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Sei scimmie in una. Offerta promozionale? No, chimera!

Leoni con corpo di cavalli, ali di aquila e scaglie di serpente! Certo che doveva essere difficile per i viaggiatori di un tempo che non c’è più giustificare alla moglie prolungate assenze, ed ecco che le scuse diventavano tanto più fantasiose quanto più inverificabili. In un’epoca in cui Giger non era ancora nato, le costruzioni più fantastiche venivano dal mix impossibile di elementi già conosciuti: nascevano così le chimere, bestie composte da tratti (pezzi?) di animali diversi.

Chissà se c'è davvero gente che crede che la ricerca sia veramente questo... Fonte: i Simpson (pardonami, Matt Groening!)

La genetica ha attinto dal patrimonio lessicale per assegnare al termine chimera il compito di definire un organismo pluricellulare in cui sia possibile riscontrare in cellule diverse genomi diversi (diversi proprio come lo sarebbero se provenissero da individui differenti). Nella specie umana non si è ancora documentata nessuna chimera, ma chiunque di noi potrebbe esserlo, e con ogni probabilità non ce ne accorgeremmo nemmeno!

Ma come può originarsi una chimera? In Natura, potrebbe darsi che embrioni di gemelli eterozigoti si fondano tra loro durante i primi stadi di sviluppo, e contribuire egualmente alla costituzione di un nuovo (unico) individuo. Ottenere chimere in ricerca è invece – come abbiamo già visto – molto utile.

Ho letto con curiosità la segnalazione che ho trovato in questo sito: accidenti, dei ricercatori hanno prodotto delle scimmie chimeriche, con ben sei genomi differenti!

Non c’è molto da aggiungere a questa notizia, il take home message per i non addetti ai lavori è il fatto in sè come viene raccontato (con varie imprecisioni; ad esempio, non è vero che gli animali sono stati prodotti “mescolando vari genomi”. Non sono nè esaploidi nè un guazzabuglio di sequenze prese di qua e di là, ma vabbè). Quello per cui questo articolo mi ha fatto arrabbiare è che scientemente si è scelto di gettare alle ortiche la possibilità di spiegare che cosa ci ha insegnato la scoperta, per bollare a scatola chiusa (e senza nessuna spiegazione) come “assolutamente inutili” le conoscenze derivate dal lavoro. Questo, riportando peraltro i commenti del mio personaggio preferito, che in più di una occasione ha dimostrato di essere completamente inadatto ed impreparato ad esprimere la benchè minima considerazione in materia. Un po’ come far commentare la Critica della Ragion Pura a Mario Borghezio.

Un po’ (appositamente?) bieca la scelta dell’ordine: prima si riportano le parole del “capo” del team di ricercatori (l’ultimo nome che vedete nel lavoro), per poi finire con gli schiamazzi insensati dei soliti personaggi, sicuramente non allo stesso livello qualitativo.

Se siete arrivati fin qui, permettetemi di abbandonare l’amarezza ed il bruciore di stomaco per dirvi la mia su quanto questo articolo ci sta dicendo. Come dicevamo, la tecnologia delle ESc (embryonic stem cells, o cellule staminali embrionali) funziona molto bene coi topi, ma per ragioni che non conosciamo ancora così non è con le altre specie. Capire come mai ci insegnerà molto sulle differenze che rendono tutti i mammiferi così diversi tra loro, e sul come mai le cellule staminali di diverse specie sono capaci di cose diverse, anche se “fanno lo stesso mestiere”. Data l’importanza che le cellule staminali avranno potenzialmente nel futuro prossimo, capire come muoverci sia per produrle, gestirle, ma anche per attrezzarci efficacemente con dei modelli animali con cui studiarne i benefici e soprattutto i rischi di utilizzo rimane uno dei temi più caldi e sicuramente da approfondire.

Diversamente da come accade per le cellule della massa interna (ICM) della blastocisti del topo, che se mescolate con altre provenienti da altri embrioni contribuiscono egualmente alla costituzione del futuro individuo, così non è per quelle di Macachus rhesus. Quello che i ricercatori hanno visto è che alla meglio l’iniezione di cellule da una altra ICM risulta nella nascita di due individui separati e geneticamente distinti. Per ottenere una chimera vanno fuse assieme le cellule dell’embrione fino ad uno stadio di quattro cellule (ben prima che si sia sviluppato così tanto da diventare una blastocisti), cioè ad uno stadio in cui ognuno dei blastomeri (così si chiamano) è ancora classificato come totipotente (e ha la stessa potenzialità di generare per se un individuo completo, comportandosi esattamente come uno zigote).

 

Le cellule che derivano (per divisioni cellulari, o mitosi) dall'ovulo fecondato, che via via si segmenta, sono i blastomeri. Via via che le mitosi procedono, i blastomeri diventano sempre più specializzati e perdono la capacità di potersi differenziare in qualsiasi tipo cellulare, per poter andare a costituire parti differenti nel costituendo embrione. Solo una minima parte dei blastomeri in realtà andrà poi a generare le cellule del futuro individuo: la maggior parte di loro formerà gli annessi extraembrionari che faranno da "casa" all'embrione vero e proprio. Fonte dell'immagine: Wikipedia

Hanno dimostrato che la blastocisti di questa scimmia così evolutivamente vicina a noartri non può essere un “banco di prova” per la potenza dei tipi cellulari, siano esse linee di staminali embrionali ottenute “fresche”, o linee stabili, o indotte, perchè per qualche ragione in questa specie le cose vanno così. Perchè evolutivamente la “potenza” dei blastomeri è cambiata, quali sono stati i vantaggi, quali li svantaggi, come si potrà tradurre in clinica e come può aiutarci a capire fenomeni come la pluripotenza, la totipotenza, la multipotenza e la staminalità?

Non ne ho la minima idea, ed è per questo che bisogna saperne di più: oggi i ricercatori hanno aggiunto un piccolo tassello al mosaico. L’importanza della ricerca è che non deve seguire la logica aziendale, non deve “produrre e vendere altrimenti chiude”. La conoscenza serve sempre. Naturalmente non a tutti i costi; ma con buon senso, intelligenza e seguendo tutte le leggi. Impugnare crudeltà supposte per alimentare l’odio ingiustificato verso la ricerca (ricordo a tutti che non esisterà MAI una ricerca senza l’impiego degli animali) è una strategia medievale che non porterà mai da nessuna parte.

 

Risorse:

La corrected proof su Cell

La mia descrizione della chimera “letteraria” era assolutamente casuale, ma la dottoressa Sabrina mi suggerisce quanto segue, e ve lo riporto integralmente: di descrizioni della chimera ce ne sono diverse, ma tutte più o meno fedeli a questa (ali di aquila e corpo del cavallo sono del grifone): poteva sputare fuoco, aveva testa di leone, una testa di capra sulla schiena e la coda di serpente; secondo altre aveva corpo di capra, coda di serpente o di drago e testa di leone. Sputava fuoco dalle fauci e il morso della coda era velenoso.

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Scritto da Piermatteo Barambani Pubblicato il 23 gennaio 2012

 

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