante proteina. La struttura tridimensionale della lattoferrina umana, costituita da una singola catena polipeptidica di 692 aminoacidi, è organizzata in due lobi globulari, corrispondenti rispettivamente ai residui aminoacidici 1-333 (lobo N-terminale) e 345-692 (lobo C-terminale), uniti da una struttura ad alfa-elica comprendente i residui aminoacidici 334-344. Ciascuno dei due lobi della proteina è costituito da due domini. La proteina è strutturata in modo tale da disporre di un singolo sito di legame per il ferro per ogni lobo, situato in ciascuna delle facce interne dello spazio intra-dominiale. Le proprietà leganti della lattoferrina si sviluppano attraverso l’azione combinata di 4 residui aminoacidici identici per ciascun lobo (Asp58, Tyr93,Tyr193 e His254 nel lobo N-terminale, Asp396, Tyr434, Tyr527 e His596 nel lobo C-terminale) ed includono, oltre allo ione ferrico, un controione (normalmente un CO32-), sinergico per ogni Fe3+ e con la stessa attitudine ad accettare una gran varietà di cationi, in particolare Zn2+ e Cu2+ in luogo del ferro Questo set di ligandi è chimicamente e geometricamente ideale per un alta affinità di legame reversibile con il ferro e la presenza di un elemento non proteico (CO3 2-) sembra essere una condizione necessaria sia ai fini del legame, che del rilascio del ferro. Infatti, attraverso la neutralizzazione della carica positiva di un residuo di arginina (Arg121 nel lobo N) e della alfa-elica associata, l’anione CO32- facilita l’aggancio del ferro ai quattro ligandi raggruppati insieme sulla superficie laterale del dominio N2. Inoltre la protonazione dello stesso anione CO32- rappresenta probabilmente il primo step nel rilascio del ferro a bassi valori di pH.Una successiva protonazione della His in posizione 253, indebolisce ulteriormente il legame con lo ione ferrico, cui segue una dissociazione dei ligandi e una separazione dei domini, che realizzano il completo rilascio del ferro. Sito canonico di legame per il Fe3+ osservato nella lattoferrina. I due lobi della proteina nativa (non legata al ferro) possono assumere conformazione aperta o chiusa, e passare da una forma all’altra per effetto dei comparabili livelli energetici che caratterizzano i due stati. Generalmente le differenze nella struttura terziaria della proteina riguardano il lobo N-terminale, che nella apo-lattoferrina assume una conformazione aperta, mentre il lobo C-terminale resta chiuso. Probabilmente, il legame con il ferro si realizza quindi proprio nella forma aperta dell’apo-proteina, poiché essa consente un più agevole accesso agli ioni Fe3+ liberi o complessati. Coniugata al ferro si caratterizza invece per una conformazione chiusa dei due lobi.
Attualmente si conoscono le sequenze aminoacidiche, determinate sia a livello proteico sia deducendole dalla sequenza nucleotidica, della lattoferrina umana, costituita da 692 aminoacidi. La lattoferrina umana possiede due potenziali siti di glicosilazione, uno in ciascun lobo. I residui glicosidici che contraddistinguono la proteina sono rappresentati essenzialmente da esossammine (fino all’1%) e zuccheri esosi (fino al 3%), in particolare mannosio comunemente legato ad un residuo terminale di fruttosio. L’elevato grado di glicosilazione proteica sembrerebbe attribuire alla lattoferrina una elevata resistenza all’attacco delle proteasi e all’abbassamento del pH, e sebbene possa significativamente influenzare l’interazione con molecole ligandi, la glicosilazione sembrerebbe non interferire con molte proprietà funzionali della lattoferrina. La concentrazione della lattoferrina varia ampiamente nelle diverse specie. In tutte le specie, comunque, tale concentrazione è più elevata nel colostro e può aumentare notevolmente durante una infezione intramammaria.
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Wow! Questa cosa della lattoferrina proprio mi mancava!
Un post davvero interessante e dettagliato!
ciao
nico
Davvero interessante le relazioni di questa proteina e delle lattoferrine con il mondo microbiologico.