Uno sguardo ai meccanismi della mente

Inside Neuroscience

10 agosto 2008 - 8:15 pm

Quando il cervello decide il “suicidio”: I Parte

Ischemia Cerebrale (Parte I): Introduzione

Rieccoci qua dopo un po’ di tempo di “meditazione lavorativa”, spero di recuperare i post di Nico, poiché sto un po’ indietro.

Allora, per ricominciare vorrei trattare un argomento che ha anche un importante risvolto filosofico che spero possa interessare anche ai “non addetti ai lavori”. Dovete sapere che quando ho iniziato a scrivere l’argomento qui di seguito ho scritto talmente tanto che mi sono subito reso conto che potrebbe essere un po’ troppo lungo e barboso per essere digerito in una sola volta. Di conseguenza ho deciso di farne un argomento a brevi “puntate”, spero che questo sistema vi sarà gradito maggiormente.

Se vi sono commenti vi prego di farmene partecipe.

Buona lettura

Pasquale

Ischemia Cerebrale: Definizione

Ischemia

Per introdurre questo lungo argomento definirò prima il termine “ischemia“. La parola deriva dal Greco ισχαιμία, ovvero isch (riduzione) ed haima (sangue) e sottintende un apporto di sangue insufficiente per soddisfare le richieste energetiche di un determinato distretto dell’organismo. Ovviamente, la mancanza di nutrienti e di ossigeno porta prima alla sofferenza cellulare e poi, se è prolungata, determina la morte dei tessuti circostanti. L’estensione, inteso come volume, e l’entità del danno, inteso come percentuale di cellule morte, dipendono dal tipo cellulare coinvolto e dalla differenza tra la richiesta energetica e l’energia effettivamente fornita.

Il termine ischemia è riferibile a qualsiasi zona dell’organismo; per cui si può parlare di ischemia cardiaca, renale, muscolare, cerebrale etc. Ognuno di questi organi ha caratteristiche diverse, e di conseguenza sono più o meno sensibili al danno ischemico.

Con il termine ictus (dal latino “colpo”) si intende specificamente l’ischemia che riguarda il cervello. Questa patologia è la prima causa di invalidità permanente e la terza causa di morte nei Paesi industrializzati. I recenti progressi medico-scientifici hanno portato a dei miglioramenti nella gestione dei pazienti ischemici come la diagnosi precoce, la trombolisi, la creazione di centri per lo stroke e la riabilitazione. Tuttavia, l’ictus oggi rappresenta ancora un problema medico senza un’efficace terapia. Stranamente, nonostante i numerosi studi sull’argomento in questione l’ischemia cerebrale è ancora una patologia con molti lati oscuri da chiarire.

L’ictus, infatti, presenta diverse caratteristiche anomale che lo contraddistinguano dagli altri tipi di ischemia. La caratteristica più evidente è che la morte dei neuroni non avviene quando c’è la carenza di carburante ed ossigeno, ma diverse ore fino a giorni dopo il ristabilirsi del normale flusso sanguigno. Si può affermare quindi che la morte neuronale non è causata direttamente della semplice mancanza di cibo ed ossigeno, ma per complessi meccanismi che sono scaturiti da questa mancanza. Questa caratteristica rende l’ischemia cerebrale una sezione medica di notevole interesse scientifico poiché è una patologia molto grave e diffusa, con un periodo di possibile intervento (finestra terapeutica) abbastanza ampia. Il tempo che intercorre tra l’ictus ed il raggiungimento del massimo danno cerebrale è abbastanza lungo per un tempestivo intervento farmacologico sul paziente. Purtroppo le attuali terapie mirano a fenomeni macroscopici come ripristinare il flusso sanguigno mediante agenti anticoagulanti che rompono il coagulo che ha occluso un’arteria. Queste terapie sono utili solo se sono effettuate entro 2-3 ore dall’inizio dei sintomi ed hanno scarsa efficacia. Secondo molti la “vera terapia” dovrebbe mirare a bloccare quei sistemi cellulari che portano una determinata cellula, apparentemente non sofferente, a morire dopo giorni dall’evento ischemico. Per questo motivo è in corso da tempo la caratterizzazione di questi complicati meccanismi cellulari per la ricerca di efficaci bersagli farmacologici che siano in grado fermare questo percorso neurodegenerativo ritardato. Sin dai primi risultati delle ricerche svolte è emerso che uno dei punti chiave della neurodegenearazione è lo ione calcio e la fine regolazione delle sue concentrazioni intracellulari ed extracellulari.

Il Calcio: la “Spada di Damocle” dell’ischemia

Spada di Damocle

Il Calcio (Ca2+) è un componente essenziale per la vita; questo ione infatti oltre ad essere un componente fondamentale per le ossa, è usato anche come un importante segnale cellulare per innescare migliaia di processi fisiologici che vanno dalla contrazione cellulare, come nel caso delle cellule cardiache e muscolari, fino all’impulso nervoso di ogni singolo neurone del cervello.

Pensate che la concentrazione di calcio presente all’interno di una qualsiasi cellula del nostro organismo a riposo è estremamente bassa (50-100 nanoMolare), praticamente meno della concentrazione di calcio che si ha nella semplice acqua distillata! All’esterno delle cellule, invece, c’è una concentrazione di calcio di circa 10.000 volte superiore che è separata dall’interno delle cellule da un doppio strato lipidico sottilissimo. Questa differenza di concentrazione è fondamentale, poiché basta anche un lieve incremento dei livelli di calcio intracellulari per innescare in base al tipo di cellule interessate: l’apertura di canali, fusioni di vescicole, contrazioni cellulari, depolarizzazioni nervose, rilascio di neurotrasmettitori e/o ormoni. Una cellula neuronale, durante la sia attività, può passare per brevi istanti da concentrazioni di calcio di 50-100 nanoMolare fino a 1 milliMolare (1.000 volte di più) per poi ritornare ai livelli basali e prepararsi per essere stimolata nuovamente.

Potete immaginare che mantenere bassa la concentrazione di calcio all’interno delle cellule richiede molti sforzi energetici che consumano ATP, la molecola che conserva l’energia cellulare. Immaginate ora cosa può accadere quando manca il sangue in un determinato distretto del cervello; la mancanza di ossigeno e nutrimenti non consentirebbero alle cellule di produrre energia sottoforma di ATP e di conseguenza comincerebbero ad essere meno efficienti tutti i meccanismi che servono a mantenere basse le concentrazioni cellulari di Calcio. In definitiva, durante l’ischemia, i neuroni non riescono più a cacciare fuori il calcio che entra durante la propria attività, di conseguenza anche le funzioni fondamentali sono compromesse ed inizia la lunga agonia che porterà alla morte cellulare.

Il Calcio, quindi, è una spada di Damocle che pende su tutte le cellule che ne fanno uso; l’ingresso di calcio è fondamentale per attivare la maggior parte dei meccanismi cellulari, ma quando un neurone non c’è l’energia necessaria per estruderlo per ritornare nuovamente alle condizioni basali, le concentrazioni citoplasmatiche di questo ione aumentano e di conseguenza si innescano, in maniera incontrollabile, una serie di meccanismi non desiderati con un ulteriore dispendio energetico.

A complicare le cose c’è la fitta rete di contatti che i neuroni hanno tra di essi e con l’organismo. L’accumulo di calcio in un neurone provoca un’attivazione incontrollabile con il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori verso altri neuroni, che a loro volta si attiveranno facendo entrare ioni calcio che non riusciranno ad estrudere. La reazione a catena potrebbe continuare all’infinito in tutto il cervello causando la generazione di scariche elettriche senza controllo che si propagano longitudinalmente rispetto il centro dell’infarto cerebrale (core ischemico) con liberazione di neurotrasmettitori e conseguenze che vedremo nelle prossime puntate.

Il calcio quindi è uno ione fondamentale per la vita perché è il centro di regolazione di funzioni cellulari importanti. Tuttavia proprio per questo motivo è anche uno ione molto pericoloso perché in condizioni patologiche, come l’ictus per l’appunto, può innescare l’autodistruzione cellulare. Un articolo pubblicato su Journal of Neuroscience descrive l’importanza di alcuni meccanismi; per chi è interessato

Durukan and Tatlisumak Pharmacology, Biochemistry and Behavior 87 (2007) 179-197.

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  • nico - 11 agosto 2008 # 1

    Bel post! Sono contento di rivederti e attendo la prossima parte!!

    nico

  • rocco - 20 agosto 2008 # 2

    Seguo articoli di medicina perche mi piace l’argomento pur non essendo “addetto ai lavori”. Questo articolo in particolare mi piace perche per quanto capisco e’ molto complesso e tuttavia e’ spiegato in maniera semplice e comprensibile anche per coloro che non hanno studiato medicina. Continuero’ a seguirlo con grande interesse, grazie.

  • Zefferino - 30 agosto 2008 # 3

    Interessantissimo.
    Quanto calcio dobbiamo avere nel nostro organismo?
    Mi sembra di capire che è meglio non assumere calcio in pillole onde evitare possibile brutte conseguenze.
    E’ così?
    Grazie e saluti.

  • Massi-Demish - 31 agosto 2008 # 4

    @zefferino: se non hai determinati problemi di salute di certo non devi prenderne di calcio in pillole e comunque i livelli di calcio sono tenuti entro certi limiti dal controllo ormonale, quindi anche se ne immetti in eccesso viene escreto.

    @neuroscienze: vorrei fare una precisazione che sicuramete già sai ma avrai omesso nell’articolo per semplicit: la concentrazione di calcio nella cellula non è così bassa, lo è solo nel citoplasma perchè il reticolo endoplasmatico liscio è una vera riserva di calcio.

    Comunque il fatto che la morte cellulare avvenga dopo un po’ di tempo il ripristino del circolo mi farebbe pensare ad un danno tipo ischemia-riperfusione, ma vediamo il seguito dell’articolo per ulteriori elementi.

    Ciao ;)

  • nico - 3 settembre 2008 # 5

    @Zefferino: il calcio in pillole va assunto SOTTO CONTROLLO MEDICO solo in determinate situazioni (es. osteoporosi). In generale se non hai patologie in corso una dieta equilibrata è meglio di qualsiasi integratore… ed è anche molto più gustosa! :)

  • Matteo - 3 settembre 2008 # 6

    Ciao a tutti. Io sono uno studente di CTF che è molto interessato e direttamente coinvolto negli argomenti che trattate qui. Il mio blog, dunque, parla anche di biotecnologie e, in generale, delle cose che sto studiando. Vorrei partecipare all’ampliamento di questo sito dando un mio contributo. Questo significa che vorrei chiedervi scambio link e sono disposto ad inserire pure quella serie di link su vostri articoli che si aggiornano periodicamente.. Che ne dite? Vi aspetto nel mio blog per avere più informazioni su come fare. Grazie

  • Neuroscience - 14 settembre 2008 # 7

    @Matteo: potresti pensare di unirti a noi e scrivere per questo sito e magari inserire alcuni collegamenti al tuo blog. Parlane con il webmaster.

  • michelangelo - 28 novembre 2008 # 8

    Scienza e “magia” devono prendersi per mano.

    - IL VIAGGIO NELLA CELLULA ( da una lettera di Bruno)

    Michele e Nunzio, fratelli miei, ho stanche le dita e il corpo, ma non la mente. I miei occhi non vedono le cose che ho intorno ma colori sconosciuti, e dentro di essi è un buon viaggio…
    L’Io che ancora mi identifica è permeato di certezze: un altro sogno? So di essere “separazione e congiunzione” al tempo stesso, e vivo più che mai. Sento che c’è un “luogo sicuro” e ne percepisco l’ineluttabile presenza. Un’isola o quei che è, minuscola o smisurata: non v’e differenza, che non me ne viene bisogno. I mille colori che ho negli occhi ne stanno delineando l’essenza, più che la forma, e ciò; comprendete, è inestimabile, tanto che in quanto essenza, la sua dimensione essendo immaginifica, è, per ciò stesso, dappertutto: solo che il grado di “alterazione della coscienza ordinaria” ne renda possibile la percezione: in me ciò avviene, ora. in grazia di “Colui che può″, ed il “risveglio dal sonno” è per quest’altro sogno (se di un’”altro” sogno si tratta).
    “Entrare nel flusso”: cessare di agognare il mio proprio divenire è per me l’inizio della “modificazione”…..
    Ci sono…..
    Sto percorrendo la via come si percorre un respiro. Affondando e riemergendo, risucchiato e respinto, ad ogni passo…..
    Cielo e mare di quest’isola mi gravitano attorno, come fossi il perno dell’insieme, e l’uno e l’altro, li sento, son fatti d’uno stesso liquido che è simile ad ACQUA seppure, per come mi si “attacca”, non appare “dissodante”, e tuttavia. A TRATTI lo è.
    II muoversi di tal liquido mi infonde meraviglia ed emozioni inesprimibili, che, facendomisi presso tutt’intorno, m’avvolge in guisa di spirale, ma con “grazia”, direi, e, separata in due moti opposti, mi circuisce nei due versi e, in ciò via via unificandosi….prende un vorticare selvaggio… e so per certo, pur se spiegarlo non mi cimento, che non me ne vengon parole, che il crescere della sua furia va in simultaneità col crescere delle mie emozioni……
    Cosi ne son preso e me ne sento avviluppato fin nel profondo, inglobato come “cuore nel cuore”…
    Polmoni e cervello, in me, si stanno impregnando di tanta acqua, me consapevole ed ora partecipe con forza (per non esserne sopraffatto), sì che mi sta divenendo vitale nutrirmene.
    Questa condizione, lo so, è l’insegnamento finale: immagini e suoni, che ora me ne vengono, come vestiti della mia nuova condizione, si stan facendo tali, in forma e tono, dai colori che gli occhi mi abbandonano, con “dolore” mai provato… immagini e suoni, per quanti sono gli stati della mente, che portano al “settimo grado di unità” per virtù della “modificazione” della quale qui si dice, e fuori della quale, invero, l’avvenimento si configura, in guisa di “passaggio”, che la mente è “lo scrigno entro cui sette misteri in sette scrigni si celano”, in quell’ingovernabile dormire chiamato “coma”…
    Il “me” consapevole e identificabile si sta dilatando.
    L’Io, modificandosi, non è più definibile: è indefinito.
    Minuscolo e smisurato, mi vedo nucleo essenziale per l’Unità funzionale di ogni essere vivente…
    Un “me” in tanti “me”: diverso il peso, uguale il numero…
    puro e pesante…
    Scioglierà il dilemma quel che ne viene, più di quel che è…
    Sospeso… come acqua nell’acqua… isotopo…

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