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La silenziosa guerra nelle feci. Come mai non veniamo divorati dalla nostra flora intestinale?

Ricorderò sempre le prime parole del corso di Microbiologia all’Università: “i batteri sono dappertutto: nell’ambiente, su di voi, dentro di voi“. Ho scrutato con apprensione i miei compagni per scoprire se qualcuno non fosse in procinto di buttarsi dalla finestra in preda al panico, al pensiero del formicolare incessante e lovecraftiano di questi miliardi di piccoli esserini al suo interno, alla ricerca di un pertugio non pattugliato da dove cominciare l’armageddon per arrivare al dominio sull’intero organismo.

Ogni giorno, combatti contro miliardi di questi cosi. Che ti aiutano ad assimilare il cibo. Quanto è ingiusta, la vita?

 

I batteri sono piccoli, sono cattivi, sono efficienti, sono resistenti, sono affamati e vivono in condizioni atroci, addirittura peggiori dei pendolari sul metrò il lunedì mattina. E dentro di noi ce ne sono tantissimi (tipo cento migliaia di miliardi, o 100·10^12): si stima che ci siano dieci batteri per ogni cellula del nostro corpo.

Non so se vi siete mai considerati in questo modo, ma sappiate che, per la maggior parte delle cose che vivono sulla Terra (e anche di molte che non vivono, ad esempio i virus), siete giganti e gustosi sacchetti di caramelle ambulanti. Per evitare che un organismo di passaggio inizi a scartarvi e a leccarsi le dita per non godere solo a metà, il vostro sistema immunitario è impegnato in una costante battaglia per mantenervi puliti dentro e belli fuori (oggi mi escono solo citazioni pubblicitarie). I linfociti, i neutrofili e i macrofagi non sono gente eccessivamente votata al dialogo: quando incontrano dei patogeni, o li attaccano riversandogli addosso della robaccia corrosiva per poi ingoiarseli, oppure si organizzano tra loro e vanno a chiamare dei loro amici con il solo scopo di far capire ancora meglio che quel batterio è il patogeno sbagliato, nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Come mai allora l’interno del nostro intestino è rivestito da batteri? Miliardi e miliardi e miliardi di batteri, che sono lì a metabolizzare quella parte di cibo che noi ingeriamo ed abbiamo difficoltà a trasformare? Per carità, loro sono pure benefici: ma i nostri amici leucociti non hanno studiato nè morale nè filosofia: per loro l’abito fa il monaco. E l’unico batterio buono è un batterio morto.

Per anni mi hanno raccontato la favola dell’immunotolleranza, delle cellule M, del costante check del sistema immunitario della flora intestinale a livello dei linfonodi intestinali… che non mi hanno mai convinto fino in fondo. La domanda ha evidentemente interessato anche gli autori di questo studio, che si sono riproposti di trovare qualche meccanismo responsabile del fatto che io stia scrivendo questo pezzo e voi lo stiate leggendo (anzichè servire da cibo per enterobacteriacee – proprio loro, i parenti del “batterio killer!“).

Salta fuori che la flora intestinale non può fare come le pare e piace e andare a zonzo nell’intestino senza casco con beneplacito delle forze dell’ordine. Le cellule epiteliali che ricoprono il lume intestinale utilizzano le stesse foto segnaletiche delle nostre “cellule poliziotto”: dei recettori che si chiamano TLR (toll-like receptors). Questi TLR segnalano attraverso un messaggero che si chiama Myd88, e questa segnalazione porta le cellule epiteliali a produrre delle bombe battericide.

Nel topo senza alcuna modifica (wild-type), i batteri sono tenuti a bada dal continuo bombardamento di piccole proteine antibatteriche. Invece, nei topi che non possono produrle, i batteri arrivano a colonizzare la superficie dei microvilli intestinali. L'RNA ribosomiale 16S è solo batterico (sonda verde), mentre il DAPI (blu) è un colorante nucleare (e i batteri, il nucleo non ce l'hanno). Fonte: http://www.sciencemag.org/content/334/6053/255.full

 

La bomba battericida è una piccola proteina (15 KDa: più o meno, pesa come quindicimila atomi di idrogeno) dal romantico nome di RegIIIγ. Date le sue caratteristiche, diffonde allegramente nel muco altresì prodotto dalle cellule epiteliali, che mantiene prive di battteri per un buon 50 micron (millesimi di millimetro).

Altrochè la tolleranza: ogni giorno combattiamo con le unghie e con i denti per non finire dalla parte sbagliata del piatto di portata!

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Scritto da Piermatteo Barambani Pubblicato il 24 ottobre 2011

 

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5 Commenti »

  • Andrea dice:

    Giustissimo,
    ma vorrei sottolineare che questa guerra senza esclusione di colpi si svolge anche ad un livello ancora piu’ basso…
    Miliardi di anni fa il bis bis bisnonno di coli e di tutti gli altri batteri si trovo’ ad essere fagocitato (ovvero inghiottito tutto intero) dal bis bis bisononno di una cellula eucariota (cioè una cellula nucleata come quelle dei nostri tessuti).
    Allora i rpimi eucarioti erano unicellulari, ma erano l’ultimo modello di fuoriserie sfornato dalle officine di madre natura.
    La loro caratteristica principale, come nelle auto di lusso, era possedere ‘interni in pelle’ ovvero membrane che potessero racchiudere i vari macchinari molecolari che nei batteri, organismi piu’ semplici, invege galleggiano allegramente in tutta la cellula.
    Tra questi microorgani (che giustamente si chiamano organelli) ovviamente c’era anche un sistema digerente, una sorta di stomaco…
    Il problema è che in natura nessuno ama essere mangiato (specialmente se ancora vivo) e il povero battere fagocitato inizio’ a lottare strenuamente iniziando a produrre tutta una serie di schifezze per uccidere il suo predatore. Tanto lotto è tanto fece che il boccone rimase indigesto e da allora è ancora li nelle nostre cellule: i mitocondri sono batteri ancestrali, posseggono il loro DNA separato da quello della cellula ospite, posseggono proteine di chiara origine batterica e cosi’ via…
    Ma mentre noi dopo aver mangiato il baccalà stufato della prozia elvira se non lo digeriamo piu’ che in fretta stiamo malissimo, la nostra cellula col suo contenuto indigesto, improvvisamente si trovo’ a possedere un vantaggio rispetto alle sue consimili: il battere ingerito, infatti, come molti batteri aveva armi e macchine molecolari che il predatore pur piu’ grande non possedeva… il battere-mitocondrio, come i suoi consimili oggi faceva il mestiere dei batteri, ovvero smantellare tutto cio’ che gli capitasse sotto tiro estraendo tutta l’energia possibile dai nutrienti che decomponeva e per farlo, per di piu’ utilizzava qualcosa di tossico e mortale come l’ossigeno (si l’ossigeno è tossico, per questo l’acqua ossigenata è usata come disinfettante) trasformandolo in qualcosa di gestibile come l’anidride carbonica.
    Quindi il predatore dopo aver ingerito la sua indigesta preda non solo guadagno’ l’abilità di vivere in ambienti sempre piu’ ricchi di ossigeno dove altre cellule non potevano vivere ma grazie ad una joint venture con la povera preda oramai divenuta inseparabile alleato-simbionte divenne capace di sfruttare completamente l’energia del cibo che il grosso predatore era capace di procurarsi ma di sfruttare solo parzialmente…

    E tutti vissero felici e simbionti.

  • Giovanni Argento dice:

    Ah, Andrea,
    un grande commento! e dal contenuto epico.
    Quindi, la mia domanda nasce spontanea: perche’, accanto al tuo contributo, non ci hai mandato un articolo da pubblicare qui sul blog, sullo stesso argomento? sei ancora in tempo, io ci conto! :)
    (i contatti li trovi nella pagina del “chi siamo”)

  • Zarathustra dice:

    Ciao Giovanni,
    sono ancora occupato con gli articoli di fisica, ma qualcosa sulla simbiosi lo butto giu’ piu’ che volentieri

    Andre

  • I più piccoli mostri enormi: uno, nessuno, duecentomila | OMG! Science! dice:

    [...] a costruire un essere vivente a partire da più progetti (genomi) contemporaneamente: se i batteri della nostra flora intestinale ne hanno solitamente uno, quasi tutte le nostre cellule ne hanno due. Alcuni pesci quattro, alcune [...]

  • Colesterolo: la causa di (e la soluzione a) tutti i nostri problemi. Parte I | OMG! Science! dice:

    […] Il viaggio del colesterolo dal carpaccio di puledro nel torrente circolatorio è  - per utilizzare un termine tecnico – abbastanza un casino. Esso inizia dall’intestino, dove i lipidi vengono caricati dentro i chilomicroni, speciali cosi composti da proteine che “avvolgono” i lipidi dentro a delle palline, permettendone il trasporto dentro ad un solvente dentro cui avrebbero solo una limitatissima voglia di sciogliersi. La proteina principale dei chilomicroni, ApoB48, è sintetizzata dagli enterociti (ricordate? Abbiamo già parlato dei villi quando ci chiedevamo come mai non veniamo divorati dall’interno dai miliardi di miliardi di ba…). […]