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Annegare (o quasi) nello spazio. La terribile esperienza di Luca Parmitano

Ci sono cose che uno non si aspetterebbe mai: tipo un astronauta che annega nell’acqua, mentre galleggia nello spazio profondo. Eppure è questo il succo della storia, per fortuna a lieto fine, che l’astronauta Luca Parmitano ha appena raccontato sul suo blog. Il suo post arriva a un mese di distanza da quel 16 luglio, quando ha dovuto interrompere la sua passeggiata spaziale. Ecco com’è andata.

 

Ho gli occhi chiusi mentre ascolto la voce di Chris che scandisce la pressione dell’atmosfera all’interno dell’airlock, ormai vicina allo 0. Non è stanchezza, anzi: mi sento carico, come se elettricità, e non sangue, mi scorresse nelle vene – ma voglio essere sicuro di poter assaporare e ricordare tutto. Mi preparo mentalmente ad aprire il portello, perché sarò io a uscire per primo, e forse è una fortuna che sia notte: almeno non ci sarà nulla a distrarmi.

Quando leggo 0.5psi, è il momento di ruotare il maniglione, e poi sollevare il portello: fuori, il nero assoluto, non un colore ma l’assenza totale di luce. Uno spettacolo che mi inghiotte mentre mi “sporgo” per agganciare i nostri cavi di sicurezza. E tuttavia mi sento perfettamente a mio agio mentre ruoto il corpo per permettere a Chris di uscire. In pochi secondi finiamo i controlli reciproci, poi si separiamo. Sebbene siamo diretti entrambi più o meno nella stessa zona dell’ISS, il nostro percorso è completamente diverso, dettato dalle esigenze della coreografia che abbiamo meticolosamente studiato. Il mio è un percorso diretto, verso la zona posteriore della Stazione, mentre Chris andrà prima verso avanti per poi “avvolgere” il suo cavo intorno allo Z1, il traliccio centrale sopra il Nodo1. In quel momento, nessuno di noi, in orbita o a terra, può sapere quanto questa scelta condizionerà gli eventi di oggi.

(continua a leggere sul blog di Luca Parmitano)

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Scritto da Giovanni Argento Pubblicato il 21 agosto 2013

 

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