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Il Capitalismo Scientifico: La gara tra Progetto Genoma pubblico e privato

A causa dell’incredibile “boom” delle biotecnologie, negli ultimi 40 anni sempre più industrie e imprese capitalistiche hanno invaso il mondo della scienza. Molti degli stessi scienziati e genetisti che hanno aperto la strada alle incredibili scoperte degli ultimi anni hanno fondato proprie company biotech, in cui diciamoci la verità, l’amore per la scienza, la voglia di capire i meccanismi della vita e di curare le persone, passano letteralmente in secondo piano rispetto al guadagno di soldi. La corsa all’accaparramento di denari ha fatto in modo che la ricerca si spostasse principalmente sullo studio delle patologie, e che non ci fosse più equilibrio tra studio della normale fisiologia cellulare, e studio della patologia cellulare. Abbiamo miriadi di ricerche sulla funzione dei geni all’interno di specifiche patologie, ma poca visione d’insieme sul come i geni lavorano in condizioni fisiologiche. E’ sicuramente importante sapere come la patologia, nasce e si evolve, ma credo che capire la fisiologia, la normalità della cellula, sia un requisito imprescindibile per generare una cura vera e duratura per qualsiasi patologia.
Purtroppo la tecnologia e le scoperte scientifiche hanno si migliorato il livello di sapere, ma hanno anche fatto entrare nel mondo della scienza l’ombra del Dio Danaro, e ciò comporta la logica tremenda e disumanizzante della perpetua ricerca del “farmaco” come cura di ogni male, e l’informazione che bombarda il mondo occidentale, fa in modo che l’attenzione sia sempre focalizzata sul farmaco e sulle patologie, diminuendo se non quasi abolendo per ragioni di mercato, quelle ricerche che mirano a capire prima come funzioniamo, e dopo come ci “guastiamo”.
Come potrebbe un meccanico aggiustare una macchina, se non sapesse come sono messi, e come interagiscono tutti i pezzi del motore quando la macchina è funzionante?

Eppure nonostante tutto, sembra che il destino, il fato, o se preferite il caso, ci metta sempre lo zampino, facendo in modo che la speranza aleggi ancora in questo mondo.
Simbolo di questa mia idea è il Progetto Genoma Umano, e lo svolgimento della gara tra progetto Pubblico guidato da Francis Collins e quello privato guidato da Craig Venter.
Il progetto pubblico partì nel 1990 guidato dapprima da James Watson, con un mega-finanziamento governativo da 3 miliardi di dollari. Purtroppo mentre questo progetto procedeva abbastanza a rilento, iniziò un altro progetto privato della company Celera Genomics con a capo Venter e finanziato da capitalisti che ovviamente volevano lucrare sulla scoperta del Genoma Umano. Il progetto privato grazie all’utilizzo di computer incredibilmente potenti (processori con 4 TeraByte di memoria, all’epoca il più grande computer per uso civile), era molto avvantaggiato rispetto al pubblico, ed era in procinto di generare il primo assemblaggio del Genoma Umano.
La loro idea era quella di brevettare le loro scoperte sul genoma Umano, in modo da poterle rivendere ai vari istituti che volevano sfruttare quelle informazioni per le loro ricerche scientifiche. Questo agghiacciante piano era molto vicino alla sua realizzazione, quando comparve un inaspettato eroe.
Un Phd student, James Kent, presso la sede di Santa Cruz della University of California, disse al suo capo David Haussler che aveva una idea che avrebbe potuto velocizzare l’assemblamento del Genoma Umano. Infatti nel dicembre ’99 il consorzio pubblico aveva all’incirca 400mila frammenti di DNA, ognuno senza un orientamento preciso e con una quantità molto alta di DNA ripetitivo che complicava ulteriormente l’analisi. Craig Venter amava sottolineare come queste erano “parti che sarebbe stato difficile chiamare sequenze”. Ma James Kent, o se preferite Clark Kent, subito dopo che Haussler rispose alla sua proposta di aiuto dicendo semplicemente “Godspeed” (buona fortuna), iniziò a lavorare il 22 maggio e in 4 settimane, lavorando giorno e notte e mettendo ghiaccio sui polsi nella pause tra le lunghe sessioni di battitura, scrisse 10mila righe di codice, completando il primo assemblaggio del Genoma Umano.
David Haussler, disse che il lavoro fatto da James era miracoloso, e che sarebbe bastato a tenere occupato una squadra di 5 o 10 programmatori per 6 mesi o 1 anno, mentre lui da solo in 4 settimane aveva scritto una quantità di codice di una complessità impressionante, visto il numero di frammenti, la direzionalità del Dna, e le zone ripetitive.
Lo stesso sconfitto Venter dichiarò “Hanno usato ogni pezzo di informazione disponibile, è incredibile vista la bassa qualità dei loro dati. Siamo veramente sconvolti perché secondo le nostre previsioni quelle loro sequenze non erano assemblabili, mentre Haussler e Kent le hanno messe insieme.”
Kent disse che il suo sforzo nacque dalla rabbia nel sapere che la Celera Genomics voleva brevettare il Genoma Umano, e questo per lui era qualcosa di impensabile in quanto tutti devono avere il diritto di poter utilizzare quei dati per migliorare la ricerca scientifica. Inoltre vi era una discrepanza incredibile tra il brevetto di una scoperta e quello di una invenzione, ed a giusta ragione Kent vedeva nel NOSTRO GENOMA un bene di tutti, una scoperta da condividere non una invenzione su cui lucrare.
La gara si concluse ufficialmente quando il 15 febbraio 2001 su Nature il consorzio pubblico, e il 16 febbraio 2001 su Science la Celera Genomics, pubblicarono i rispettivi risultati DONANDO al mondo il primo assemblamento del Genoma Umano, e iniziando anche e soprattutto l’era della “disillusione”, in quanto si capì che la strada da percorrere per capire la fisiologia umana era tutt’altro che finita, a causa dell’incredibile distanza tra informazione genetica e significato biologico.

Concludo, ringraziando nel mio piccolo il nostro Superman James Kent, che tra l’altro chiamò il primo programma di assemblaggio in maniera molto simile a come ho chiamato il mio Blog, “The Golden Path”, e sottolineando che anche se i tempi in cui viviamo sono duri, e tutto sembra quasi irreversibile, lo sforzo anche di una sola persona, può valere la salvezza di tutti, quindi nessuno di noi, nessuno che abbia un obiettivo o un sogno, deve permettersi di abbandonare il proprio cammino a causa dello schifo mercenario, capitalistico e bancario che ricopre il nostro mondo.

In bilico tra Speranza e Guadagno…
Davide Mangani

Questo articolo è pubblicato in collaborazione con TheMangoBlack

 

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Scritto da Davide Mangani Pubblicato il 24 ottobre 2012

 

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16 Commenti »

  • Umberto dice:

    “schifo mercenario, capitalistico e bancario che ricopre il nostro mondo.” – i comunissimi computer con cui James Kent ha scritto il suo codice sono prodotti e sviluppati da industrie private, come pure il frigorifero da cui ha ottenuto il ghiaccio (questo dettaglio è così colorato che non potevo non riportarlo) e magari anche i panini che ha mangiato. Questo fatto non ne riduce affatto la loro utilità (anzi, forse l’ha pure aiutato, visto che la concorrenza fra produttori migliora i prodotti) e non ha impedito a Kent di scrivere per un progetto pubblico. Allora, prima di pubblicare certe frasi da comunismo vintage di stampo qualunquista… mi augurerei qualche riflessione in più. Specie in un sito che tratta di scienza. Il dibattito sulla brevettabilità del genoma non ha bisogno di giudizi morali sul sistema economico, quanto piuttosto di far conoscere al pubblico le ragioni per cui il genoma non dovrebbe essere brevettabile. Che non sono solo legate alle ricadute economiche dell’operazione – a mio avviso di brevettabile c’è solo il metodo per ricostruirlo, essendo il genoma parte di un essere vivente, che in quanto tale non appartiene a nessuno (altrimenti, qualcuno potrebbe brevettare anche gli occhi, le dita e le caccole del naso). Peraltro, se proprio si vuole esprimere un giudizio morale netto, lo si dovrebbe esprimere a sfavore della ricerca pubblica che è incapace di reperire le risorse per finanziarsi, perfino per un progetto tanto importante. E comunque… i brevetti non durano in eterno!

  • Giovanni Argento dice:

    Ciao Umberto,
    come riportato in fondo al post, questo contenuto è a firma di Davide Mangani, e del suo blog The Mango Black. Hai ragione, in generale, quando dici che sono auspicabili “riflessioni in più [...] specie in un sito che tratta di scienza”.
    Noi di OMg!Science! abbiamo scelto di pubblicare questo contributo perché interessante, e non abbiamo voluto censurarlo a monte. Va da sè che, com’è nostra abitudine, il dibattito e le osservazioni sono sempre bene accette, come del resto lo è la tua.

    Personalmente trovo la frase che citi (in conclusione al post) forte, ma credo sia chiaro che rispecchi l’opinione del suo autore. Peraltro mi sembra un discorso più generale, tratto dal percorso del racconto sulla gara del genoma umano (che, comunque, degli aspetti capitalistici alle sue spalle li aveva eccome).

    Insomma: discutiamone. Ma, al di là dei termini forti, per il momento preferiamo non censurare i contributi degli autori, tranne quando ledono il rispetto e la libertà altrui. Va da sé che, se avessi voglia di mandarci un tuo contributo che spiega le tue posizioni, troveresti tranquillamente spazio sulle nostre pagine ;)

    A presto!

    • Umberto dice:

      No, per carità, non penso si debba censurare nessuno. Anche le posizioni più controverse – con le dovute stigmatizzazioni e avvertenze del caso – sono pubblicabili. Però si può scegliere la qualità del contributo.

      Lungi da me voler dare lezioni in materia giornalistica, ma da lettore piuttosto esigente sono convinto che per una corretta informazione (che è una delle battaglie che proprio OMG porta avanti), l’equilibrio e la visione d’insieme dei fenomeni, siano fondamentali. In questo articolo non ne vedo molto. Ci ho visto, invece, una buona dose di demagogia e un certo tipo di demonizzazione dell’attività imprenditoriale che, più che da una osservazione serena dei fatti, sembra derivare da un forte strascico ideologico o da semplificazioni troppo qualunquiste. I piccoli esempi che ho voluto includere nel mio intervento, sono stati tesi proprio a evidenziare come tale visione possa essere piuttosto miope non registrando quanto di buono, invece, in altri settori scientifici l’iniziativa privata ha prodotto.

      Negli anni seguii con interesse la vicenda, tramite i servizi che furono fatti dal TGR Leonardo su Raitre (tifando per l’organizzazione pubblica peraltro), e non fatico quindi a riconoscere che su questo grande progetto le aziende del settore, ci abbiano fatto una pessima figura, con conseguenze rilevanti in caso di successo. Alla stessa maniera, però, non posso che provare una certa indignazione nel leggere tanto odio nei confronti dell’intero sistema economico e in particolare dell’iniziativa privata in campo scientifico, benchè condensato in una o due frasi qua e là. Bisogna smetterla di dipingere come privi di ideali coloro che non lavorano nell’ambito della ricerca pubblica, oppure coloro che, per le loro invenzioni, richiedano un giusto prezzo. Non si campa d’aria e la buona parte dei guadagni viene reinvestita nella prossima ricerca. E’ impensabile che tutti i ricercatori lavorino per organizzazioni pubbliche, perchè solo una minima parte delle possibli ricerche verrebbero eseguite, essendo impossibile finanziare tutti. Sarebbe la fine del progresso scientifico per come l’abbiamo conosciuto in questi anni: una corsa velocissima, dinamica e con ricadute sostanziali sulla nostra vita di tutti i giorni. Credo che su questo siate d’accordo anche voi. Avrei gradito qualche osservazione in merito prima dell’articolo riportato dal blog esterno (se non me lo avreste detto nel commento, non avrei proprio immaginato che era una ripubblicazione).

      Detto questo, la mia frase finale era un pò forte, e in effetti non racchiude completamente il mio pensiero. Dicendo “ricerca pubblica” non intendevo solamente il complesso delle organizzazioni e degli stessi scienziati che se ne occupano, ma anche la sfera politica (comitati, enti e parlamenti). L’incapacità di dare un’indirizzo e di riconoscere l’importanza di alcune ricerche, è soprattutto di questi ultimi e, dunque, su di loro soprattutto deve pesare il giudizione negativo, in termini morali.
      Mi permetto però di osservare, che in altri settori, ad esempio in quello dell’energia, o in quello dell’informatica, pubblico e privato, anche in presenza di ricerche i cui risultati potrebbero avere un fortissimo impatto economico, riescono a lavorare molto bene insieme, piuttosto che scendere in concorrenza. Restando nell’ambito informatico, che è quello che meglio conosco, si può osservare come siano le stesse aziende private a fare fronte comune, unendosi per portare avanti anche i progetti opensource o openhardware per il bene del settore stesso.

      Poi, se mi consentite, non so se la cifra riportata nell’articolo è vera, ma la ricerca pubblica stava spendendo 3 miliardi di dollari, mica qualche spicciolo nella cosa. Per esser chiari stiamo parlando del prezzo di una portaerei ammiraglia (cioè una nave operativa per 40-60 anni), oppure di un terzo del costo del reattore ITER, dei quali tutti conoscete gli immensi benefici in caso di successo (perdonatemi il confronto, ma riuscivamo a fare medicinali anche senza sequenziare il genoma…). Per cui ci si potrebbe anche chiedere se non costasse di meno investire una somma inferiore nel progetto dei privati e negoziare l’accesso gratuito delle informazioni sequenziate da parte degli enti di ricerca pubblici, mentre a tutti gli altri sarebbe toccato pagare.

      Detto ciò, spero di aver aggiunto qualche riflessione utile all’argomento, e scusate se mi sono dilungato molto, ma i temi erano tanti.

      • Giovanni Argento dice:

        Personalmente, condivido gran parte del tuo intervento.
        Inoltre ho voluto precisare nell’articolo che “è scritto in collaborazione con TheMangoBlack”, in modo che sia più chiara la sua ri-pubblicazione.
        In ogni caso, adoro discussioni come queste: si impara sempre qualcosa, si migliora il proprio lavoro e le proprie opinioni. E ci si diverte, cavolo! :)
        Grazie a tutti!

  • Davide Mangani dice:

    Caro Umberto,
    sono contento del tuo intervento e cercherò di rispondere alle tue “critiche” rappresentadoti la mia idea.
    Vorrei iniziare col sottolineare però che il mio articolo non ha niente di “comunismo vintage”(tra l’altro non so cosa intendi) ne ha qualcosa di “qualunquista”. Io credo, e prima di me il protagonista di questa storia, che le company volessero semplicemente lucrare su una delle scoperte più importanti della storia dell’umanità. Il Genoma Umano è un patrimonio di tutti, e non andava permesso il suo brevetto. Tralasciando le discussioni sui brevetti che sono nate a riguardo dopo questo caso, io credo che in troppi ambiti il capitalismo si sia impossessato della ricerca per scopi che oltrepassano la salute delle persone.
    Continuamente sentiamo dei problemi dei vaccini, o di farmaci naturali molto efficaci nei tumori ma che non vengono usati dalle case farmaceutiche perchè non brevettabili, eliminazione dai gruppi di sperimentazione farmaci delle persone suscettibili ad effetto palcebo etc…
    L’ultima affermazione è molto forte e me ne rendo conto, ma va presa nel contesto di tutto il racconto, e nel contesto del mondo di oggi in cui anche le pietre sanno che la crisi economica è stata causata dalla logica delle banche e della finanza mondiale(la ricerca, le assicurazioni, la sanità.. sono tutti mattoncini nel muro della crisi).
    Tra l’altro lo studio continuo delle patologie, rispetto alla fisiologia, è proprio il marker distintivo delle cause farmaceutiche e dei privati che mirano solo a produrre molecole molecole e molecole senza finanziare studi atti a capire dapprima la vera fisiologia cellulare.
    Poi ti invito a riflettere sul fatto che almeno in questo caso il pubblico trovo 3 miliardi di dollari, e che Watson abbandonò il progetto pubblico per divergenze con gli altri ricercatori quando capì che su questa scoperta non si poteva guadagnare. La ricerca pubblica si è affossata non solo per la cattiva gestione(corruzione, raccomandazioni..), ma anche e soprattuto per il gioco sporco dei privati che bypassando le regole etiche e morali che dovrebbero essere alla base della ricerca, si avvantaggiano sul pubblico che è maggiormente controllato.(e comunque i finanziamenti privati sono per definizione maggiori)
    Chiudo dicendoti che a parte la questione del “non censurare”, credo che un sito di Scienza non possa esimersi dal parlare dell’economia, perchè la ricerca al giorno d’oggi va fatta con i soldi, però il dislivello esistente tra la ricerca che sa vendersi e la ricerca di qualità è troppo ampia, e dobbiamo tutti essere consapevoli di ciò e provare Capranel nostro piccolo, proprio come ha fatto Kent da solo, a fare un passo verso la ricerca di qualità, e non verso la ricerca del guadagno.

    ps. La questione del brevetto è molto lunga e un articolo non può comprendere ogni aspetto della vicenda altrimenti sarebbe un libro.
    A proposito di questo(progetto Genoma, brevetti, capitalismo e biotecnologie) ti consiglio la lettura del libro:
    “Tra Scienza e Vita” di Fritjof

    • Umberto dice:

      Grazie della risposta Davide.
      Avevo appena finito di rispondere all’altro commento. Appena posso ripasso a leggere per bene anche la tua. ;-)

  • Giovanni Argento dice:

    Peraltro, aggiungo in modo estemporaneo (ma riprendendo un tema sfiorato nei commenti da Umberto) la grandezza del migliore divulgatore scientifico sta nel scrivere di un certo argomento con tutto il cuore e l’entusiasmo di cui si è capaci, e con tutta la passione PROPRIO PER QUELL’ARGOMENTO, tanto da riuscire a trasmetterla anche in chi legge.
    Questo blog ha diversi articoli scritti da autori “inesperti” dal punto di vista divulgativo, e da altri un po’ più “navigati”. Però quello che conta per me, è importante ribadirlo, è che qui sopra chi vuole imparare a fare divulgazione scientifica può allernarsi, confrontarsi con altri, capire i suoi errori e migliorarsi.
    Credo questo esperimento con TheMangoBlack vada proprio in questa direzione :)

    • Umberto dice:

      Beh, indubbiamente. Se OMG è una palestra, anche il mio giudizio deve forzatamente essere più accondiscendente. Non l’avevo mai considerato da questo punto di vista in verità.
      Nel complesso credo che l’esperimento di questo blog sia ben riuscito. Salvo che per qualche passaggio in alcuni articoli, in cui sembra come se si volesse per forza cercare una formula sensazionalistica o spiritosa anche quando non funziona molto, debbo dire che tutto è molto fruibile e interessante.
      Così i dibattiti che ne derivano.

      • Giovanni Argento dice:

        Grazie per il sostegno, Umberto.
        Mi farebbe piacere, via commento sul blog ma anche in privata sede se preferisci, che tu mi/ci facessi notare quelle note che “stridono” nei nostri pezzi.
        Dopotutto, se molti sono qui per imparare, le critiche sono utilissime per migliorarsi ;)

  • davidemangani dice:

    Caro Umberto, spero che leggerai presto il mio primo commento, io intanto dopo aver letto il tuo secondo però vorrei precisare alcune cose, che penso condividerai.

    Come dice Giovanni, la divulgazione trasmette informazioni, ma in alcuni ambiti che non sono di cronaca, esprime anche la veemenza delle idee dell’autore che ha a cuore la questione.
    Mi dispiace che tu non abbia trovato qualità in questo articolo, e che addirittura ti sia indignato, io credo semplicemente che intorno alla bellissima storia di un uomo che si è messo in gioco perchè riteneva assurda la logica dei privati in quell’occasione, ho messo forse un pò troppa coloritura, perchè essendo molto preso della questione e vivendo ogni giorno l’ambito medico-biotecnologico, ti assicuro che è difficile scrivere qualcosa in maniera fredda, o magari “tiepida”! Il messaggio finale è di sprone a chiunque si senta oppresso dalla logica di “impotenza” che c’è oggi!
    Sono d’accordissimo della importanza dei privati, ed in nessun punto auspico che il pubblico prenda il sopravvento. Dico solo che ci sono ambiti come quello medico dove chi non segue le regole si avvantaggia troppo, e i privati possono molto più dei pubblici. Tralasciando la tristezza italiana, dove i privati rubano i finanziamenti ai pubblici con i favori e le vacanze ai politici (istituto Maugeri e Daccò con Formigoni, Telethon e quant’altro..) e dove i pubblici sono pieni zeppi di figli di qualcuno, in Europa e nel Mondo c’è un alone di freddezza che sinceramente mi fa sempre più paura.
    Ho vissuto in prima persona una riunione in cui si aboliva un progetto perchè nonostante la bontà dei dati preliminari, la speranza di guadagnare su eventuali molecole terapeutiche era troppo bassa.

    Voglio dirti che magari in altri ambiti non funziona così, anzi sicuramente non nel tuo da quanto mi dici per tua esperienza personale, ma ti posso dire che nell’ambito che vivo ogni giorno, cresce una insofferenza tremenda per quello che si vede, ed a volte sfocia in commenti più coloriti, che però attorniano una storia bellissima che non va oscurata!
    Voglio anche sottolineare come sia normale che nell’ambito del privato, e dell’immensità dei finanziamenti stanziati dalle case farmaceutiche, ci siano ricercatori con gli attributi che fanno progredire veramente la ricerca e che mandano avanti la missione di aiuto dei pazienti nel mondo. Il privato è fondamentale per fomentare la concorrenza (leale) e per abbattere le redini della politica (specialmente in paesi come l’italia), ma ciò non deve diventare un qualcosa di puramente aziendale.
    Ti invito nuovamente a riflettere sulla quantità immane di studi riguardanti sistemi biologici patologici, e la pochezza di quelli riguardanti la fisiologia. Ti rendi conto che noi cerchiamo di aggiustare e riparare qualcosa di cui conosciamo veramente poco nel suo stato “sano”??

    Concludo dicendoti che sarei felice di leggere come funzionano bene i privati nel tuo ambito, e mi auspico che i privati del settore medico-biotecnologico prendano ad esempio queste realtà, però solo su una cosa veramente non riesco ad essere d’accordo con te perchè mi sembra troppo palese il contrario! Ossia non riesco a capire come tu non possa condannare il sistema economico “in toto”, proprio in questi mesi di profonda crisi che hanno dimostrato come tutto il sistema si regga su castelli di sabbia pieni di speculazioni e privi di fondamenta. L’economia mondiale è un debito gigante, che ricade solo sulla popolazione, mentre ci sono poche famiglie che detengono tutti i soldi del pianeta. Mi sembra un dato di fatto inconfutabile, e quindi tutti i rami delle varie discipline che attingono da questo sistema, sono malate, con qualche rara eccezione di settori come quello informatico e aggiungerei anche nell’ambito della fisica, che invece riescono ad avere ottimi risultati, che però credo derivino dalla tipologia di prodotto che offrono.
    Scusami anche tu se mi sono dilungato, è solo che il tuo commento mi sprona sicuramente a migliorare il mio modo di colorire le vicende che racconto (però ti assicuro che anche se smorzata una sfumatura rimarrà perchè amo troppo quello che studio e l’ambito in cui vivo e non riesco a distaccarmi completamente, è una veemenza d’amore!), però volevo dirti tutte queste cose perchè mi “dispiace” addirittura sentirti indignato, e leggere che hai trovato demagogico e qualunquistico questo articolo che non voleva erigersi a descrittore di tutti i sistemi privati, ma in questo caso di quello medico, che tra l’altro in questo caso specifico come hai detto anche tu, ha sbagliato e non di poco.
    Non si campa d’aria, ma i fatturati di queste aziende ti fanno campare d’oro e oro…….

    • Umberto dice:

      Caro Davide,
      Ti ringrazio nuovamente per il tuo secondo commento.
      Dopo l’ultimo intervento di Giovanni, debbo fare innanzitutto autocritica, nel senso che occorre riconoscere il fatto che questo blog è scritto da autori che si stanno formando e che quindi possono essere meno rigorosi, o comunque avere uno stile non ancora maturo. In più, come ho già detto in precedenza, va messo in conto il fatto che io sia un lettore molto esigente (ahimè sono un perfezionista in tutto), per cui ho la tendenza ad osservare con molta severità le cose. Aggiungerei anche, che nel corso del tempo, il continuo confrontarmi con la poca professionalità con cui sono scritti molti articoli, e l’eccessiva faziosità del giornalismo “ufficiale” mi ha fatto diventare ancora più selettivo, quando proprio non mi fa peccare di pregiudizio. Per cui sono stato ben lieto di aver letto i tuoi commenti successivi e mi scuso per la durezza con cui forse ho parlato.
      Mi sono riletto il tuo articolo perchè volevo capire bene cosa mi aveva portato a dare un giudizio molto netto, e ho individuato alcuni punti che lo hanno originato. Credo che tu abbia chiarito già molto bene la tua reale idea sul rapporto pubblico/privato nei commenti, viceversa dal testo dell’articolo traspariva esclusivamente (apparente e, forse cieca) rabbia. Ho usato la locuzione “comunismo vintage” per definirla perchè mi sembrava di rileggere certe prese di posizione, tipiche di questa ideologia in anni lontani, che non sono mai state obiettive nell’analizzare o nel sintetizzare i fenomeni economici occidentali. Il concedersi del facile qualunquismo, invece, mi era sembrata potesse essere una spiegazione alternativa o complementare delle stesse frasi. A completare il quadro, anche il tuo ricorso fin dalle prime righe ad alcune espressioni più da… predicatore… che da giornalista («l’ombra del Dio Danaro», la «speranza contro il guadagno», ecc.). In effetti la scelta di questo tipo di linguaggio è ciò che mi ha fatto dubitare molto della qualità complessiva dell’articolo.
      Resto convinto che quest’aspetto e la necessità di un certo equilibrio siano fondamentali per una pubblicazione che non tema di esporre anche il proprio punto di vista, oltre riportare i fatti nel modo più oggettivo possibile, il che, comunque, non vuol dire privare il testo di carattere e passione.
      Nel tuo articolo, alla passione per l’argomento sembra prendere il sopravvento la foga di comunicare i tuoi sentimenti in merito, più che il merito della questione. Succede sempre anche a me quando sto scrivendo di qualcosa che mi colpisce profondamente. In questi casi procedo fermandomi e ritornando sul testo dopo qualche tempo, per riuscire a vedere dove ho calcato troppo e per riscriverlo per bene, tenendo presente ciò che è emerso e guardando a ciò che avrei voluto dire. Probabilmente anche per te, questo articolo poteva essere una prima stesura su cui riscrivere con più pacatezza. Peraltro, credo che tu abbia esagerato nell’abbondanza di temi, tanto che paiono confondersi senza essere sviluppati a pieno. Non si capisce se il tema è “Quando il capitalismo rischia di nuocere alla ricerca scientifica” (cioè le conseguenze se avesse vinto Celera Genomics e della brevettazione del genoma), oppure “Fisiologia vs Patologia: le aziende stanno lavorando nella direzione giusta?” oppure ancora “James Kent, l’uomo che salvò il genoma”. Io credo che tu volessi raccontare la terza storia e in questa avrebbe trovato posto molto bene, più che la rabbia nei confronti del comportamento vorace delle aziende, i tuoi ideali in merito e la tua visione della deontologia che dovrebbero rispettare le aziende stesse. Invece, all’inizio ti sei soffermato su altri argomenti, tangenti a questo, ma superflui, se l’intenzione era quella.
      Se mi posso permettere un consiglio, visto che credo siano queste le storie che ti appassionano, leggi (o rileggi, se già lo conosci) qualcosa di Sepùlveda. “Ritratto di gruppo con assenza” credo sia il libro perfetto. Può aiutarti molto a individuare un modo per raccontarle al meglio. Sepùlveda è un grande narratore, che è stato giornalista, e che quando racconta travolge con l’impatto emotivo intrinseco delle sue storie (vere spesso), ma lo fa usando un linguaggio asciutto e lineare, da buon cronista, senza però riunciare al bello stile, e inserendo con molta abilità sempre una lucida critica della società. Tu per la parte che racconta di Kent hai scelto uno stile veloce che si sofferma sull’eccezionalità individuale, e che ho riscontrato in molto giornalismo americano. Non è male, ma credo che per te potrebbe essere più confacente quello di cui ti ho parlato.
      Per quanto attiene alla mia indignazione, molto brevemente, dico che è dipesa dal fatto che trovo sbagliato parlare genericamente di “schifo”. Non riesco a vedere un’alternativa credibile (e funzionale) a questo sistema. E che, più che altro, non considero il sistema poi così malato, quanto piuttosto carenti i suoi “anticorpi”. Tralasciando gli aspetti politici della faccenda, che ci sono e si possono anche ricondurre a trattati ed atti precisi di Stati Uniti ed Europa, penso sia un problema di regole innanzitutto. Un’economia – ma direi, la vita stessa – moderna è talmente complessa che non può fare a meno dei suoi sottosistemi: banche, mercato finanziario, imprese. Per cui non possiamo limitarci a urlare al “marcio” che emerge, se vogliamo parlare del tema. Dobbiamo anche osservare il buono e su quello ripartire. Purtroppo, il tema delle regole in certi settori che più facilmente sono suscettibili di tradire la loro funzione primaria ed insostituibile, non è stato affrontato nemmeno nei momenti peggiori della crisi, quando imporre certe riforme sarebbe stato più semplice. Per cui, registro rabbia e frustrazione per questo, ma mi rifiuto di bollare il tutto come la schifezza o la solita storia dell’ingordigia capitalistica.

      • Umberto dice:

        Aggiungo, che avrei voluto riprendere gli altri discorsi sospesi, ma mi sono dilungato già molto e credo in ciò che più poteva essere utile ai tuoi futuri articoli. Il resto, penso che ci sarà modo di discuterlo ancora, in altri post.
        Per cui ti saluto e sono curioso di leggere altre tue storie.
        Umberto

      • Giovanni Argento dice:

        Umberto, se scrivi dei post come scrivi i tuoi commenti (e se rileggi te stesso con l’eccellente occhio critico che hai avuto qui sopra) ti voglio come autore nel nostro blog ;)

        • Umberto dice:

          Grazie Giovanni, sei molto gentile. Sarebbe un onore! ;-)
          A fine agosto, per la verità, vi avevo inviato per e-mail una proposta per un articolo, ma non ho mai ricevuto risposta.
          Mi ero ripromesso di scrivervi anche su FB, ma non l’ho più fatto, distratto da altre cose. Se vuoi, ti rimando i dettagli.

          • Giovanni Argento dice:

            Umberto, purtroppo non abbiamo ricevuto alcuna tua email! che peccato :(
            Puo comunque contattare direttamente me, ci farebbe piacere un tuo contributo.
            scrivimi a: gio.argento@live.com

            :)

  • davidemangani dice:

    Caro Umberto,
    sono molto contento di questa discussione e del tuo intrvento. Dopo le mie spiegazioni sono contento che hai diciamo “rivalutato” il tuo pensiero, come io ho preso atto del fatto che ho scritto con troppa veemenza essendo in prima persona coinvolto nella questione.
    Sicuramente ho tanto da fare per migliorare, e la cosa migliore quando si vuole esporre la propria idea, è quella si di metterci sentimento, ma anche di trasmettere serenità, e forse questo articolo non ne trasmetteva molta.
    La trama salta un pò tra i vari argomenti, non è facile dire tutto ma tenersi comunque in una lunghezza accettabile per un articolo di blog.
    Sono d’accordo con tante delle cose che hai detto, gli unici appunti su cui la vedo leggermente in maniera diversa sono che questo sistema per quanto riesca alla fine a produrre qualcosa, deve essere cambiato per trovare un nuovo equilibrio, con una diversa redistribuzione dei fondi e con una nuova logica alla base.
    Mi rendo conto quanto sia difficile, ma come Kent ci può insegnare, credendoci si può fare, e non è demagogia credimi, ma ci credo davvero.

    Spero presto di poterti far leggere una mia nuova storia, ho imparato molto da questo confronto e metterò in atto l’esperienza acquisita. L’unica cosa che mi sento di dirti è che essere un lettore esigente è un arma a doppio taglio, perchè l’essere esigenti, quasi perfezionisti, mette un’ombra troppo soggettiva alla lettura che oscura l’oggettività che a volte si deve mantenere per certe tematiche.
    Proprio come io non devo oscurare quello che voglio dire, facendomi prendere dallo scrivere, e dicendo cose troppo forti, così credo che forse tu debba essere meno perfezionista =)

    Ti ringrazio per i consigli, a presto con una nuova lettura.
    Spero in tuoi futuri commenti
    Saluti
    Davide