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Esseri umani del XXI sec., essere umani nel XXI sec.

La necessità dell'uomo di soddisfare al meglio i propri bisogni, tra cui quello di rispondere a domande che la consapevolezza del se gli pone e che nascono dal desiderio di capire se stesso e ciò che lo circonda: comprendere il significato della vita, della morte, della sofferenza… lo conduce nell'arco dei millenni, a sviluppare sistemi di indagine e traduzione, siano essi scientifici o filosofici, per conferire concretezza e semantica all'esistenza.
Nel tempo si passa, quindi, attraverso diversi stadi, determinati dal contesto sociale e culturale, in cui l'interpretazione dei fenomeni naturali evolve dalla concezione divina e si integra ad un'accezione biologica e biochimica che procede attraverso le tecnologie per l'osservazione fino alle attuali tecnologie applicate sui viventi. Quelle stesse domande, se ricollocate nel contesto tecno-sociale del XXI secolo assumono un ruolo assai differente in termini di contenuti delle risposte, proprio per lo sviluppo di strumenti che permettono all'uomo di manipolare, trasformare, progettare e non in ultimo controllare vita, sopravvivenza e morte.
L'uomo diventa artefice e cavia di un progetto sperimentale che non solo condiziona la stessa natura umana (intesa come insieme delle proprietà che caratterizzano l'uomo, che in parte si sovrappongono a quelle di altri viventi), ma che modifica anche i rapporti con l'ambiente vitale, nonché l'ambiente vitale stesso.
Quello che risulta evidente è il mutamento prospettico introdotto dalle ricerche biologiche: se l'uomo finora è stato un effetto casuale dell'evoluzione, attualmente è in grado di diventare causa dei futuri passi dell'evoluzione stessa della vita, proprio perché di essa si sta impadronendo. I cambiamenti prodotti dalle scoperte biologiche rischiano di trasformare in profondità il senso della vita, della persona, dell' invecchiamento e della morte: sebbene la genetica aiuti a stabilire la grammatica dei viventi non fornisce dati esaustivi sul loro significato e ruolo ed è su questi punti che bisognerebbe riflettere prima di riconoscere e legittimare qualsiasi intervento e ricerca.
Nella mancanza di responsabilità, quindi di una coscienza critica che lo pone nella consapevolezza di appartenere ad un sistema che cerca di mantenersi armonico, la vita assumerebbe un ruolo di subordinazione alla volontà dispotica dell'uomo stesso, la morte diventerebbe un limite non più accettabile perché ne verrebbe esaltata la sua accezione negativa di ostacolo – riflesso dell'incapacità di accettare il nostro essere mortali – mentre la sopravvivenza diventerebbe succube di ogni sorta di desiderio–bisogno–necessità, mediata proprio dalla disponibilità dei mezzi che li possono soddisfare. L'equilibrio esistenziale sarebbe privato di quella componente ciclica, continua e multiprospettica che gli è propria. In sostanza la necessità di conoscenza dell'uomo se accecata dalla capacità di potere – narcisista della sua stessa intelligenza – porrebbe l'uomo in uno stato di supremazia e controllo su qualsiasi cosa: sulla natura e sulla sua stessa natura. In modo del tutto interessante G. Anders si esprime in questi termini: "Nei processi spersonalizzanti delle generazioni extracorporee si manifesta la ricerca di una perfezione umana, di un modello di integrità fisica e psichica che sia frutto di un controllo genetico in grado di testimoniare la superiorità dell'uomo attraverso il dominio delle leggi della vita […], per potersi progettare come un vivente qualsiasi l'uomo deve infrangere le leggi della specie ed esercitare quella libertà del volere che gli testimonia di non essere un vivente qualsiasi. La stessa capacità di modificare geneticamente i propri simili, di volerli "perfezionare" geneticamente, esprime certamente la differenza tra l'umano e il non umano, ma proprio per questo dovrebbe far riemergere l'imperativo che vieta di trattare l'uomo come se tale non fosse. Ogni vivente ha la perfezione che gli è propria: non è difficile riconoscere che l'uomo, ha motivo della sua libertà, che gli permette di poter essere o no come deve essere, raggiunge più difficilmente quella perfezione a cui aspira se non inizia col considerarsi per quello che è".

Nell' ingegneria genetica sembra esserci in gioco solo mero materiale biologico senza il reale coinvolgimento diretto dei diritti e della libertà di individui umani, ma quando si comincia a progettare di modificare un genoma, che cosa si modifica: qualcosa o qualcuno? La facilità con cui gli esseri viventi possano essere trattati al pari di cose, cioè ridotti a qualcosa di utile di cui poter disporre secondo necessità, è agghiacciante e risiede nell' invisibilità di quello su cui si agisce e nella non immediata tangibilità del risultato. L'idea di poter produrre un essere vivente lo è ancora di più. La diatriba in atto tende a dare risalto ai benefici che si potrebbero trarre dalla sperimentazione o semplicemente alla soddisfazione di bisogni e diritti, banalizzando quello che dovrebbe essere il vero punto di discussione: la trasformazione in "oggetto" di ricerca il soggetto umano a partire, per esempio, dalla  snaturazione del concetto di riproduzione e sviluppo dalla sua accezione di processo evolutivo continuo, così come della modificazione dei criteri con i quali si da atto alla generazione umana.
Nel momento in cui la generazione è affidata alla medicalizzazione della vita, dove il materiale genetico viene reso autonomo e il processo generativo extracorporeo, si ha una trasformazione visuale delle componenti procreative: spariscono il padre e la madre e subentrano oociti e spermatozoi, sparisce la relazione sessuale e compaiono siringhe e sonde, svanisce il grembo ed emerge l'utero, sfuma la donna e appare la sua funzionalità biologica e di fatto,  quindi, un figlio si trasforma in prodotto e oggetto biologico. È in questo che consiste lo stravolgimento della generazione umana: l'origine dell'uomo avviene secondo i tempi e nei luoghi della tecnologia, della produzione, organizzazione e suddivisione del lavoro. I parametri della valutazione del valore della vita sono quelli di ordine biochimico: i criteri di selezione, crioconservazione, impianto degli esseri umani allo stadio embrionale, trasformano il figlio reale in un figlio potenziale, l'essere umano in una derrata facilmente deteriorabile che si troverebbe in ogni momento esposto a interessi e dinamiche economico-sociali che nulla hanno a che fare con la generazione umana. La sua sorte è in bilico tra la crioconservazione, la pura e semplice eliminazione o la funzione di cavia per esperimenti farmaceutici o conoscitivi.    

Il triangolo tra scienza, tecnica e potere, tuttavia, non riguarda soltanto la trasformazione della concezione individuale e il rapporto tra l'uomo e la natura, ma deve essere ampliato tenendo conto delle dimensione economica e politica nel quale la sperimentazione si colloca. Le ricerche biologiche portano con loro un'ambivalenza che non è da sottovalutare: la speranza e al tempo stesso inquietudine e timore.  Forme di controllo politico e sociale, possibilità di discriminazioni tra le persone a seconda della loro condizione biologica e genetica, esclusione di classi e popolazioni dai livelli della semplice sopravvivenza, selezione dei nascituri, manipolazioni genetiche di vegetali e animali che potrebbero mettere in crisi l'ecosistema, sono soltanto alcune delle derive a cui potrebbe condurre uno sviluppo negligente delle ricerche scientifiche. Per esempio la conoscenza del patrimonio genetico grazie alla messa a punto di screening genotipici, se da una parte potrebbe portare all'eliminazione di malattie ereditarie, dall'altra, grazie alla loro capacità predittiva e in presenza di un divario tra diagnosi e terapia, potrebbe portare nello stato di panico individuale in primo luogo e in secondo luogo, potrebbero dare origine a forme di pressione sociale che si appellano alla salute pubblica e a nuove forme di "pulizia" genetica.
L'ambiguità del progetto tecnico-scietifico è ciò con cui dovremo continuare a confrontarci; al di là dell'etica personale e delle divergenze personali per cui la discussione è sempre aperta e in cui si possono sempre trovare dei punti su cui gettare le basi per ricercare soluzioni che soddisfino la pluralità di idee, sento più difficile il trovare la modalità e i criteri con cui queste soluzioni non rischino di cadere in logiche e dinamiche avverse alla libertà individuale (incluso il diritto di scelta) e al benessere dell'umanità, cioè soggiogate da interessi di controllo e potere. Le decisioni che si prendono in campo scientifico e che coinvolgono l'ambito etico, potrebbero risultare, pertanto, irragionevoli se non si valutano anche in funzione sia delle trasformazioni di portata antropologica, sia in rapporto alla realtà, purtroppo corrotta e talvolta perversa, della società moderna.






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