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Se stare sul divano significa vivere in gabbia (ovvero: anche le scimmie hanno l’infarto da troppa TV)

E’ proprio vero che al cuore non si comanda. Né in amore, né in salute. Né per l’uomo, né per le sue cuginette scimmie.
Se state tutto il giorno sul divano, e lo sport lo guardate solo in TV, è facile che il vostro muscolo cardiaco si indebolisca e che in futuro abbia problemi. E questo succede persino agli scimpanzé, stretti parenti (almeno sul piano dell’evoluzione) dell’uomo. Anche se non mangiano tortillas, che io sappia, e nemmeno tutte quelle schifezze (buonissime) dei fast food.

Dylan è uno scimpanzé di 25 anni, ed è uno degli animali che vive al Chester Zoo (Regno Unito).

I veterinari e gli scienziati dello zoo lo tengono sotto controllo, per capire in che modo la vita in gabbia possa mettere a rischio la sua salute (e più in genere quella dei primati). Anche perché, spiegano, “molti [di questi animali], se tenuti in cattività, soffrono di malattie cardiache”. I veterinari pensano che la “vita da zoo” sia in qualche modo paragonabile alla vita sedentaria che facciamo noi umani; e che quindi porti agli stessi problemi di salute, infarti compresi.

“Già dalla metà del ventesimo secolo è noto che i primati che vivono negli zoo hanno problemi di cuore” spiega Steve Unwin, capo veterinario del Chester, in un’intervista alla BBC. “Ciò che non sappiamo è se questo è provocato da un problema genetico a cui, in qualche modo, questi animali sono più predisposti, oppure se è davvero solo il fatto di vivere in gabbia”.

La cosa che sorprende sono le statistiche: in America, oltre un terzo dei gorilla tenuti in cattività muore per una patologia cardiaca, e la British Heart Foundation stima che per gli uomini e le donne la proporzione sia identica.

Gli esperti dello Zoo Atlanta hanno fatto partire uno studio sugli zoo americani, chiamato Great Ape Heart Project, e ci sono addirittura animali che hanno imparato a sottoporsi alle ecografie cardiache senza fare troppe storie. Gli esperti inglesi, invece, insieme agli americani e alla Pan African Sanctuary Alliance stanno estendendo ancora di più lo studio, con l’obiettivo di confrontare tutti i primati tenuti in cattività con quelli che vivono liberi.
“Ci sono due obiettivi per questo progetto” commenta Steve Unwin. “Primo, capire cosa si può considerare normale per il cuore di uno scimpanzé, di un gorilla o di un orangutan. Secondo, prevenire i problemi cardiaci nei primati prima che insorgano”.

E per chi si chiedesse com’è il cuore di un primate, pare che la risposta sia abbastanza facile. E’ come quello di un atleta umano ben allenato: hanno le pareti del muscolo cardiaco molto più spesse delle nostre. Non è ancora chiaro però come questo cuore dovrebbe funzionare, dal punto di vista dei battiti e della “corrente” che stimola il cuore a pulsare*: anche perché, spiegano gli esperti, non è scontato che le cose siano identiche a ciò che accade nell’uomo.

Intanto, gli scienziati si stanno dando da fare. E io già temo il giorno in cui i gorilla non avranno più problemi cardiaci, mentre gli uomini (me compreso) avranno sempre più infarti, a causa di troppe serie TV guardate dal divano, e troppe poche passeggiate all’aperto.

 

 

* Non è un caso se, nei film, per trattare un arresto cardiaco, usano i defibrillatori: il cuore pompa perché c’è un vero e proprio circuito elettrico che lo costringe a farlo, chiamato anche ‘pacemaker naturale’. Il defibrillatore, semplificando molto, fa un ‘reset’ dei circuiti cardiaci del cuore, e ripristina (quando funziona) il normale battito cardiaco.

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 5 aprile 2012

 

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Un commento »

  • Umby dice:

    … beh, comunque, non mangeranno al fast food, ma una volta ho visto un documentario in cui c’erano scimmie alcoliste, perchè c’era un albergo vicino a dove vivevano (in Africa, ma non ricordo dove) e si fregavano i cocktail che i turisti lasciavano incustoditi. Pare che la distribuzione di alcolisti/bevitori abituali/occasionali/astemi sia la stessa che negli esseri umani.