Storia dell’inconscio, dalla filosofia alle moderne neuroscienze (parte 2: Freud e Jung)
C’è una cosa che ha sempre affascinato tutti gli scienziati: perché pensiamo? Com’è possibile che il nostro cervello, biologicamente, abbia la coscienza e la conoscenza di sé stesso? Già questo unico dilemma farebbe esplodere cervelli a ripetizione. Per questo abbiamo voluto ospitare un’analisi in quattro parti sulla “storia dell’inconscio”, realizzata da Davide Mangani. Potete dare una ripassata alla parte 1, oppure passare subito a questa seconda puntata: in ogni caso buona lettura!
Giovanni Argento
Con gli studi di Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, l’inconscio diviene una facoltà psichica talmente vasta da non poter essere contenuta e ristretta in una semplice delineazione divulgativa.
Lo sforzo di questi uomini, che in prima persona si sono messi in discussione ed hanno scavato dentro di loro in cerca di risposte, è secondo me il più grande manifesto della grandezza dell’inconscio. Pertanto, per evitare di scrivere un articolo in cui sarebbero sminuiti o comunque “abbozzati” concetti complessi come quelli che sono alla base dell’inconscio (e su internet, wikipedia etc. se ne trovano migliaia…), ho scelto di parlare dell’inconscio, ripercorrendo i pensieri, le metodologie, i sogni e le teorie dei suoi due più grandi interpreti. Questo secondo articolo della “Storia dell’inconscio” si propone così di essere una fiammella con cui incendiare la curiosità del lettore su un tema che affascina ormai da tempo, studiosi di ogni ambito del sapere.
Sigmund Freud
“Se il re Edipo riesce a scuotere l’uomo moderno non meno dei greci suoi contemporanei [è perché] deve esistere nel nostro intimo una voce pronta a riconoscere la forza coattiva del destino […] il suo destino ci commuove solo perché avrebbe potuto diventare anche il nostro”.
[L’interpretazione dei sogni,1900]
“Una rappresentazione, o qualunque altro elemento psichico, può essere presente ora nella mia coscienza, e scomparire subito dopo; essa può dopo un intervallo riapparire immutata,cioè, come usiamo esprimerci, riemergere dalla memoria e non risultare da una nuova percezione dei sensi. Per rendere conto di un tale fatto siamo costretti a supporre che la rappresentazione era presente in noi anche durante l’intervallo, seppure latente nella coscienza”.
[La teoria psicoanalitica,1911/38]
“Chiamiamo inconscio un processo psichico di cui dobbiamo supporre l’esistenza – per esempio, perché la deduciamo dai suoi effetti – ma del quale non sappiamo nulla.”
[Introduzione alla psicoanalisi, 1915/32]
“L’inconscio è un particolare regno della psiche con impulsi di desiderio propri, con una propria forma espressiva e con propri caratteristici meccanismi psichici che non vigono altrove.”
[Introduzione alla psicoanalisi,1915/32]
“Ciò che è essenzialmente nuovo nella mia teoria è la tesi che la memoria non sia presente in forma univoca, ma molteplice e che venga codificata in diverse specie di segni […]. Non so quante ve ne siano di queste trascrizioni: almeno tre, probabilmente di più”.
[Lettera a W.Fliess,1896]
“L’inconscio è la vera realtà psichica a noi altrettanto sconosciuto per la sua intima natura,della realtà del mondo esterno,e a noi presentato dai dati della coscienza in modo altrettanto incompleto,quanto il mondo esterno dalle indicazioni dei nostri organi di senso”.
[L’interpretazione dei sogni,1900]
“Il sogno è costruito come un sintomo nevrotico,essendo una formazione di compromesso fra le pretese di un moto pulsionale rimosso e la resistenza di una forza censurante che alberga nell’Io. Dal momento che hanno la stessa genesi,il sogno è altrettanto incomprensibile quanto il sintomo e, al pari di quello, necessita di un’interpretazione”.
[Autobiografia]
“Per illustrargli alcune brevi osservazioni che gli vengo esponendo sulle differenze psicologiche tra conscio e inconscio, sull’usura cui soggiace tutto ciò che è conscio,mentre l’inconscio è relativamente inalterabile,gli mostro alcune antichità che si trovano nel mio studio. Sono oggetti qualsiasi trovati in una tomba,che in tanto si sono conservati in quanto sono rimasti sepolti sotto terra. Pompei comincia ad andare in rovina solo adesso,da quando è stata dissotterrata”.
[Caso clinico dell’Uomo dei topi]
“Non sottovalutiamo quindi i piccoli indizi; forse, a partire da essi, sarà possibile trovarsi sulle tracce di qualcosa di più grande. Del resto, io penso come voi che i grandi problemi del mondo e della scienza hanno diritto per primi al nostro interesse. Ma il più delle volte serve ben poco formulare il preciso proposito di dedicarsi senz’altro all’investigazione di questo o quel grande problema. Spesso,poi, non si sa in che direzione procedere. Nel lavoro scientifico è più promettente affrontare il materiale che ci sta di fronte, per la cui indagine si apre uno spiraglio. Se lo si fa con scrupolo, senza ipotesi o aspettative preconcette, e se si ha fortuna, anche da un lavoro così privo di pretese può scaturire l’appiglio allo studio dei grandi problemi, grazie al nesso che lega tutto con tutto, anche il piccolo col grande. Così parlerei dunque per tenere avvinto il vostro interesse al problema degli atti mancati, apparentemente così futili, delle persone sane”.
[Introduzione alla psicoanalisi,1915/32]
“La tesi che i sintomi scompaiono quando si sono rese coscienti le loro determinanti inconsce è stata confermata da tutte le ulteriori ricerche, benchè quando si intraprende il tentativo di applicare questa teoria nella pratica si incontrino le più sorprendenti e inattese complicazioni. La nostra terapia opera trasformando in conscio ciò che è inconscio, e sortisce qualche effetto solo nella misura in cui è in condizioni di effettuare questa trasformazione”.
“E’ universalmente noto e ci sembra ovvio che una persona tormentata da un dolore o malessere organico abbandoni ogni interesse per le cose del mondo esterno che non hanno a che fare con la sua sofferenza. Finchè dura la sua sofferenza, egli ritira altresì l’interesse libidico dai propri oggetti d’amore, cioè smette di amare”.
“L’Io non è padrone in casa propria. Non c’è quindi da meravigliarsi se l’Io non concede la propria benevolenza alla psicoanalisi e continua ostinatamente a non crederle”.
Carl Gustav Jung
“Tutto ciò che so, ma a cui al momento non penso; tutto ciò di cui una volta sono stato cosciente, ma che ora ho dimenticato; tutto ciò che i miei sensi percepiscono, ma che la mia coscienza non nota; tutto ciò che sento, penso, ricordo, voglio e faccio senza intenzione e senza farci attenzione, cioè inconsciamente; tutte le cose future che si preparano in me e verranno alla coscienza solo più tardi; tutto questo è il contenuto dell’inconscio.”
[Von den wurzeln des Bewusstseins, 1954]
“Ricordo una donna che venni un giorno ricoverata in clinica in preda a uno stato totale d’incoscienza. Il giorno dopo, allorchè riprese coscienza, essa mostrò di conoscere la propria identità, ma non sapeva dove era, come o perché vi era capitata e neppure la data. Tuttavia, dopo che io l’ebbi ipnotizzata, essa mi raccontò le cause della sua malattia, il modo in cui era stata condotta alla clinica e chi l’aveva ricoverata. Essa fu persino in grado di dirmi l’ora del suo ricovero poiché aveva veduto un orologio nell’atrio della clinica. In stato ipnotico la sua memoria era chiara come se non avesse mai cessato di essere conscia.”
[L’uomo e i suoi simboli, 1967]
“Ogni specie di stimolo, impulso, intenzione, percezione, intuizione, pensiero razionale o irrazionale, conclusione, induzione, deduzione, premessa e da ogni specie di sentimento, possono divenire per così dire, inconsci, perché non c’è più posto per essi nella mente conscia. Alcuni dei nostri pensieri perdono la loro energia emotiva e diventano subliminali (cioè non ricevono più la nostra attenzione conscia) per il fatto che ci sembrano poco interessanti o di scarsa importanza, oppure perché abbiamo qualche specifica ragione per perderli di vista. In realtà è per noi normale e necessario dimenticare in questo modo affinchè si possa far posto nella mente conscia, alle idee e impressioni nuove. Se ciò no avvenisse tutto sarebbe al di sopra della soglia della coscienza ed in una insopportabile confusione.”
[L’uomo e i suoi simboli, 1967]
“Cosi come i contenuti consci possono svanire nell’inconscio, così nuovi contenuti, mai affiorati prima al livello della coscienza, possono emergere da esso. Si può avere ad esempio che qualcosa sta per rivelarsi alla coscienza che “qualcosa è nell’aria” o che si “avverte il sentore di qualcosa”..[…].. idee e pensieri mai stati consci in precedenza possono crescere nella buia profondità della psiche come piante di loto. La risoluzione dei dilemmi che si propongono vengono talvolta risolti da proposte nuove e assolutamente sorprendenti. Ci sono testimonianze nella storia della scienza da Poincarè e Kekulè che secondo il loro stesso racconto giunsero ad importanti scoperte scientifiche in seguito a rivelazioni “figurate” dell’inconscio,l’esperienza mistica di Cartesio che lo illuminò, o la trama di Dottor Jekyll e Mr Hide suggerita in sogno a Stevenson. ”
[L’uomo e i suoi simboli, 1967]
“Anche con molti uomini colti non si può parlare di Inconscio senza venir tacciati di misticismo. L’angoscia è giustificata perché la nostra visione razionale del mondo, con le sue certezze scientifiche e morali ardentemente credute (perché dubbiose), è scossa dai dati dell’altra parte.”
[L'Io e l'inconscio, 1928]
L’inconscio non è soltanto male, ma è anche la sorgente del bene più alto; non è solo buio ma anche luce, non solo bestiale, semi-umano, demoniaco, ma sovrumano, spirituale e, nel senso classico del termine, “divino”.
[Pratica della psicoterapia, 1935]
“Esistono nell’inconscio due strati. Dobbiamo infatti distinguere tra un inconscio personale e un inconscio mpersonale o o sovra personale. Abbiamo definito quest’ultimo anche incoscio collettivo, proprio perché è staccato da ciò che è personale, ha carattere universale e i suoi contenuti possono essere rintracciati dovunque, ciò che non accade naturalmente con i contenuti personali”.
[Psicologia dell’inconscio]
“Ci fu un sogno che per primo mi indusse al concetto di inconscio collettivo. Ero in una casa sconosciuta a due piani. Era la “mia casa”. Mi trovavo al piano superiore dove c’era una specie di salotto ammobiliato con bei mobili antichi stile rococò. Alle pareti erano appesi antichi quadri di valore. Mi sorprendevo che questa dovesse essere la mia casa, e pensavo “Non è male!” Ma allora mi veniva in mente di non sapere che aspetto avesse il piano inferiore. Scendevo le scale, e raggiungevo il piano terreno. Tutto era molto più antico, e capivo che questa parte della casa doveva risalire circa al XV o XVI secolo. L’arredamento era medievale, e i pavimenti erano di mattoni rossi. Tutto era piuttosto buio. Andavo da una stanza all’altra, pensando: “ora veramente devo esplorare tutta la casa!” Giungevo dinanzi a una pesante porta, e l’aprivo: scoprivo una scala di pietra che conduceva in cantina. Scendevo, e mi trovavo in una stanza con un bel soffitto a volta, eccezionalmente antica. Esaminando le pareti scoprivo, in mezzo ai comuni blocchi di pietra, strati di mattoni e frammenti di mattoni: da questo mi resi conto che risalivano all’epoca Romana. Ero più che mai interessato. Esaminavo anche il pavimento, lastre di pietra, e su una notai un anello: lo tirai su e si sollevava rivelando un’altra scala, di stretti gradini di pietra che portava giù in profondità. Scendevo ed entravo in una bassa caverna, uno spesso strato di polvere ne copriva il pavimento, e nella polvere erano sparpagliati ossa e cocci, come resti di una civiltà primitiva. Scoprivo due teschi umani evidentemente di epoca remota e mezzi distrutti. Qui il sogno finiva….[…]… Mi era chiaro che la cosa rappresentava una specie di immagine della psiche..[…].. la coscienza era rappresentata dal salotto: aveva l’atmosfera di un luogo abitato, nonostante lo stile d’altri tempi. Col pianterreno cominciava l’inconscio vero e proprio. Quanto più scendevo in basso, tanto più diventava estraneo e oscuro. Nella caverna avevo scoperto resti di una primitiva civiltà, cioè il mondo dell’uomo primitivo in me stesso, un mondo che solo a stento può essere raggiunto o illuminato dalla coscienza. ”
[Ricordi, sogni, riflessioni, 1961]
“Gli strati più profondi della psiche, più sono profondi e oscuri, più perdono della loro singolarità individuale. Sempre più sotto, cioè avvicinandosi ai sistemi funzionali autonomi, essi assumono un carattere più collettivo, fino al punto che, nella materialità del corpo, e precisamente nel corpo chimico, diventano universali, e in pari tempo si estinguono. Al suo grado inferiore, psiche è semplicemente mondo.”
[Zur Psychologie des Kind-Archetypus, 1951]
“Secondo me i sogni sono natura che non ha intenzioni ingannatrici, ma esprime qualcosa come meglio può…[..].. già prima di incontrare Freud avevo considerato l’inconscio, e i sogni che ne sono l’immediata espressione, come un processo naturale al quale non si può attribuire alcuna arbitrarietà e soprattutto alcuna intenzione di mistificare. Non conoscevo motivi plausibili per ritenere che le malizie della coscienza si possano estendere ai processi naturali dell’inconscio. Al contrario, l’esperienza quotidiana mi insegnava quanto sia tenace la resistenza che l’inconscio oppone alle tendenze della coscienza.”
[Ricordi, sogni, riflessioni, 1961]
“Chi va verso sé stesso rischi l’incontro con sé stesso..[…].. questa è la prima prova di coraggio da affrontare sulla via interiore, una prova che basta a far desistere, spaventata, la maggioranza degli uomini. Infatti l’incontro con sé stessi è una delle esperienza più sgradevoli, alle quali si sfugge proiettando tutto ciò che è negativo sul mondo circostante. Chi è in condizione di vedere la propria Ombra e di sopportarne la conoscenza ha già assolto una piccola parte del compito. […]..ma presto o tardi il conto deve essere saldato e siamo costretti a confessare a noi stessi che esistono problemi assolutamente insolubili con i nostri soli mezzi. Una simile ammissione, che ha il vantaggio di essere onesta, sincera e reale, permette di porre la base di una reazione compensatoria dell’inconscio collettivo; ecco che adesso ci sentiamo inclinati a prestare orecchio a un’idea utile o a percepire pensieri cui prima non permettevamo di formularsi. Faremo magari attenzione ai sogni che si presentano in quei momenti o rifletteremo a certi fatti che ci accadono proprio allora. Se si assume una simile posizione, forze soccorritrici che sonnecchiano nella natura umana più profonda si destano e intervengono, poiché miseria e debolezza sono l’esperienza eterna e l’eterno problema dell’umanità, al quale esiste anche un’eterna risposta; altrimenti l’uomo sarebbe già perito da tempo. Quando si è fatto tutto quello che si poteva fare, non rimane altro che quello che si potrebbe ancora fare, se si sapesse.”
[Gli archetipi dell’inconscio collettivo, 1934/54]
Questo articolo è pubblicato in collaborazione con TheMangoBlack
Tag:Carl Gustav Jung, Freud, inconscio, psicologia, Sigmund Freud, Sogni, vita
seguici anche su Facebook!