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Terremoto dell’Aquila. Il cuore si ferma sempre un attimo

Nelle commemorazioni di particolari eventi storici, spesso e volentieri si usa la bistratta affermazione: “Per non dimenticare”. Ma siamo sicuri che il nostro cervello voglia proprio questo?
Il Disturbo da Stress Post Traumatico (PTSD) si manifesta negli individui che hanno subito particolari lutti, che hanno affrontato catastrofi naturali, guerre, che hanno assistito a una rapina, o in soggetti particolarmente sensibili, suscettibili alle immagini televisive che mostrano imminenti sciagure planetarie.

Io sono aquilana, e nel caso specifico voglio parlare del terremoto dell’Aquila del 2009. Che cosa vi succede quando un tir passa vicino la vostra abitazione e tremano i vetri? Oppure quando sentite all’improvviso la ventola di raffreddamento del frigorifero? O se una persona seduta accanto a voi usa una gomma da cancellare, muovendovi il tavolo? Normalmente nemmeno fareste caso a tutto ciò. Ma provate a farlo ad un aquilano o ad un malcapitato che ha vissuto la drammatica notte del 6 aprile 2009, e noterete la differenza. (Probabilmente, rischierete di essere maltrattati e insultati per aver creato involontariamente delle piccole oscillazioni che causano loro un repentino stato di allerta). Quasi la metà della popolazione non è ancora rientrata nella propria abitazione, la città non possiede più un centro storico vivibile e ha un tessuto sociale sfaldato. Per non parlare del terremoto, che saltuariamente torna a ricordare la sua presenza viva. Tutto questo contribuisce allo Stato di Stress Post Traumatico, che fa sì che il 70% della popolazione aquilana si trovi a combattere con uno stato di depressione.
Varie ricerche hanno mostrato che c’è una specifica area dell’encefalo, l’amigdala, che in soggetti sani secerne ormoni oppiacei, che vanno a ridurre temporaneamente la sensazione del dolore; le persone con PTSD invece ne producono maggiori quantità e in tempi prolungati, e questo causa un’alterazione dello stato emotivo.
Il dramma vissuto dal soggetto può ripresentarsi come ricordo, flashback o incubo notturno, e spesso l’anniversario e la commemorazione di quel particolare evento induce nell’individuo uno stato di ansia e di frustrazione nel rivivere il ricordo (ancora fresco nel caso dei miei concittadini), che spesso fa venire meno ogni forma di “protezione” emotiva messa in piedi.

L’evento in sé non può essere l’unica causa del disturbo; ricerche attuali stanno cercando di gettare luce su quali siano i fattori che distinguano i soggetti che sviluppano un PTSD da quelli che non lo sviluppano dinanzi ad un medesimo evento traumatico. Riguardo al trattamento della PTSD, si può innanzitutto dire che “un grammo di prevenzione vale più di un chilo di trattamento”. Ricordiamo che l’intervento psicologico può essere di tipo preventivo per tutti i soggetti che possono trovarsi insituazioni personali, sociali o ambientali a rischio. Una prevenzione primaria generale può riguardare anche la formazione e le informazioni degli addetti ai lavori (istituzioni, enti, medici, volontari della protezione civile, Croce Rossa, organizzazioni interazionali governative e non, etc). L’intervento preventivo sul territorio (di tipo formativo, organizzativo ma anche informativo) può infatti aiutare a prevenire e ad intervenire con efficacia e tempestività. Prevenire significa ridurre i rischi di sviluppare gravi forme di psicopatologia e quindi significa anche ridurre i costi sociali legati a tali problematiche, oltre che ovviamente promuovere il benessere e la salute della persona e dell’intera comunità (come riportato anche qui).

Molti soggetti reagiscono a ciò obbligandosi a dimenticare, o evitando qualunque situazione che li costringa a ricordare. I più sfortunati sono costretti a ricorrere alla psicoterapia combinata all’utilizzo di farmaci tranquillanti. Nonostante il tessuto sociale sfaldato che costringe la popolazione aquilana a non vivere nelle meravigliose strade di un centro storico tra i più belli d’Italia ma piuttosto a passeggiare illuminati dalla luce artificiale di un centro commerciale, senza poter respirare l’aria frizzantina tipica del capoluogo abruzzese, gli aquilani si costringono a vivere questa come una realtà “normale”, cercando di ovviare ai pessimi ricordi che hanno stravolto la loro esistenza alle 3.32 della notte più orribile che avrebbero mai pensato di vivere. È una battaglia darwiniana: i più coraggiosi, non ti tirano un pugno se sbadatamente muovi loro la sedia generando un effetto sussultorio. Quelli che ne risentono di più scappano a gambe levate. Sta di fatto che il cuore si ferma sempre un attimo. Il ricordo è incessante e per quanto si voglia dimenticare, ci si obbliga a non farlo. Per un rispetto a ciò che è stato, come monito a ciò che non dovrà mai più essere. In fin dei conti ci vuole prevenzione: prevenzione sociale e mentale.

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Scritto da Loredana Sansone Pubblicato il 16 aprile 2012

 

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