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Cervello fresco!, ovvero: come alimentare uno zombie e vivere felici

Sono passati 16 anni da quando, grazie a una certa prosperosa cantante, si scelse di chiamare la prima pecora clonata come una cantante country (poi dicono che le tette non influenzano il mondo). Ma i suoi creatori, e cioè i ricercatori del centro di medicina rigenerativa di Edinburgo, non si sono mica fermati a quello: anzi, hanno deciso di creare del cervello fresco, da studiare per trovare una cura a diverse malattie degenerative come sclerosi multipla o sclerosi laterale amiotrofica.

Semplificando molto, possiamo dire che esistono due tipi di cellule: le prime sono quelle “adulte”, che in un organismo già nato e cresciuto sono specializzate in un’unica funzione. Gli epatociti sono le cellule del fegato, così come i melanociti producono la melanina, gli adipociti accumulano grasso, i leucociti difendono il nostro organismo dalle infezioni, gli osteociti tengono in buono stato le nostre ossa; e così via.
Poi ci sono cellule “neonate”, che sono capaci di una meraviglia. Il loro compito non è ancora ben definito: come nelle migliori favole, da grandi “possono diventare chi vogliono”. La stessa cellula potrà diventare un epatocita, o un leucocita, o un neurone; a deciderlo sarà il corpo stesso, mentre cresce: se ha bisogno di un globulo rosso, chiederà alla cellula neonata di diventarlo. Se ha bisogno di un adipocita (con buona pace di chi vuole restare snello), lei eseguirà l’ordine. Probabilmente le avete già sentite nominare: queste sono le cellule staminali.

E’ chiaro che se in laboratorio capite come si danno i giusti ordini alle cellule neonate, potete farle diventare ciò che volete. Una cellula specifica, un tessuto (cervello? rene? la glabella?), o addirittura un essere vivente completo, come la pecora Dolly o il toro Galileo, o la cavalla Prometea (pensavate si fossero fermati agli ovini, eh?).

Insomma, tutto questo ve lo sto raccontando per farvi capire un’opportunità: quella di guarire, speriamo in un futuro non troppo lontano, malattie orribili. I medici, per capire a fondo una malattia (e quindi come curarla efficacemente), hanno bisogno di frugare nei tessuti che questa patologia colpisce. E’ quindi ovvio che sezionare il cervello di chi soffre di schizofrenia o di una grave depressione potrà sì permettere qualche scoperta, ma di certo non farà bene al paziente (e l’obiettivo è sempre quello, no? Non fargli male, magari curarlo).
Qual è stata, quindi, l’idea? Semplice: se il topolino non va alla montagna, la montagna va al topolino. E se i ricercatori non possono aprire il cervello del paziente, se lo cloneranno in laboratorio e useranno il loro apriscatole su quello “fotocopiato”.

Per i più curiosi, il meccanismo per farlo è il seguente: si prende un frammento di pelle del paziente (braccia, addome, seno, o l’onnipresente glabella); lo si tratta in laboratorio, per far regredire alcune cellule adulte allo stadio di “neonate” (sembra incredibile, ma in provetta il tempo può scorrere anche al contrario… Beccati questa, Benjamin Button!). Ottenute le neonate, le si convince a diventare cellule del cervello e ovviamente, appartenenendo ad una persona malata, con i giusti accorgimenti queste svilupperanno la stessa patologia. Ora, i cannoni dei ricercatori possono sparare farmaci a volontà su quel cervello-copia, senza far male a nessuno.

Ovviamente, la tecnica dei ricercatori di Edinburgo non è mica fatta e finita; come sempre, ci vorranno anni per affinarla, ma le basi sono state gettate. Quindi, se come me sperate un giorno di poter acquistare un clone di Katy Perry, non gettate le speranze alle ortiche. Visto il motivo per cui la pecora si chiama proprio Dolly*, è possibile che il primo clone umano sia proprio la nostra popstar ;)

 

* Per i pigri che non vogliono spulciare su internet: la pecora Dolly fu clonata a partire da una cellula della ghiandola mammaria della pecora originale. Dato che Dolly Parton è da sempre nota per il suo prosperoso seno, quei burloni dei ricercatori non hanno potuto fare a meno di evidenziare il nesso battezzando l’ovino come la cantante country.

** Per chi volesse conoscere il segreto della bellezza di Katy Perry, è semplice: ogni giorno sbrana qualche gattino.

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 2 marzo 2012

 

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