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I più piccoli mostri enormi: uno, nessuno, duecentomila

Noi stiamo al nostro genoma come una casa sta al progetto. Questa condensazione è abbastanza ardita – ma abbastanza efficace. La Natura nella sua fantasiosità riesce a costruire un essere vivente a partire da più progetti (genomi) contemporaneamente: se i batteri della nostra flora intestinale ne hanno solitamente uno, quasi tutte le nostre cellule ne hanno due. Alcuni pesci quattro, alcune piante sei (anche se col tempo i singoli cromosomi omologhi stanno iniziando a divergere – that’s evolution, baby). Come al solito, c’è sempre qualcuno che esagera: un batterio dal nome simpaticissimo - Epulopiscium - ne ha duecentomila!

Un ignoto (a me, ovviamente) campione di Nascar stringe la mano ad una versione gigante di B. pertussis. Fonte: blogs.roanoke.com

Ma cosa se ne fa un batterio di duecentomila (!) copie del suo stesso genoma? Beh, Epulopiscium è un batterio abbastanza particolare. Innanzitutto, è enorme. Tanto gigante che è stato per lungo tempo considerato un protista (uno dei cinque regni della natura dove ci finiscono gli eucarioti unicellulari che non riusciamo ad infilare meglio in qualche altra categoria*). Per enorme intendo che è decisamente più grande di tutti i suoi cugini batteri. Intendiamoci – anche un uomo ed una balena (Balaenoptera musculus) sono due mammiferi ed hanno dimensioni difficilmente confrontabili: 1 metro e 7o contro 30 (per non parlare del peso)! Se consideriamo che il nostro amico Escherichia coli (proprio lui) è lungo qualche milionesimo di millimetro (micron, o μm), il più cicciotto Epulopiscium arriva anche a 600 μm. Che è oltre dieci volte le dimensioni medie delle nostre cellule.

Eccolo qui! Questo batterio - come di norma tutti i batteri - non ha organelli: quei due affari sono nient'altro che due nuovi "piccoli" batteri che stanno crescendo all'interno della cellula madre. Un'altro motivo per il quale è stato scambiato per un protista per molto tempo (anche se è dieci volte più grosso, comunque...). Fonte:cals.cornell.edu

Dentro ad un corpo di Epulopiscium ci starebbero comodamente (anche se non volentieri) più di un milione di coli: per ottenere lo stesso risultato nel mondo mammifero, dovremmo riuscire ad infilare nel corpo di una balena tutti i cittadini di Milano (decisamente scomodo, per noi e per la balena soprattutto – ciao Giona, arriva compagnia).

Torniamo a bomba: senza un efficiente sistema di diffusione dei nutrienti e ossigeno (per chi ne usa), gli organismi rimangono piccoli: questa è una delle ragioni per cui non siamo attaccati dagli insetti giganti di The Fog nè siamo calpestati da batteri sotto se sembianze di enormi massi rotolanti. Che cosa spinge allora Epulopiscium verso il gigantismo? Oltre ad una mania di protagonismo (questo però è un mio sospetto personale), il vantaggio di non essere predati da altri microrganismi: immaginatevi di incontrare un Mike Tyson grande quanto tutti gli abitanti di Milano!

Quindi, per gestire efficacemente le risposte in un corpo così grande, il batterio si porta dietro una miriade di copie del suo genoma, che risiedendo appena al di sotto della membrana plasmatica sono pronti a “dirigere” la macchina molecolare senza i ritardi dovuti alla “lenta” diffusione delle molecole segnalatrici in un corpo così sproporzionato. Insomma: Epulopiscium vuole la botte piena e la moglie ubriaca: deve solo guardarsi da qualche protista che se lo può davvero ingoiare, e da… batteri più grossi di lui! Eh già: dove ho scritto che è lui, la microbestiaccia più grande?

 

 

*O, per dirla con il blog di Naturea junk-pile of a category populated with eukaryotes that don’t fit into any better-defined clades.

Risorse addizionali: questo è l’articolo originale pubblicato su PNAS.

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Scritto da Piermatteo Barambani Pubblicato il 21 novembre 2011

 

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Un commento »

  • Zarathustra dice:

    Un altro battere da guinness è Deinococcus radiodurans, che pur avendo solo due cromosomi circolari, ciascuno presente in una decina di copie, grazie alla ridondanza genomica riesce nella mirabile impresa di resistere a livelli di radiazione da reattore nucleare.
    Tanto per fare un esempio un 1 milliGray è la quantità di radiazione assorbita durante una radiografia, 5000 volte di piu’ ovvero 5Gy sono sufficienti ad uccidere un uomo, sono necessari 200 Gy per sterminare una piastra di E. coli (e da questo si capisce già che i batteri la sanno molto piu’ lunga di noi in fatto di riparazione dei danni al DNA), ma deinococcus resiste indenne a 5000 Gy (ovvero come farsi un milione di radiografie) ed a 15000 Gy ancora piu’ di un terzo delle cellule presenti in coltura sopravvivono allegramente.

    Tutto questo senza contare che questa bestiacca è capace di sopravviere a livelli di acidità tremendi, in presenza di mercurio, metalli pesanti e solventi organici al punto che si pensa di utilizzarlo nelle decontaminazioni delle catastrofi ambientali.

    Insomma è una sorta di Xman del mondo batterico

    Dopotutto Deinococco puo’ essere tradotto come ‘batterio terribile’