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Di api e cadaveri. E di affetto tra insetti

Non chiedetemi perché o come, ma quell’ape era morta in un forno a microonde. Era così e basta. Per questo era riversa a pancia in sù, adagiata sulle mattonelle di un forno da giardino, di quelli in pietra per cuocere le pizze.
Era lì, e aspettava. Perchè forse le api lo sanno che tra di loro non si lasciano mai, come le cicogne che quando hanno un partner è per la vita.
Insomma, l’ape sta lì morta e aspetta. E dopo un po’ la sua compagna arriva davvero.
Ronza, ronza, le gira attorno. Le dà un colpetto, per vedere se si muove, ma quella è proprio morta. E allora non c’è nient’altro da fare, i caduti si portano a casa, perché qualcuno li possa piangere.
E allora l’ape viva si avvicina un poco di più, e non si sa come ma la afferra. Non ha zampette prensili, forse deve fare uno sforzo sovrumano, e quando tenta una volta di spiccare il volo non ci riesce perchè il carico è pesante. Ma poi si raccoglie, e salta: e riesce a volare.
Chissà cos’hanno fatto quelle due api, una stanca e l’altra non più, una volta arrivate all’alveare. Chissà cos’hanno fatto le altre, se si sono raccolte intorno al piccolo corpicino inanimato, se l’hanno sepolto sotto uno strato di cera, o se hanno per un attimo tentato di rianimarlo. Non credo che le api abbiano sentimenti; ma dopo questa storia di sicuro hanno il mio rispetto.

 

(ricordi di un 28.08.2009 qualunque)

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 18 ottobre 2012

 

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