L’ossimoro dell’omeopatia
“L’alternativa all’informazione è la stronzata”.
(Paolo Attivissimo)
C’è una rubrica, ospitata su Repubblica ogni martedì, che si chiama “L’altra medicina”: parla spesso di omeopatia, che in alcune regioni (come la Toscana) è passata dal Servizio Sanitario Nazionale. Esatto, con i soldi di tutti. Per questo motivo non è strano vedere gli articoletti della rubrica firmati da un’azienda sanitaria locale, come accade per quello qui sotto.
L’articolo pubblicato oggi è curioso perché contiene una sorta di ossimoro.
A quanto pare è stato fatto uno studio “randomizzato in doppio cieco” per verificare se un certo preparato omeopatico è capace di abbassare la pressione in pazienti con ipertensione.
Lo studio in doppio cieco funziona pressappoco così: i pazienti non sanno se stanno ricevendo il farmaco oppure il placebo; e i medici non sanno a quali pazienti stanno dando il farmaco, e a quali il placebo. In questo modo si evita il cosiddetto “effetto placebo” (appunto), ovvero quella situazione in cui il paziente sta meglio solo perché sa che gli stanno dando un medicinale.
Ora, l’omeopatia dice spesso che le sue pratiche si fondano su una cura il più possibile personalizzata: ogni cosa è fatta a misura di paziente, e deve essere calibrata caso per caso. Per questo, dicono gli omeopati, è difficile generalizzare le cure: quello che va bene per un paziente, potrebbe non andar bene per un altro.
E giustamente, lo studio citato nell’articoletto di Repubblica parla di 70 pazienti, all’interno della sperimentazione, “trattati con un rimedio omeopatico a prescrizione individualizzata”.
Però a me è sorto un dubbio: se questa è una sperimentazione in doppio cieco, nel quale cioè nè il medico nè il paziente sanno chi sta prendendo il farmaco e chi no, come si fa a fare una prescrizione omeopatica individualizzata? Come si fa, in altre parole, a preparare la pillolina omeopatica per il giusto paziente, se non si sa chi è il paziente fino alla fine della sperimentazione?
Magari un giorno mi sveglierò, e scoprirò che tutto questo era solo un piccolo incubo. Ma fino ad allora…
Stampa (e Omeopatia) Cattiva!
Tag:doppio cieco, ipertensione, l'altra medicina, omeopatia, placebo, Repubblica, stampa cattiva
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Forse una terza parte ha deciso i medicamenti individualizzati e il medico prescrittore (che ne ha anche valutato gli effetti) non ne sapeva nulla. Magari ha dato un kit anonimo al paziente.
Nello studio originale dovrebbe essere scritto, non c’era il link?
Cara Camilla,
a dire la verità – a leggere per bene l’articoletto qui sopra – non siamo nemmeno sicuri che sia uno studio pubblicato. Non è citata alcuna rivista, scientifica od omeopatica che sia… ;)
Lo studio sembra sia stato pubblicato nell’Indian Journal of Research in Homoeopathy, una pubblicazione del Central Council For Research In Homoeopathy
http://www.ijrh.org/article.asp?issn=0974-7168;year=2013;volume=7;issue=2;spage=62;epage=71;aulast=Saha
Voi ci capite qualcosa?
Egregio Dott. Rossi,
ho letto il suo trafiletto uscito su Repubblica che commenta questo studio sull’efficacia dell’omeopatia nei pazienti ipertesi.
A parte il fatto che citare la fonte mi avrebbe risparmiato un po’ di ricerche su pubmed e google, l’articolo in questione, Individualized homoeopathy versus placebo in essential hypertension: A double-blind randomized controlled trial è stato pubblicato Indian Journal of Research in Homeopathy, 2013 7(2):62-71. (http://www.ijrh.org/article.asp?issn=0974-7168;year=2013;volume=7;issue=2;spage=62;epage=71;aulast=Saha) Tale rivista non è dotata di Impact Factor e non è nemmeno indicizzata su Pubmed, che è un po’ come dire che ha la stessa validità scientifica di Topolino. Il perché un articolo del genere non venga pubblicato su una rivista seria è evidenziato in quello che lei ha scritto. Uno studio in doppio cieco comporta che lo sperimentatore non sappia se sta somministrando farmaco o placebo e, nelle ricerche veramente spinte, non sa neanche se lo sta somministrando ad un paziente o ad un controllo. D’altro canto il paziente non sa se sta ricevendo il farmaco o il placebo. Se ne deduce che è impossibile preparare un preparato farmaceutico “personalizzato”, perché il preparatore non sa cosa sta somministrando e a chi la sta somministrando. Quindi, è evidente che lo studio non può essere in doppio cieco. Inoltre, gli Autori scrivono “If necessary, the prescription was changed in the course of time, and of course, the patients who started on placebo stayed on placebo, except during intercurrent acute illness”: altra dimostrazione che lo studio non è in doppio cieco, non solo, ma cambiano le carte in tavola durante il gioco. Altro errore presente nell’articolo: quando una popolazione viene “riassunta” utilizzando media e deviazione standard si sta implicitamente dicendo che la distribuzione è gaussiana. Fare questo assunto equivale a dire che circa 99.7% di quella popolazione è compresa tra la media e 3 deviazioni standard. Gli autori dicono pure che hanno controllato curtosi e asimmetria delle distribuzioni dicendo che non c’era deviazione dalla gaussianità. Ora, prendiamo ad esempio i valori di pressione sistolica del gruppo trattato con farmaco omeopatico: media = 161.7 mmHg e DS=21.1. Questo significa che i valori di questo gruppo vanno da 161.7-3*21.1=94.4 mmHg ossia soggetti addirittura ipotesi a 161.7+3*21.1 = 225 mmHg ossia soggetti che dopo 5 minuti avrebbero avuto un arresto cardiaco e che come minimo avranno avuto del Lasix in infusione rapida. Quindi, gli Autori mentono. Lascio a lei il compito di analizzare gli altri dati.
Infine, per l’analisi dei dati sono stati usati dei test parametrici (ANOVA per misure ripetute e t di Student). Questi test richiedono 2 condizioni di applicabilità: le distribuzioni devono essere gaussiane e le varianze devono essere uguali. Già il primo criterio di applicabilità viene meno e quindi sarebbe stato corretto utilizzare dei test non parametrici sulle mediane ossia il test di Friedman e il test di Wilcoxon.
Infine esiste una cosa in biologia che si chiama variabilità intra e inter individuale ed un parametro che si chiama coefficiente variazionale (DS/media). Per i soggetti trattati con placebo, le variazioni di pressione sono al di sotto del coefficiente di variazione e quindi assolutamente non significative. Per quelli trattati con il farmaco, a tre mesi le variazioni sono al di sotto del coefficiente di variazione e quindi non significative; a sei mesi sono poco al di sopra. Tornando alla frase che ho già citato sopra:
“If necessary, the prescription was changed in the course of time, and of course, the patients who started on placebo stayed on placebo, except during intercurrent acute illness”: che cosa è stato prescritto durante la fase acuta non ci è dato sapere (magari del Lasix…).
Insomma appare evidente che lo studio è talmente pieno di bias e di errori grossolani che si capisce perché sia stato pubblicato su una rivista con la stessa credibilità scientifica de il Vernacoliere di Livorno.
Con ogni cordialità
Giuseppe, sei un mito :)
Facci sapere se ti risponde!
Gentile Giuseppe,
mi sento di sottoscrivere al 99% il suo preciso, puntuale e rigoroso appunto …
al 99% … appunto! :)
Non ritengo infatti corretto “offendere” una sì “pregiata” e “nobile” testata quale il Vernacoliere di Livorno che diletta da molti lustri il popolo Italiano bisognoso di un po’ di “respiro”.
Visto che le critiche “fini a se stesse” non mi “garbano punto” sono allora a proporle di indirizzare i suoi – giusti e condivisibilissimi – strali nei confronti delle innumerevoli e pubblicamente finanziate testate (cartacee e non) che – quelle sì – non hanno “nessuna credibilità scientifica”: mi riferisco ai GIORNALI DI PARTITO (mi creda, di tutti i partiti italiani).
In questo caso la scienza vituperata é …. “Scienze Politiche”!
:)
Ossequi
La prego, continui almeno lei, a “Tenere alta la guardia” e smascherare certi “imbonitori di Fiori di Bach” che rovinano il buon nome di chi crede davvero nelle varie Medicine tradizionali, moderne, olistiche o altro … scientificità e riproducibilità del Metodo Scientifico di Galileo … prima di tutto!)
Con rispetto e riconoscenza
Michael F. Forni
Forse sarebbe meglio svegliarsi prima di pubblicare articoli, non dopo.
Glielo spiego io: se serve una terapia individualizzata, a partire da diciamo 100 persone con l’ipertensione solo 10 avranno bisogno dello stesso farmaco. Si può includere solo loro nello studio. E a loro applicare il doppio cieco. Finita tutta la difficile elucubrazione.