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Cadaveri di dinosauro che esplodono. E corpi umani usati per dimostrarlo (o no?)

La scienza è sempre pronta a fornire risposte, soprattutto agli interrogativi destinati a tenervi svegli la notte.

Ad esempio: perchè in questo fossile di ittiosauro femmina, vecchio di di 182 milioni di anni, gli scheletri degli embrioni che conteneva sono sparpagliati distanti dallo scheletro della madre?

Un ittiosauro! Quali meravigliose meraviglie nasconderà? Fonte immagine: Università di Zurigo

 

Eh lo so, ora non potrete darvi pace, esattamente come non me ne posso dare io. La soluzione a questo problema fondamentale per l’uomo può giungere dai nostri amici batteri: dopo la morte infatti non c’è più nulla che li tenga a bada, e sono tranquillamente liberi di iniziare a… mangiarci. Durante i fantasiosi processi digestivi che accompagnano la decomposizione di un cadavere, si generano ingenti quantità di gas (peraltro infiammabili – per lo più, metano ed idrogeno). Qualora nella cavità addominale del cadavere si dovesse accumulare troppo gas, si potrebbe raggiungere un punto oltre al quale sarebbe difficile continuare a contenerlo: si arriverebbe quindi ad una vera e propria esplosione del cadavere, che ovviamente porterà a sparpagliarne il contenuto (embrioni compresi). E’ questa l’ipotesi che può iniziare a tranquillizzarci, ma da scienziati non possiamo fermarci alle semplici ipotesi: abbiamo il dovere morale di testarle praticamente.

Come hanno fatto le ossa di questo ittiosauro a disporsi così per formare il fossile? Come potremmo riuscire a dormire senza risolvere questo mistero? Fonte immagine: Università di Zurigo

Che modello potremmo utilizzare per studiare adeguatamente il fenomeno in questione? Da quanto apprendo qui, per nostra grande fortuna non tutte le specie di ittiosauro erano i grandi mostri marini descritti dalla cinematografia: alcune erano più piccole, e di dimensioni comparabili all’essere umano. Per studiare la pressione che si forma all’interno della cavità addominale, all’Università di Zurigo hanno pensato bene di infilare un misuratore di pressione – attraverso l’ombelico – in 100 cadaveri di essere umano (ora, non so che autorizzazione e che grattacielo di fogli uno debba far firmare per una cosa del genere, ma non ci voglio nemmeno pensare). Fatto ciò, hanno lasciato succedere quello che sarebbe successo anche senza la presenza dei misuratori di pressione: il cadavere sarebbe andato incontro a processi putrefattivi. I risultati sono stati deludenti: al massimo, la pressione sviluppata è stata di 0.035 bar. Se il nostro ittiosauro fosse morto in acque profonde, si sarebbe depositato sul fondo marino, e lì sarebbe rimasto. Un’altra possibilità è che sia morto in acque basse: in questo caso, decomponendosi si sarebbe gonfiato (tornando quindi a galla) e avrebbe galleggiato qua e là. In questo caso, però, le ossa avrebbero avuto una disposizione completamente diversa: sarebbero state ritrovate disperse per un’area molto ampia.

Per la composizione ordinata delle ossa, deve essere quindi morto in acque profonde, ma non è sicuramente stata l’esplosione del ventre dell’ittiosauro a causare l’espulsione delle ossicine dei piccoli: per questo, sarebbero necessari (a quella profondità) pressioni di almeno 5 – 15 bar (ben oltre quanto dimostrato dalla decomposizione dei cento cadaveri umani). Lo spostamento è stato causato quindi da un’attività – sicuramente meno entusiasmante e meno macabra – di correnti sottomarine. Chissà come la penserebbe la detective di Bones?

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Scritto da Piermatteo Barambani Pubblicato il 4 aprile 2012

 

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3 Commenti »

  • Zarathustra dice:

    Pochi sanno che spesso i corpi donati ‘alla scienza’ finiscono nelle ‘body farm’ (da non confondere con le beauty farm) ameni fazzoletti di terra sparsi qua e la nel mondo dove per ragioni di medicina forense viene studiata la decomposizione all’aria aperta.

    E’ una cosa piuttosto disgustosa, ma importante per la medicina legale.

    Questo uso dei corpi mi lascia piuttosto stupito, come pure l’approccio della ricerca.

    Non vedo come sia possibile utilizzare un animale terrestre, omeotermo, bipede ed onnivoro per studiare i processi coinvolti nella decomposizione di un rettile, acquatico ed esclusivamente carnivoro.

    Molti antivivisettori sostengono che non si possa estrapolare nulla da modelli animali ed applicarlo all’uomo, questo non è vero, pero’ per poter applicare conclusioni di uno studio (in una direzione o nell’altra) i modelli devono essere un minimo compatibili.

    -I batteri che operano la decomposizione partono dal tubo digerente ed animali diversi hanno una popolazione batterica differente (e per quanto i batteri esistono da miliardi di anni, mi aspetto che quelli che vivevano in simbiosi coi dinosauri fossero differenti, specialmente in caso di animali con diete cosi’ diverse)
    -La decomposizione sviluppa gas e questi gas restano temporaneamente contenuti nel corpo in disfacimento in modo diverso a seconda della disposizione delle fasce muscolari, e mi aspetto che un dinosauro acquatico abbia una parete addominale strutturata in modo diverso rispetto ad un essere umano.
    -La temperatura influenza moltissimo il processo: essere esposti all’aria con fluttuazioni di temperatura giorno-notte è diverso da quanto succede nell’acqua.
    -Nelle acque profonde, non c’è solo un problema di pressione, ma anche di temperatura: a poche centinaia di metri di profondità l’acqua è perennemente a 4°C e i processi di decomposizione sono fortemente rallentati.
    -Le condizioni di fossilizzazione poi, per definizione sono poco compatibili con processi decompositivi normali, dato che se avvenissero non lascerebbero nessun fossile.

    Complessivamente mi pare proprio uno studio da IgNobel, che ha sicuramente richiesto vagonate di scartoffie burocratiche senza giungere ad una conclusione valida, e la conclusione sarebbe stata suscettibile di critica anche se avessero visto che la pressione di decomposizione in umano fosse stata piu’ alta.

  • Il museo dei vampiri che sbriluccicano: quando l'archeologia diventa Pop | OMG! Science! dice:

    [...] nonna” per evitare spiacevolezze post-mortem nascono naturalmente dalla scarsa conoscenza di come si decompone un cadavere. Ah, se nel Medioevo avessero letto il nostro [...]

  • Uggio Wild Type dice:

    Stavo per inserire un commento ma ho visto che Zarathustra ha già scritto esattamente quello che avrei detto io, perciò aggiungo solo quanto lessi su wikipedia riguardo a casi di “capodogli esplosivi”

    http://it.wikipedia.org/wiki/Capodoglio#Balene_esplosive

    Nel gennaio 2004 avvenne un fatto ben più drammatico sotto i riflettori dei media globali. Un esemplare di capodoglio morto, lungo 17 m e pesante 50 tonnellate, si arenò sulla spiaggia di Tainan City, a Taiwan. Mentre veniva trasportato all’università della città, la pressione dei gas provocati dalla decomposizione all’interno del corpo causò un’esplosione. Nessuno rimase ferito, ma il sangue e le viscere si sparsero su alcune auto e travolsero i pedoni.

    Certo, le dimensioni di questo animale sono molto maggiori di quelle dell’ittiosauro (e quindi la quantità di gas prodotto è sicuramente maggiore) così come la pressione e temperatura alla quale la carcassa era sottoposta erano differenti ma l’habitat e la dieta sono più simili.