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Bioscanner/Trimprob: la sonda scova-tumori definitiva? (Parte II: i dettagli scientifici e le conclusioni)

Nella prima parte di questa indagine sul Bioscanner/Trimprob il duo Umberto&Giuseppe ha analizzato tutti i contorni della vicenda, dalla scoperta ai primi utilizzi. In questa seconda parte ci spiegano invece tutti i dettagli tecnici che stanno alla base della sua (presunta?) efficacia. Se non avete tempo, o non capite tutti i passaggi, o non avete amici biochimici che stian lì ad annuire per darvi conforto, potete sempre saltare direttamente alle conclusioni in fondo a questo articolo ;)
Buona lettura!

[Giovanni Argento]

Nella Parte I ci siamo soffermati sul ricostruire la travagliata storia del Trimprob, la cosiddetta «sonda scova-tumori», oggi nota come Bioscanner.
In questa seconda parte passiamo a dare un’occhiata al sistema da un punto di vista scientifico. Non essendo un fisico o un ingegnere non mi sento di commentarlo troppo nel dettaglio; tuttavia, dato l’enorme interesse che tutti hanno nello scovare precocemente un tumore, ci concentreremo sui principi su cui si basa il Trimprob per riuscire in questo intento.

Per farlo, è necessario innanzitutto spiegare come faccia una cellula “normale” a produrre l’energia che le serve, dato che Trimprob sfrutta proprio un differente meccanismo di produzione energetica che scatta nelle cellule tumorali per individuarle.

Il (complicato) funzionamento di una cellula sana

Le cellule umane usano come “carburante” l’Adenosina-trifosfato (ATP), una molecola formata da una purina (l’adenina), uno zucchero (il ribosio) e 3 gruppi fosfato che, a pH 7, sono ionizzati (hanno una carica negativa).
Tutti sappiamo che cariche dello stesso segno si respingono: questa repulsione non è sufficiente a “rompere” (idrolizzare) l’ATP, ma obbliga questa molecola ad “accartocciarsi” e questo genera una forte tensione ed una “molla” pronta a scattare. Gli enzimi che idrolizzano l’ATP (ATPasi) fanno avvicinare una molecola di acqua all’ATP, la molla scatta, si stacca il gruppo fosfato più lontano, si forma una molecola di Adenosina-difosfato (ADP) e si libera una bella quantità di energia (circa 30 kJ/mole) che gli enzimi convogliano nelle reazioni che ne hanno bisogno.

La cellula si è evoluta per usare qualsiasi substrato (zuccheri, acidi grassi e amminoacidi) per produrre ATP ma ha una spiccata preferenza per gli zuccheri. Tutti gli zuccheri che introduciamo vengono convertiti in Fruttosio-6-fosfato che viene trasformato ottenendo 2 molecole di ATP e 2 di Piruvato. Questo processo si chiama “Glicolisi” e, siccome noi biochimici siamo un po’ bislacchi, ci piace immaginare un processo metabolico come una strada su cui s’incammina una molecola; per cui, in molti libri, troverete che questa strada prende il nome di “Via Embden-Meyerof” (un po’ come accade nelle nostre città in cui s’intitolano strade a personaggi illustri). Un enzima di questa via catabolica (una Deidrogenasi) ha bisogno di un “aiutante” (un co-enzima) per fare la sua reazione: si tratta del NAD+ (Nicotinammide-Adenina-Dinucleotide), un derivato della vitamina B3. Di conseguenza, alle 2 molecole di ATP e alle 2 molecole di Piruvato vanno aggiunte 2 molecole di NADH (il coenzima ridotto), 2 di acqua e 2 ioni idrogeno. Nei batteri, questa quantità di ATP basta e avanza ma a noi no. Le cellule eucariote si sono evolute inglobando un archeobatterio: il mitocondrio. Questo organello cellulare ha un suo DNA, si replica spontaneamente, fa le sue proteine. Come ogni sistema simbionte entrambi ci devono guadagnare qualcosa: il mitocondrio funge da centrale energetica della cellula ed in cambio sfrutta enzimi e substrati prodotti dalla cellula e che lui non saprebbe sintetizzare (alcuni ipotizzano che parte dei geni del DNA mitocondriali abbiano “traslocato” nel DNA nucleare). In condizioni di normale afflusso di ossigeno, le 2 molecole di piruvato vengono trasformate in 2 molecole di Acetil-Coenzima-A con formazione di altre 2 molecole di NADH, 2 ioni idrogeno e 2 molecole di CO2: abbiamo il primo segnale di “respirazione”. Le molecole di NADH e di Acetil-CoA entrano nel mitocondrio e imboccano una rotatoria (il ciclo di Krebs), nel quale incontriamo un altro “aiutante”: il FAD (Flavin-Adenina-Dinucleotide), un derivato della vitamina B2. Durante questa “maratonda” (avete visto Alice nel Paese delle Meraviglie no?) le due molecole di Acetil-CoA produrranno 6 molecole di NADH, 2 di FADH2, 2 CO2 e 2 GTP (Guanosina-Trifosfato, un analogo dell’ATP). Ricapitolando, per ogni molecola di monosaccaride (qualsiasi) che entra nella cellula, abbiamo prodotto 10 molecole di NADH, 2 di FADH2, 4 CO2, 2 GTP e 2 ATP. A questo punto, come se la macchina cellulare non fosse già bellissima, entra in scena la “respirazione”. La CO2 sarà scambiata con l’ossigeno grazie a quel meraviglioso meccanismo che è il sistema emoglobina/mioglobina. E a cosa servirà l’ossigeno? Tutti i coenzimi che si sono ridotti saranno riossidati nel mitocondrio. Una serie di enzimi incardinati nella matrice mitocondriale interna, staccheranno i protoni (ioni H+) da NADH e FADH2, pompandoli nella matrice mitocondriale esterna. Poiché non può esistere una carica positiva senza la sua controparte negativa, gli elettroni staccati da queste pompe viaggiano nella matrice mitocondriale attraverso la “catena di trasporto degli elettroni” formata dai citocromi. I protoni H+, ad un certo punto, cercano di rientrare nella matrice mitocondriale interna affinché si possa scaricare la differenza di potenziale che si è instaurata tra le due facce della membrana, ma non possono perché la cresta mitocondriale è impermeabile. Il pertugio lo trovano nella proteina ATP-sintetasi che, da brava gabelliera, li lascia passare chiedendo in cambio l’energia che le serve per attaccare un gruppo fosfato all’ADP e ricreare la molla dell’ATP («Sì, ma quanti siete? Un Fiorino!»). I protoni H+, una volta ritornati nella matrice mitocondriale interna, vengono immediatamente catturati dai citocromi, i quali prendono protoni, ossigeno ed elettroni e ci fanno… acqua!

Quando la cellula si trova in carenza di ossigeno perché state facendo una partita di calcetto dopo 20 anni d’inattività, il mitocondrio non ha ossigeno sufficiente per riossidare i coenzimi ed ecco che interviene un’altra via metabolica: la fermentazione lattica (fermentazione anaerobica, perchè non c’è uso di ossigeno)! L’enzima Lattico-Deidrogenasi (LDH, proprio quello che vi dosano in caso d’infarto) converte le 2 molecole di piruvato in lattato e le 2 molecole di NADH prodotte nella glicolisi sono riossidate a NAD+. Il rendimento energetico è di gran lunga inferiore (2 ATP nella fermentazione lattica contro 36 ATP+2GTP nella fosforilazione ossidativa mitocondriale) ma la cellula può continuare ad avere coenzimi ossidati pronto uso. Giusto per completare la panoramica, i muscoli hanno una piccola riserva di creatinina-fosfato che l’enzima Creatina-fosfato Chinasi (CPK, altro enzima dosato per la diagnosi dell’infarto) utilizza per trasferire il gruppo fosfato all’ADP, generando ATP.

Il comportamento di una cellula tumorale

Otto Warburg, un insigne biochimico tedesco, premio Nobel nel 1931, osservò che le cellule tumorali producono acido lattico anche se c’è ossigeno a sufficienza per accoppiare la glicolisi con il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa e, apparentemente, non ci sono i presupposti per una fermentazione lattica anaerobica. Tutto questo sconquasso metabolico altera le distribuzioni di carica elettrica cellulare, le distribuzioni delle proteine di membrana, la sfera d’idratazione e tante altre cose che “donerebbero” alla cellule tumorali la facoltà di entrare in risonanza con una frequenza ben precisa: 462 MHz. Non posso addentrarmi nel dettaglio del fenomeno della risonanza: in pratica la sonda dell’apparecchio emette uno spettro oscillante nel campo delle Ultra High Frequency che attraversa i tessuti e viene captato da un’antenna: se c’è un tumore, la frequenza a 462 MHz viene assorbita e scompare dallo spettro. Il fenomeno della risonanza è usato anche per altre apparecchiature di diagnosi medica, per cui il concetto non è proprio nuovo.

Analisi degli studi sul Trimprob

Per quasi tutti gli articoli disponibili sull’argomento è possibile leggere solo il riassunto, per cui non è agevole capire con precisione cosa sia stato fatto; tuttavia emergono forti perplessità su come siano stati tirati fuori alcuni dati.

Per seguire il filo del discorso è opportuno fare una piccola chiarezza sulla terminologia adottata per le prestazioni di un test. Dato un test qualsiasi sono possibili quattro esiti: il test è positivo ed il soggetto ha la malattia – Vero Positivo VP; il test è positivo ma il soggetto non ha la malattia – Falso Positivo FP; il test è negativo ed il soggetto non ha la malattia – Vero Negativo VN; il test è negativo ma il soggetto ha la malattia – Falso Negativo FN. La sensibilità di un test è la probabilità che il test individui i malati ed è data dal rapporto: VP / (VP+FP); parimenti la specificità è la probabilità che il test individui i sani ed è data dal rapporto: VN / (VN+FN); l’accuratezza è la frazione di soggetti catalogati correttamente ed è data dal rapporto (VP+VN)/(VP+VN+FP+FN).

Per quanto riguarda la stima di questi due parametri, ci sono dei veri e propri capolavori…

Per esempio, prendiamo l’articolo sul tumore tiroideo: 51 pazienti con gozzo multinodulare, prima di essere sottoposti a tiroidectomia totale, sono stati analizzati col Trimprob. Lo strumento ha catalogato 46 gozzi come non maligni e 5 come tumori, l’esame istologico ha dato lo stesso risultato. Se ne conclude che sensibilità, specificità e accuratezza sono del 100%. Le cose sono un po’ diverse: non c’è un gruppo di controllo con tiroidi normali (e senza gozzo) e al massimo si può dire che la kappa di Cohen sia uguale a 1 (ossia Trimprob e istologia sono in perfetto accordo). Anche ammesso che la procedura di utilizzare i pazienti stessi come gruppo di controllo sia corretta, con una numerosità così esigua l’intervallo in cui ricade il valore vero è compreso tra 90% e 100% (minore è il numero dei soggetti, maggiore è l’incertezza con cui è calcolato un parametro).

Anche il lavoro sul carcinoma gastrico procede allo stesso modo: 28 (!) pazienti sintomatici vengono divisi in 2 gruppi a secondo del risultato della biopsia: Gruppo A con carcinoma (quanti?) e Gruppo B con infiammazione gastrica (quanti?) più un Gruppo C di 15 (una marea…) volontari asintomatici. Siccome il Trimprob ha individuato tutti i pazienti del gruppo A allora la sensibilità e la specificità sono del 100%. Beh… non sappiamo quanti del gruppo C sono risultati positivi, non sappiamo quanti del Gruppo B sono positivi e soprattutto se nel gruppo A ci fosse una sola persona.

Non a caso, questi lavori sono pubblicati su “Chirurgia Italiana”, che credo abbia la stessa attendibilità di “Il Foglio”.

La palma di capolavoro assoluto spetta al lavoro pubblicato su Urologia 2009. In questo articolo apprendiamo che sono stati studiati 782 maschi per carcinoma prostatico: 550 sono negativi al Trimprob; 238 risultano positivi. Di questi 238, 6 muoiono (per motivi indipendenti da un eventuale carcinoma) e di quelli rimanenti poco più della metà, 128, si sottopone alla biopsia. La biopsia ci dirà che 54 hanno un carcinoma (Veri Positivi) e 74 no (Falsi Positivi). Da questi dati, la sensibilità dovrebbe essere 54/(54+74)=42%, ben diversa dal 75% riportato. Da dove abbiano tirato fuori un valore di specificità 44,6% senza sapere i Veri Negativi e i Falsi Negativi rimane un mistero: non ci dicono assolutamente nulla dei 550 soggetti risultati negativi al Trimprob, ai quali dubito altamente abbiano fatto una biopsia.

Ma c’è di più: anche quando sono altri autori (quindi, in teoria, senza conflitti d’interesse) a pubblicare lavori, le cose non vanno meglio. Prendiamo questo lavoro su International Journal of Urology 2009;16(6):580-3 (Impact Factor 1,7… praticamente meno di Topolino e tra poco capirete perché).

In questa ricerca sono stati studiati:

  • 45 soggetti con PSA elevato (gruppo 1a)
  • 14 soggetti con Esplorazione digito rettale (DRE) sospetta (gruppo 1b)
  • 41 soggetti con PSA elevato e DRE sospetta (gruppo 1c)
  • 11 soggetti con biopsia positiva per carcinoma protatico (gruppo 2a)
  • 37 soggetti di età inferiore a 40 anni con PSA < 4 ng/mL (gruppo 2b).

Tutti questi soggetti sono stati sottoposti al Trimprob e sono stati poi valutati una serie di marcatori biochimici ed ecografici. Vengono citati una serie di test statistici utilizzati, in contrasto tra di loro (se uso uno non posso usare l’altro), e non è dato sapere quali dati siano stati analizzati con un test quali con un altro.

Incominciamo a dare un’occhiata ai dati per i gruppi di controllo:

Gruppo 2a
(n=11 tumore sì)
Gruppo 2b
(n=37 tumore no)
Trimprob
(unità arbitrarie)
13.73±12.12 73.64±10.06
PSA totale (ng/mL) 7.51±4.14 0.76±0.36
PSA libero (ng/mL) 1.172±0,824 0.21±0.11
PSA libero/PSA totale (%) 15.27±7.91 28.73±4.21
Volume prostatico (mL) 38.45±12.01 24.84±7.54
PSAD (PSA/volume prostatico) 20.73±10.07 3.05±0.74

I due gruppi sembrerebbero avere un valore medio molto differente tra loro e quindi il Trimprob sembrerebbe efficace nel distinguere un soggetto con tumore da uno senza tumore. Ma non è tutto oro quello che riluce… Riportare un valore come media e deviazione standard (DS) è un’operazione molto stupida nella quasi totalità dei casi. Nel nostro caso, sto dichiarando esplicitamente: ho misurato il valore di risonanza con Trimprob in 11 soggetti con carcinoma prostatico e questi 11 valori si comportano come una distribuzione gaussiana che ha per media 13.73 e una deviazione standard di 12.12. In una distribuzione gaussiana, il 68,3% dei dati cade tra Media±DS; il 95,5% dei dati cade tra Media±2DS; il 99,7% tra Media±3DS: se calcolo l’intervallo degli 11 valori scopro che andranno da 13.73-3*12.12=-22.62 a 13.73+3*12.12=50.09. Un valore negativo non ha alcun significato fisico e non era possibile ottenerlo, pertanto è chiaro che la distribuzione non è gaussiana e che il test statistico applicato per verificare se le due medie sono diverse, il t di Student, non è valido perché questo test richiede che le distribuzioni siano gaussiane. Ovviamente, si arriva nel ridicolo con una concentrazione negativa di una proteina o con il volume negativo di un organo…

Comunque, sulla base dei valori di questi 48 soggetti hanno disegnato una curva ROC. La curva ROC serve a stabilire il valore soglia (cut-off) del Trimprob, al di sotto del quale il risultato sarà positivo; per ogni possibile cut-off abbiamo un valore corrispondente di sensibilità e specificità. Non è proprio immediato stabilire quale cut-off scegliere: possiamo prendere quello in cui è massima la sensibilità o quello in cui è massima la specificità o l’efficienza. Personalmente sceglierei il punto in cui è massima la sensibilità: sono sicuro di beccare tutti i tumori e i falsi positivi possono essere esclusi da un secondo test (come la biopsia). Gli Autori scelgono come cut-off il valore di 40 e non ci dicono quale siano i valori di sensibilità e specificità (un vero colpo di genio!). Dopo di che analizzano i 100 soggetti del gruppo 1.

Gruppo 1a
(n=45 PSA>4ng/mL)
Gruppo 1b
(n=14 DRE sospetta)
Gruppo 1c
(n=41 PSA e DRE alterati)
Trimprob 45.23±22.15 38.36±23.48 27.41±24.69

A parte il solito discorso sugli intervalli, non ci è dato sapere quanti sono risultati positivi al TrimProbe, né se la biopsia è stata fatta a tutti. Sappiamo solo che nel gruppo 1a hanno trovato 4 biopsie positive, in quello 1b ne hanno trovate 2 e in quello 1c ne hanno trovate 19 (25 biopsie positive in totale). Stabiliscono (non si sa come) che la sensibilità di Trimprob sia risultata del 75% e la specificità del 61,3%. Per quanto mi riguarda, le uniche cose che è possibile stabilire sono queste:

  • Nel gruppo 1 ci sono 55 soggetti con DRE sospetta e 45 senza DRE sospetta. Dei 55 La sensibilità di un test è la probabilità che il test individui i malati ed è data dal rapporto: VP/(VP+FP); parimenti la specificità è la probabilità che il test individui i sani ed è data dal rapporto: VN/(VN+FN); l’accuratezza è la frazione di soggetti catalogati correttamente ed è data dal rapporto (VP+VN)/(VP+VN+FP+FN) con DRE sospetta, 21 hanno la biopsia positiva (VP) e 34 no (FP); dei 45 senza DRE sospetta, 4 hanno la biopsia positiva (FN) e 41 no (VN). Pertanto la sensibilità e la specificità del DRE sono, rispettivamente, 84.0% e 54.7%, come correttamente riportato.
  • Nel gruppo 1 ci sono 86 soggetti con PSA alterato e 14 con PSA normale. Degli 86 con PSA alterato, 23 hanno la biopsia positiva (VP) e 63 no (FP); dei 14 senza PSA alterato, 2 hanno la biopsia positiva (FN) e 12 no (VN). Pertanto la sensibilità e la specificità del PSA sono, rispettivamente 92% e 16%, ma loro trovano 88.0% e 21.3%, non si sa come.

Il resto sono numeri senza senso. Chicca finale, asseriscono che la media del gruppo 1c è statisticamente più bassa delle medie dei gruppi 1a e 1b. Fermo restando gli interrogativi di cui sopra sulle distribuzioni gaussiane e sull’opportunità di utilizzare i test indicati che richiedono che la distribuzione sia gaussiana, ho fatto anche io un test coi dati a disposizione e la differenza si trova solo tra 1a e 1c ma non tra 1b e 1c. Insomma, un generatore di numeri casuali avrebbe fatto meno danni.

In tutti gli articoli, tuttavia, è presente il solito errore sulla predittività positiva e negativa su cui abbiamo già scritto. Siccome “repetita iuvant” facciamo un breve ripasso. Abbiamo visto che cosa siano la sensibilità (la probabilità che il test sia positivo data la malattia) e la specificità (la probabilità che il test sia negativo data la non malattia); le predittività sono le probabilità trasposte: quella positiva è la probabilità che ci sia la malattia dato il test positivo e quella negativa è la probabilità che ci sia la non malattia dato un test negativo.

Per calcolare il valore di predittività positiva (VPP) dobbiamo usare il teorema di Bayes:

Come vedete al denominatore compare la “prevalenza” della malattia, ossia la probabilità che io abbia la malattia prima di fare il test. Il test non fa altro che modificare questa probabilità “a priori” alla luce delle nuove informazioni che ho raccolto.

Prendiamo uno degli articoli accessibili sul carcinoma della prostata: su 188 soggetti studiati, 61 avevano una biopsia positiva per carcinoma e 127 no.

Il Trimprob ha dato i seguenti risultati:

Biopsia Positiva Biopsia Negativa TOTALE
Trimprob Positivo 49 (VP) 62 (FP) 111
Trimprob Negativo 12 (FN) 65 (VN) 77
TOTALE 61 127 188

La sensibilità di Trimprob è data dal rapporto: VP/(VP+FP)=49/61=80%; la specificità è data dal rapporto: VN/(VN+FN)=65/127=51%; l’accuratezza è data dal rapporto (VP+VN)/(VP+VN+FP+FN)=(49+65)/188=61%. E fino e qui tutto coincide. Il problema nasce quando si calcolano i Valori Predittivi.
Domanda: la popolazione studiata è rappresentativa della popolazione generale? Risposta: NO.
In questo gruppo di soggetti, la prevalenza del carcinoma prostatico è 61/188=32% contro una prevalenza riportata per la popolazione italiana di 0,896% (Epidemiol Prev 2010;34(suppl 2):118).

In maniera molto semplice, posso calcolare il valore predittivo positivo dividendo il numero dei veri positivi per tutti quelli che hanno il test positivo=49/111=44%; quello negativo sarà 65/77=84%. Questo è l’errore che fanno TUTTI. Questa semplificazione del teorema di Bayes la posso usare se e solo se la popolazione studiata è rappresentativa della popolazione generale. Se vado a calcolare il VPP su una popolazione che ha una prevalenza 36 volte più alta, troverò un valore che è circa 30 volte più alto del vero (la relazione non è lineare….ci sono delle frazioni!). Implementiamo una tabella con i valori corretti. Sappiamo che il carcinoma prostatico ha una prevalenza di 896/100000: pertanto i totali delle colonne saranno 896 e 100000-896=99104. Se la sensibilità è 80%, i veri positivi saranno 896*80/100=719 ed i falsi negativi saranno 896-719=177; se la specificità è 51% i veri negativi saranno 99104*51/100=50741 ed i falsi positivi saranno 99104-50741=48363.

Cancro Sì Cancro No TOTALE
Trimprob Positivo 719 (VP 48363 (FP) 49082
Trimprob Negativo 177 (FN) 50741 (VN) 50918
TOTALE 896 99104 100000

Se calcolo il VPP questa volta troverò=719/49082=1,5% (che è appunto il valore “vero” ed è 30 volte più piccolo del 44% trovato dagli Autori). In altre parole, se il TrimProbe vi restituisce un risultato positivo, la probabilità di avere il carcinoma prostatico è 1,5% e non 44%. Giusto per fare un confronto onesto tra tutte le possibili armi contro il carcinoma prostatico:

Sensibilità Specificità VPP VPN
PSA totale* 20.5 93.8 2.8 99.3
PCA3* 52.9 80.0 2.3 99.5
PSA libero/PSA totale* 76 71 2.2 99.7
PHI* 60.6 70.1 1.7 99.5
DRE 84 54.7 1.6 99.7
PSAD 56 69.3 1.6 99.4
Trimprob 80 51 1.4 99.6

dati da Cardillo G. Biochimica clinica, 2011;35(5):386-93

Conclusioni

In conclusione, quindi, nonostante tutti gli errori, le omissioni e le gonfiature varie, Trimprob funziona peggio di qualsiasi marcatore biochimico attualmente in uso, con un valore predittivo positivo, che è la metà di quello del PSA totale, di cui si dice peste e corna.

Appare ingiustificata, dunque, la fama di «sonda scova-tumori» che gli è stata troppo frettolosamente attribuita. Si tratta di una tecnologia che per poter diventare pienamente funzionale e all’altezza delle eccezionali promesse del suo creatore («extraordinary claims require extraordinary evidence» disse Sagan una volta), necessita di un forte sviluppo ulteriore (ammesso che questo sia possibile), il che è evidente ancor più, se si considera il fatto che l’abilità dell’operatore nel manipolare correttamente la sonda per effettuare l’esame, risulta ancora troppo determinante per la correttezza finale della diagnosi (il che rende difficile anche le sperimentazioni e l’uso quotidiano della stessa).

In tutto questo, comunque, dato che la sonda è ritornata in commercio e verrà presumibilmente proposta anche agli ospedali pubblici italiani, sarebbe interessante sentire l’opinione del Governo italiano, che non ha ancora dato una risposta alle due interrogazioni parlamentari di cui accennavamo nella parte I di questo nostro articolo. Sarebbe dovuto, non solo perché la questione è diventata ormai un caso nazionale, avendo coinvolto uno scienziato (Vedruccio) che era ufficiale di Marina, un’azienda di stato come Finmeccanica e molti centri italiani, ma anche perché fu proprio un ministro della Salute (all’epoca dei fatti Sirchia), a presentare ufficialmente quest’apparecchiatura.

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Scritto da Giuseppe Cardillo Pubblicato il 18 aprile 2013

 

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3 Commenti »

  • sergio dice:

    I 2 articoli più interessanti sul bioscanner sono stati scritti dal gruppo del dr. vannelli alberto dell’INT di Milano (su pubmed… anni 2009-2010). Per favore riportatene i risultati, assolutamente eccezionali, sulla diagnosi precoce del tumore al colonretto! Grazie.

  • Giuseppe Cardillo dice:

    Caro Sergio,
    la difficoltà consiste nel fatto che questi articoli non sono accessibili se non a pagamento.
    Ho fatto la ricerca su Pubmed ed esiste un solo articolo di Vannelli Alberto su TrimProb
    (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=19273973)
    Se riesci a procuramelo, me lo leggo e ti dico che ne penso. Per il momento cerco di farmi un’idea dall’abstract…

  • Alberto Vannelli dice:

    Gent.mo dott. Cardillo,
    ho letto solo oggi le sue considerazioni sul trimprob. Molte delle elaborazioni sono assolutamente corrette. Mi preme peraltro ricordare che la letteratura a cui lei fa riferimento è la parte meno pregevole dei lavori fin qui condotti. Ad onor del vero i miei lavori (gli unici corroborati da una ribusta statistica) non sono disponibili solo a pagamento. Il primo lavoro effettivamente è disponibile a pagamento mentre il secondo è accessibile per chiunque direttamente sul sito della rivista, su pubmed o scaricabile dal mio sito. Basterebbe inoltre scrivere all’autore (ndr il sottoscritto) per avere senza problemi anche il primo articolo.
    Attenzione anche quando si scrivono certe considerazioni sul valore delle riviste: sarebbe meglio spiegare che le categorie sono distinte in percentili e il valore massimo e minino è definito dalla famiglia di appartenenza.