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Inside Neuroscience

25 gennaio 2010 - 3:58 pm

Quando il Cervello Decide il Suicidio (VI Parte): I Gemelli

Preambolo

Oggi continuiamo il viaggio tra le righe di questo misterioso neuroomicidio in seguito ad ischemia cerebrale. Per chi non avesse seguito i capitoli precedenti siamo sule tracce di un apparente cameriere innocuo che nasconde dietro di sé una inquietante storia. Questo personaggio, rappresentato dalla proteina di membrana NCX, sembra essere coinvolto nel danno ischemico del cuore. Oggi vedremo di traslare la ricerca al cervello e di capire come stanno effettivamente le cose.

 

I gemelli

Per chi si annoia facilmente può passare subito al prossimo paragrafo, se siete curiosi, invece, in questa sezione descriveremo un breve racconto che ci potrebbe essere utile per la nostra storia.

Sicuramente conoscerete almeno un po’ della letteratura greca e della sua mitologia che descrive l’origine di tutte le cose naturali, incluse le costellazioni. In questa ‘letteratura’  la costellazione dei gemelli presenta, per una strana combinazione, due storie diverse e contrastanti. La prima storia é quella più diffusa, che racconta dei due fratelli gemelli di Elena di Troia in cerca del vello d’oro con gli argonauti. L’altra storia meno nota, invece, racconta di un re greco che ebbe due gemelli come primo genito. Questo avvenimento era considerato un segno di sventura, poiché la tradizione dell’epoca dava al solo primo figlio maschio l’eredità reale, ed avere due gemelli comportava dividere il regno. Coscienti di ciò, l’ostetrica insieme a pochi fidati nascosero il secondo parto ed abbandonarono il fagotto lontano dal palazzo reale. Il primo figlio divenne un re buono e giusto, mentre il secondo visse nell’ombra e dovette arrancare per vivere. Quando scoprì la propria somiglianza con il regnante, pensò bene di prendersi di diritto il trono e spodestare il gemello. Nessuno si accorse dell’inganno tant’é che i sudditi avvertirono questo scambio tra gemelli come un improvviso cambio di pensiero del re, da buono e giusto ad un aguzzino sanguinario. Per chi non conoscesse il seguito della storia sono sicuro che riuscirà a trovarla con un paio di click. É curioso che ancora oggi, a causa di questa seconda origine mitologica, i gemelli sono spesso disegnati con due volti diversi, uno sereno e sorridente, l’altro cattivo.

Come in tutti i racconti greci, c’é dietro un pensiero filosofico. Probabilmente il racconto ci insegna a suo modo che i cambiamenti del comportamento possono essere determinati dalla confusione tra più persone, oppure secondo un altro punto di vista più teologico, che dentro ognuno di noi ci possono essere più personalità con lo stesso volto esteriore.

Conosci con chi vai e saprai chi sei.

Il primo punto in discussione oggi é l’uso di farmaci specifici per limitare la funzione di NCX durante il danno ischemico. Questo ci darebbe un inestimabile contributo alla comprensione del suo ruolo in senso positivo o negativo. Purtroppo, come abbiamo già accennato più volte i farmaci agiscono anche su altri bersagli, es canali ionici e recettori, quindi sono inutili. Tuttavia c’é un dubbio, perché tutti gli esperimenti fatti con queste sostanze presentano un unico risultato coincidente quando si tratta di ischemia cardiaca, mentre nell’ischemia cerebrale ci sono risultati molto discordanti?

La storia, scientifica e letteraria, ci insegna che dietro ai comportamenti ambigui ci sono sempre delle verità più profonde da scoprire. Per questo, prima di andare dal nostro indagato e sbattergli in faccia quello che abbiamo scoperto sul suo ruolo nel cuore, cercheremo ci informarci meglio sul suo conto.

La disparità dei farmaci su NCX nel cervello puzza di bruciato, appesantito poi dall’effetto convergente sul cuore. Andiamo quindi in laboratorio in cerca di maggiori informazioni. Tenendo presente la storia mitologica accennata prima cerchiamo subito di chiarire eventuali confusioni di persona. Conoscendo la sequenza del nostro gene target possiamo seguire due strade principali per la scoperta di eventuali gemelli, una via più predittiva e teorica oppure una via più sperimentale ed alchimica.

La veggenza

La tecnica più semplice oggi é quella che fa uso della bioinformatica per la ricerca di geni o pseudogeni simili al nostro indagato. Si tratta di un approccio molto economico ma che richiede un certo grado di esperienza e pazienza. Sappiamo infatti che il genoma umano, come quello di altri organismi, é stato interamente sequenziato, per cui i geni sono sotto gli occhi di qualsiasi curioso. Un po’ come avere un dizionario in cui compaiono tutte le parole italiane, possiamo raggrupparle in aggettivi, verbi, soggetti etc, oppure per sinonimi e contrari. Lo stesso vale per le sequenze ritrovate nel genoma umano, dove partendo da un preciso gene, si può facilmente risalire ad un suo analogo, per omologia di sequenza nucleotidica o addirittura aminoacidica.

Per farlo basta un pc, una connessione internet, i servizi da Italia-IPTV.it, qualche programma specializzato e tanta buona volontà. Il tutto dovrebbe essere condito anche con una buona dose di pazienza, poiché questa metodologia non é perfetta e capita spesso di essere abbagliati da errori, pseudogeni o sequenze che in realtà si esprimono solo in particolari cellule o particolari condizioni che non ci interessano.

Ciononostante ci armiamo di impegno e pazienza alla ricerca di geni simili al nostro imputato. Da un’analisi preliminare emerge subito che ci sono diverse sequenze simili al nostro NCX, alcune possono essere escluse poiché non portano all’espressione una proteina completa, altre non presentano i classici segni dell’espressione (expressed sequence tags = EST). Dai nostri sforzi sembrano emergere tutto e nulla contemporaneamente.

Tuttavia, valutando bene, ci sono due zone della nostra sequenza genica che sono molto conservate e si ritrovano in tante altre sequenze. Raccolte queste informazioni possiamo procedere all’identificazione degli altri possibili mRNA, e vedere per quale proteina codificano e se qualcuna di queste possa somigliare al nostro cameriere.

L’alchimia

Un seconda fase o secondo approccio potrebbe essere quello di cercare gli mRNA target direttamente su cellule o tessuto. Questo é necessario per verificare se quei candidati identificati con il pc sono poi effettivamente espressi nell’organo che ci interessa, es cervello, oppure trovare degli mRNA che ci sono sfuggiti perché magari hanno delle strutture genetiche insolite.

La seconda strada che possiamo percorrere, quindi, é alternativa alla prima ed anche complementare a questa.

In teoria, dobbiamo prendere l’RNA del tessuto o organo che ci interessa e cercare delle sequenze omologhe con la tecnica Race. Con questa tecnica, infatti, é possibile individuare i membri di una famiglia di mRNA, partendo dalla conoscenza di alcune regioni conservate.

Risultati

Dall’analisi risulta subito evidente che NCX é una proteina unica in quasi tutto l’organismo, tranne nel cervello e nel muscolo scheletrico. Definiamo NCX1, l’isoforma ubiquitaria, mentre NCX2 e NCX3 sono quelle che si trovano solo nel cervello e nel muscolo scheletrico.

NCX1, NCX2 e NCX3 sono generati da 3 geni diversi ed hanno la medesima struttura (topologia) e funzione. Sono talmente simili in sequenza aminoacidica che é possibile generare delle proteine chimeriche con pezzi di ciascuna isoforma senza alterarne la funzione e regolazione. Probabilmente la presenza di più geni con funzioni simili potrebbe essere dovuto alla ridondanza, tipica di geni molto importanti. Proprio questo é in contrasto con un possibile ruolo negativo.

Da qui la prima possibile spiegazione sui farmaci, probabilmente hanno selettività diverse per le isoforme di NCX e di conseguenza hanno anche risultati diversi. Se prima eravamo in dubbio sul ruolo di una singola proteina, adesso ne abbiamo tre. In pratica ci siamo avvicinati al vero e ci siamo accorti di essere notevolmente distanti dal concludere le indagini.

 

 

Qual é il ruolo di queste proteine?

Quando le cose si complicano é meglio semplificare.

Per capire bene la funzione di ogni singola proteina andiamo in laboratorio e transfettiamo stabilmente queste proteine in altrettante linee cellulari. In questo modo possiamo evidenziare il comportamento individuale di ogni isoforma e nel contempo siamo in un sistema più facile da controllare ed analizzare.

La prima notizia é che le cellule costrette ad esprimere questo scambiatore sembrano non soffrirne affatto in condizioni fisiologiche. Se però volessimo considerare delle condizioni patologiche, ad esempio un overload di calcio?

Per sovraccaricare di calcio le cellule possiamo aggiungere al mezzo la ionomicina, una sostanza tossica che forma dei pori sulla membrana plasmatica e fa entrare quantità massicce di calcio. Le cellule wild-type muoiono poco dopo l’incubazione, mentre le cellule che esprimono NCX sopravvivono senza difficoltà.

Tutte le isoforme, NCX1, NCX2, e NCX3 hanno lo stesso effetto protettivo in egual misura, ma qualcosa non quadra; stessa funzione=stesso ruolo?

Se proviamo a testare i farmaci incriminati ci accorgiamo subito che c’é una discreta selettività. Alcuni farmaci agiscono su una isoforma in particolare, altri farmaci agiscono solo in determinare condizioni ioniche. L’ipotesi premessa sembra essere vera e quindi la strada farmacologica non é percorribile.

Sorpresa!

Nella ricerca, come nelle indagini poliziesche, può capitare spesso di essere abbagliati e di semplificare troppo le cose, ora ne vedremo un esempio.

Questa volta cerchiamo di sottoporre le cellule a stimolazioni più simil-ischemiche, non più solo sostanze tossiche. Una possibilità é di sottoporre le cellule che esprimono ciascuna isoforma ad una deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD). In questo modo il modello é più complesso e simile all’ischemia, vedremo quale proteina ha un effetto protettivo e quale ha un effetto letale.

I risultati sentenziano che NCX3 é l’unica proteina con capacità protettiva in quelle condizioni. NCX2 e NCX1 sembrano non avere alcun effetto.

La situazione sembra essere interessante, ma perché le due proteine NCX1 e NCX2 non fanno nulla durante l’OGD mentre sono fondamentali nell’overload di calcio con la ionomicina? Dopotutto hanno la stessa struttura e funzione di NCX3. Qui é la sorpresa, presi per la gola ed interrogati per bene, NCX1 e NCX2 confessano entrambi che seppur  non consumino ATP per funzionare, in realtà l’ATP stesso é un regolatore della funzione degli scambiatori. In pratica in assenza di questa molecola i due indagati non agiscono, anche se in teoria potrebbero. Ovviamente durante l’ischemia cerebrale c’é una carenza di ATP e questo avrebbe bloccato ogni azione di scambio ionico proprio come avverrebbe per le pompe ioniche. NCX3 invece é diverso e non é regolato dalla presenza di ATP, quindi era l’unico che poteva agire inisturbato, ma per fare cosa?

Una nuova strategia

Tenuto conto che il nostro sospettato é NCX3, e che in vitro sembra essere neuroprotettivo, andiamo a vedere cosa succede in vivo durante l’ischemia cerebrale vera.

Per farlo possiamo utilizzare una nuova strategia interessante, ovvero abbassare l’espressione del nostro indagato con gli oligonucleotidi antisenso o con l’RNA interference direttamente nell’animale vivo. Il risultato é sconcertante, basta anche un lieve abbassamento dell’espressione di NCX3 per causare un notevole peggioramento del danno ischemico.

A qesto punto possiamo effettuare la prova del nove; ovvero generiamo un topo ko per NCX3 e verificare se ciò è confermato. Il topo ko sembra essere vitale e non avere alcun problema, sottoposto ad ischemia cerebrale i dati ci danno ragione. I topi ko per NCX3 presentano un volume ischemico notevolmente maggiore rispetto ai loro fratelli wild-type, soprattutto nelle prime fasi del danno. Tra tanti assassini abbiamo trovato un prode paladino della nostra sicurezza.

Se questa fosse una storia di fantasia…

Se questa fosse solo una storia di fantasia terminerebbe qui, con un buon presagio ed un possibile target farmaceutico per limitare l’estensione del danno cerebrale. Purtroppo spesso la realtà é molto più sorprendente di tutti gli scrittori di gialli. La storia non finisce qui, infatti, poiché su due autorevolissimi giornali scientifici, cell e nature, compaiono due articoli su un argomento che già era nell’aria da un po’ e che cambierà drasticamente la visuale della nostra storia.

La notizia

Tutti i ricercatori che hanno trattato direttamete o indirettamete la proteina NCX3 sapevano già da tempo che nei western blot degli estratti cerebrali compaiono diverse bande oltre a quella corrisponde ad NCX3. In realtà non si ha ancora un anticorpo monoclonale per questa isoforma e neppure un policlonale perfetto per cui spesso si è tralasciato una scottante verità. Durante l’ischemia cerebrale l’espressione di NCX3 tende a diminuire nel centro dell’ischemia, mentre aumenta nelle zone peri-infartuate. Qualcosa richiama l’attenzione sul fatto che i neuroni attorno all’area ischemica tentano di esprimere le proteine di emergenza perché si trovano sul fronte ischemico e vogliono resistere. Tuttavia all’improvviso, queste stesse cellule perdono l’espressione di NCX3 e muoiono di lì a poco. Il western delle aree ischemiche, infatti, é povero della banda di NCX3, mentre compaiono invece altre bande a basso peso molecolare.

L’articolo pubblicato su cell dimostrerà, infatti, che durante l’ischemia cerebrale ‘qualcuno’ dall’interno uccide NCX3 poiché é proprio l’ultima difesa del neurone per la sopravvivenza. Si tratta di una serie di tagli netti in più punti che provocano la scomparsa di NCX3 intero dalle cellule e la comparsa di una serie di bande proteolitiche.

Uno shock dunque ripreso anche da Nature sul dubbio della selezione naturale e perché abbiamo un vero e proprio assassino nel nostro cervello che, agendo nella confusione, taglia e degrada in maniera specifica e selettiva proprio le nostre difese migliori lasciando intatte NCX1 e NCX2 ferme a guardare poiché sono impossibilitate ad agire in assenza di ATP.

Conclusioni

In questa lunga puntata shock abbiamo scoperto ancora una volta la complessità del caso e soprattutto una volontà programmata di uccidere i neuroni. C’é sicuramente un mandante dell’omicidio e che sa bene il fatto suo, poiché degrada in maniera chirurgica solo le proteine che servono per le nostre difese, lasciando intatte quelle che non possono comunque fare nulla.

Alla prossima

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  • any - 3 marzo 2010 # 1

    e’ un sito pieno dei contenuti di alta qualita’.complimenti.
    se vi e’ possibile date un’occhiata anche a al sito citato.
    buon lavoro

  • Neuroscience - 17 marzo 2010 # 2

    Ti ringrazio Any