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Idee conTuse

Ci sono dei batteri cattivissimi che sono capaci di farsi beffe degli antibiotici: l’ho letto in un articoletto pubblicato su La Stampa (lo screenshot è in fondo al post).
Lo hanno scoperto alcuni ricercatori che hanno studiato il Mycobacterium smegmatis, “un parente – si legge nell’articolo – del microbo che causa la tubercolosi“. Strana associazione: perché è un po’ come raccontare la vicenda di un animale sbranato da un branco di lupi, che sono “parenti dei canidi che vivono e frequentano abitualmente le nostre case“.

La Stampa, forse per ragioni di spazio o di pudore, non specifica cosa sia lo smegma, da cui il batterio prende il nome, quindi ve lo riporto io: “è un prodotto di secrezione dei genitali maschili e femminili, cui si associano cellule epiteliali esfoliate provenienti dalle mucose, sebo e materiali umidi, in genere di provenienza urinaria“. E’ sporcizia bella e buona, insomma. Anche se è molto curioso che la parola smegma significhi, in greco antico, “sapone” (strani questi greci, non trovate?).

Ed ora, arriviamo al vero punto per il quale vi ho condotti fin qui. L’articolo ha una frase incriminata, ed è la seguente:

Analizzando il batterio [...] si è osservato che responsabile della resistenza è una popolazione di cellule che non si dividono e che sono fortemente persistenti: si tratta di enzimi batterici, chiamati KatG, che vengono prodotti secondo un processo apparentemente casuale.

Purtroppo, in una frase sola, sono state uccise la scienza e la grammatica (il giornalismo, lo sapete bene, è già morto da tempo). Infatti è davvero assurdo che una popolazione di cellule sia allo stesso tempo “enzimi batterici“. Sono cellule o enzimi? Sono cioè batteri, o una minima parte del loro contenuto?
Secondo l’articolo, queste cellule incriminate non si dividono e sono “fortemente persistenti”: chissà che vuol dire. Tra l’altro, se non si dividono mi piacerebbe sapere come fanno a resistere all’antibiotico: dopotutto, quando un patogeno sopravvive a un antibiotico è perché si sono verificate queste tre fasi:
1) il farmaco non ha ucciso alcune cellule del batterio;
2) queste cellule resistenti si sono duplicate e moltiplicate;
3) i patogeni moltiplicati si sono sparpagliati nell’organismo, dove scatenano la malattia resistente alle cure.

Insomma: le cellule resistenti che NON si moltiplicano dopo un po’ muoiono di vecchiaia, come ogni altra creatura vivente; e la malattia si elimina da sola. Quindi, come fanno cellule che NON si dividono e “fortemente persistenti” (?!) a dare conto di questa resistenza? Forse è perché sono un’aberrazione della natura, i famigerati batteri-enzima?

Giornalisti, raccontatecene un’altra, per favore: questa non fa ridere.
Fa piangere.

 

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 10 gennaio 2013

 

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Un commento »

  • nico dice:

    Fantastico! Soprattutto perchè basta leggere l’abstract dell’articolo per scoprire che “Although persistence in these studies was characterized by stable numbers of cells, this apparent stability was actually a dynamic state of balanced division and death.”!

    Articolo originale: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23288538