Home » Come funziona?

La scienza e la sua coscienza

Mi capita talvolta di venire a contatto con delle situazioni assolutamente ovvie e risapute, che quindi non dovrebbero stupirmi, ma che tuttavia mi sbilanciano con il peso delle loro implicazioni. Io lavoro in ambito scientifico, sono una ricercatrice con velleità divulgative, e sebbene una buona frazione delle mie amicizie e conoscenze appartenga alla stessa cerchia, è del tutto naturale che io mi confronti con realtà e opinioni diverse tramite discussioni in famiglia o – croce e delizia dell’era internettiana – social network, forum e blog. È in queste sedi che un sospetto strisciante mi si è insinuato, riguardante la comune percezione della scienza e del mestiere di scienziato.

L’ovvietà che ha innescato il flusso di riflessioni è la seguente: le persone con una formazione scientifica accademica sono una minoranza. Ovvio? Be’, sì: per fare una statistica spicciola basti confrontare il numero degli iscritti alle facoltà scientifiche con la somma degli iscritti a tutte le altre facoltà, addizionata al numero dei non iscritti ad alcuna facoltà. L’implicazione che questo dato oggettivo e scontato si porta appresso è che, tra i non “scienziati”, pochi sanno cosa sia il metodo scientifico, e pochissimi lo capiscono o addirittura apprezzano, confondendo il rigore scientifico con la mancanza di immaginazione e con la refrattarietà ad accogliere le idee altrui. Tacciandolo addirittura di bigottismo. Ovvio? Mi spiace, ma… no.

Ora non vorrei sconfinare nello psicodramma, ma la sfiducia nel lavoro altrui – o meglio: nel principio guida del lavoro altrui*, senza peraltro conoscerne le basi – e soprattutto l’enorme fraintendimento delle vere intenzioni di una disciplina mi sviliscono profondamente. Non solo perché la scienza è la mia professione, ma anche perché – volendo essere prosaici – il lavoro di ricercatore è forse quello che presenta il minor ritorno (sia economico, sia in termini di “popolarità” della professione) rispetto al servizio reso (il progresso scientifico-tecnologico, scusate tanto) e alla dedizione richiesta per svolgerlo.

Di cosa stiamo parlando, dunque? Cosa c’è da fraintendere nel mestiere di scienziato? Tutto parte, secondo me, dal fatto che nessuno sappia in cosa consista la ricerca scientifica. Più volte, quando vivevo ancora in Italia, i miei famigliari e i loro amici mi chiedevano in cosa consistesse il mio lavoro, ed io ingenuamente rispondevo come se fossi stata davanti alla commissione che in seguito avrebbe giudicato la mia tesi di dottorato, infarcendo la mia risposta di tanti e tali tecnicismi da non lasciare altra scelta ai miei interlocutori se non congedarmi con un “ah” accompagnato da sguardo bovino. Provo ora a fare ammenda. La ricerca scientifica nasce dalla necessità di spiegare la realtà; generalmente ci si trova davanti ad un fenomeno che non è ancora stato razionalizzato e che pertanto richiede un modello esplicativo (o, nei casi più “nobili” e meno applicativi, di una teoria). Proporre un modello adeguato (chiarirò tra poco questa specificazione) significa “dominare” quel fenomeno: capirlo e – ai fini dello sviluppo tecnologico – riprodurlo e utilizzarlo a proprio favore. Mi rendo conto però che parlando di teorie e modelli stiamo entrando in un terreno minato dall’ambiguità, perché la parola “teoria” richiama, nel linguaggio comune, il concetto di “approssimazione, vaghezza, infondatezza”, qualcosa che funziona in teoria, appunto, ma non in pratica. La verità è più semplice e al contempo più complicata di così.

Quella che in scienza viene denominata teoria non è affatto un’idea campata per aria: per quanto ogni modello abbia delle inevitabili mancanze, prima di essere accettato dalla comunità scientifica esso deve essere riconosciuto valido, attendibile; deve ovviamente spiegare il fenomeno che si era riproposto di razionalizzare (pertinenza della teoria), ma deve anche raccordarsi con la realtà circostante, con la conoscenza pregressa (consistenza). Questo naturalmente non significa che le conoscenze pregresse siano dogmatiche – se così fosse non ci sarebbe progresso – ma che ogni nuova teoria che le contraddica debba fornire le prove della loro invalidità. Ad esempio, la meccanica classica, quella di Newton, funziona bene per i corpi macroscopici – quelli che possiamo toccare e vedere ad occhio nudo – ma mostra delle inconsistenze a livello atomico (e oltre), dove invece vale la meccanica quantistica. La meccanica quantistica, pertanto, non solo sopperisce alle mancanze della meccanica classica, ma addirittura la include come suo limite macroscopico.

Questo modo di pensare, la richiesta di prove a supporto di una teoria, è alla base del metodo scientifico. Che cos’è questo principio, promosso da Galileo ma non per questo obsoleto, che viene così spesso identificato ingiustamente con una sterile procedura operativa priva di spirito critico? È semplice buon senso, ed ha tutto a che vedere con lo spirito critico: io per esempio non posso dire che la Terra è piatta perché il tavolo su cui sto scrivendo è in piano, poiché esistono le prove della curvatura del nostro pianeta; di conseguenza non posso fregiarmi di una scoperta altrimenti rivoluzionaria, devo farmene una ragione, cercare un’altra spiegazione e certamente non accusare di limitatezza mentale gli scienziati che mi danno contro.

Ma vediamo come Richard Feynman spiegava il metodo scientifico: “In general, we look for a new law by the following process. First, we guess it. Then we compute the consequences of the guess to see what would be implied if this law that we guessed is right. Then we compare the result of the computation to nature, with experiment or experience; compare it directly with observation to see if it works. If it disagrees with experiment it is wrong. It‘s that simple statement that is the key to science. It does not make any difference how beautiful your guess is. It does not make any difference how smart you are, who made the guess, or what his name is – if it disagrees with experiment (observation) it is wrong.”

Trad.: “In generale, si formulano nuove leggi (teorie) nel seguente modo. Per prima cosa si fa una supposizione. In seguito si considerano le conseguenze che la supposizione implicherebbe se fosse corretta. Poi si confrontano questi risultati con la natura, con gli esperimenti o l’esperienza, per vedere se funzionano. Se la teoria è in disaccordo con gli esperimenti, è sbagliata. È questa semplice affermazione che sta alla base della scienza. Non importa quanto bella sia la teoria. Quanto sia intelligente chi l’ha proposta, quale sia il suo nome – se non concorda con gli esperimenti, è sbagliata.”

Tra le molteplici implicazioni di questo discorso, due mi saltano all’occhio in modo particolare:

  1. Serve una grande capacità di immaginazione, un’enorme elasticità mentale per essere in grado di formulare una teoria che spieghi (una determinata porzione del)la realtà. I più grandi geni (Feynman indiscutibilmente uno di essi) erano addirittura dei visionari.
  2. D’altra parte, se la teoria proposta non concorda con la realtà, è sbagliata. Punto. Bisogna essere capaci di accettare anche il fallimento. Va da sé che se il dato fenomeno che si sta osservando si ripresenta con le stesse caratteristiche durante ogni esperimento (riproducibilità), esiste sicuramente un’altra teoria che lo spiega, e allora si scarta la teoria precedente – si, anche se ci sono voluti anni a formularla e anche se avrebbe potuto essere una teoria rivoluzionaria (quanto sarebbe bello minare secoli di certezze insinuando che la Terra è piatta!) – e si riparte da zero.

È mia convinzione – e spero di incontrare anche la vostra approvazione, cari lettori – che apertura mentale e umiltà nel sapersi mettere in discussione siano in totale contraddizione col triste cliché che vede lo scienziato come una figura inflessibile e dalle vedute ristrette, incapace di accogliere nuove teorie e opinioni diverse dalle proprie. Tutto quello che chiediamo (perdonate la mia presunzione nel volermi autoincludere nella categoria) sono delle prove.

Sì, delle prove. E attenzione, perché attenersi all’evidenza dei fatti (ricordiamoci che è la realtà quella che si vuole spiegare; è la realtà ad essere incontrovertibile, non la nostra presunta spiegazione di essa) non significa essere dei gretti materialisti incapaci di concepire la dimensione spirituale della vita. Nessuno di voi si sognerebbe di dare dell’ottuso a un giudice per aver condannato un crimine compiuto davanti a diversi testimoni.

Allora, cari lettori – specialmente chi di voi non lavora in ambito scientifico – dateci almeno il beneficio del dubbio: attribuiteci un po’ di buona fede nel perseguire un ideale, quello della ricerca spassionata della conoscenza, e con essa un po’ di buon senso nell’esercitare una professione che si basa sulla curiosità, sulla comunicazione e sullo scambio, ma certamente non sull’accettazione acritica. Scetticismo non è sinonimo di integralismo.

 

 

*perche la “sfiducia a priori” nel lavoro altrui –  paradossalmente e in modo del tutto antitetico alle varie accuse di ottusità – è quello che manda avanti la grande baracca della scoperta scientifica. In effetti, è proprio il principio fondatore della peer-review, meccanismo su cui si basa la divulgazione scientifica ufficiale.

Tag:, , , , , , , , , ,

Scritto da Sabrina Pubblicato il 16 settembre 2011

 

Se ti é piaciuto questo articolo, rimani aggiornato:
seguici anche su Facebook!

23 Commenti »

  • nico dice:

    Ottimo pezzo, sono d’accordo al 100% :)

    • Sabrina dice:

      grazie mille!!

    • antonella dice:

      Ottimo davvero! Complimenti a una divulgatrice così coinvolgente!

  • Alessandra dice:

    E’ un articolo molto bello, si sente davvero il bisogno di divulgatori scientifici capaci come Sabrina!

    • Sabrina dice:

      caspita, sono in brodo di giuggiole :D
      grazie davvero di cuore per l’apprezzamento

  • Samuela dice:

    Sono perfettamente d’accordo con te!! e non poche volte mi sono ritrovata a dover spiegare “il lavoro dello scienziato” , che solo chi ne condivide passione e sapienza riesce a capire.

    • Sabrina dice:

      sono contentissima di riscuotere il tuo consenso. la mia speranza è che anche i lettori di formazione non scientifica si sentano mossi da quanto mi sono sentita di condividere.
      grazie mille e a presto!

  • Giovanni Argento dice:

    mi unisco ai complimenti per Sabrina :)
    E ne approfitto per chiedere a tutti gli altri commentatori e lettori di aiutarci a diffondere questo post: noi ci mettiamo i contenuti, ma tutti dobbiamo darci una mano a vicenda perche’ la conoscenza arrivi a quante piu’ persone possibile! Non e’ questo, forse, il cuore della scienza? ;)

  • antonella dice:

    Ottimo davvero! Complimenti a questa divulgatrice così coinvolgente!

  • Thomas dice:

    Bel pezzo, però per voler essere pignoli il peer review non c’entra con la divulgazione scientifica. C’entra con gli articoli scientifici.

    • Sabrina dice:

      e gli articoli scientifici, che non sarebbero pubblicati senza la peer-review, non sono forse un mezzo di divulgazione? :)
      ad ogni modo la peer-review è stata menzionata solo per far passare il messaggio che lo scetticismo è un’attitudine da non disprezzare, ed anzi ha la sua utilità (e nobiltà, aggiungo io).

  • Adrian dice:

    Bravissima! Ben detto!! Mi ha fatto tanto piacere leggere questo pezzo e sono perfettamente d’accordo con te!
    Penso che il lavoro che fai come scienziata e come divulgatrice sia immensamente importante e sottovalutato spesso. Riuscire a comunicare è già molto difficile di per se, riuscire a comunicare concetti scientifici, con parole che hanno significati molto diversi dal uso comune, è quasi una missione per cui dovresti avere una medaglia all’onore!!

    Per qualche strana ragione, viviamo in mezzo ad una delle più grandi rivoluzioni scientifiche di tutti i tempi e molta della gente comune non ha la più pallida idea di che cosa sia la scienza.

    Ci sono persone che parlano al cellulare ma poi si lamentano che l’esplorazione spaziale è un peso inutile e costoso. Persone che si fanno i vaccini contro l’influenza ogni anno, ma sono assolutamente contrari alla “teoria” dell’evoluzione Darwiniana (è solo una teoria in fondo.. no?)
    O come negli USA, dove vedi persone furiose che vanno in piazza con cartelli con scritto “Teach the Controversy!!” sempre riferito a Darwin, come se ci fosse una grande controversia nel mondo scientifico sulla validità della teoria dell’evoluzione.

    Per questo penso che riuscire a comunicare cos’è davvero uno scienziati è come funziona la scienza è importantissimo. Specie perché molti pensano che Voyager, o Mistero siano trasmissioni scientifiche divulgative.

    Poi ci sono i stereotipi come nel cinema o nei cartoni animati, dove gli scienziati sono sempre dipinti come tedeschi pazzi con barba e capelli bianchi che vivono nei sotterranei e vogliono conquistare il mondo. Ovviamente poi sono tutti amorali e fanno esperimenti segreti con esiti apocalittici.
    Magari sembra una cavolata, ma sono impressioni che rimangono.
    Quand’è l’ultima volta che degli scienziati facevano davvero gli scienziati in un film?

    La comunità scientifica si merita moltissimo rispetto e considerazione in più rispetto a quanto ne riceve. Non solo dal volgo che magari può essere più o meno acculturato, ma spesso anche dalla classe dirigente, che dovrebbe essere quella più “sveglia” e capire quando una cosa è nell’interesse di tutti e quando è veramente importante farla!
    Per questo mi fa tanta rabbia quando vedo che gli scienziati devono andare a implorare per avere dei soldi per portare avanti nuovi esperimenti. Come se non avessero già abbondantemente dimostrato la loro validità.

    :p Scusa lo sfogo troppo lungo…
    Grazie ancora per il tuo impegno e per questo pezzo!

    P.S. Quando ho visto che hai citato Feynman ho fatto un sorriso enorme! Parole azzeccatissime, gran bella citazione!

    P.P.S. Forse una delle cose che mi ha toccato di più, anche perché io sono laureato in filosofia, è quando hai detto “attribuiteci un po’ di buona fede nel perseguire un ideale, quello della ricerca spassionata della conoscenza, e con essa un po’ di buon senso nell’esercitare una professione che si basa sulla curiosità, sulla comunicazione e sullo scambio, ma certamente non sull’accettazione acritica.”

    Perché è vero che, come hai anche detto, la scienza ha dato moltissimo all’umanità in quanto progresso tecnologico etc. Ma aldilà di questo, non penso ci sia niente di più profondo da fare, come umano, che cercare la conoscenza, e seguire la curiosità. Non perché serve per qualche fine preciso già prestabilito, ma per il puro piacere estetico del poter comprendere, poter sapere, poter vedere più di quanto evidente ai sensi… Tutti dovrebbero avere l’occasione di vivere una simile esperienza almeno una volta nella vita. E infatti penso che sia la cosa che più si avvicina a quella cosa che chiamiamo “sentirci bambini”.

    Se fosse per me, nelle gallerie d’arte, accanto a Raffaello, Van Gogh, Munch,etc… dovrebbe esserci anche il Diagramma di Hubble !! :D

    • Sabrina dice:

      Gentilissimo Adrian,
      ti ringrazio innanzitutto per le tue parole di incoraggiamento e per il tuo estensivo commento, la cui lunghezza – non temere – non costituisce un deterrente alla lettura. È anzi mia opinione che i commenti debbano fungere a loro volta da spunti di discussione e/o da feedback al post in questione o al blog nella sua interezza. È quindi uno splendido stimolo vedere che il punto di vista della filosofia si riconcili con quello della scienza, ma d’altra parte la filosofia è la “gemella umanista” della scienza, no?
      Questo post è nato di getto, come risposta (furibonda, NdA) ad un’accusa ben precisa di limitatezza mentale formulata verso una categoria di persone che, in quel contesto, voleva semplicemente un argomento che non fosse “…perché sì. E se non ci credi sei ottuso/talebano/fascista”. Questo evidente ossimoro ha finalmente innescato la miccia del mio senso critico (che purtroppo – o per fortuna, chissà – è già molto spiccato), perché mi sono resa conto che molti, moltissimi, non si rendono conto che esiste un modo corretto di operare, di procedere, di pensare a prescindere dal punto di vista individuale, che comunque non viene minacciato o leso, ma che semplicemente deve essere supportato da un’attitudine razionale al confronto (chiaramente non sto parlando di credi personali, ma di realtà quotidiane). L’onere della prova spetta a chi afferma, non a chi nega. Ed è un onere, appunto. È capitato invece che chi negasse adducesse – senza obbligo alcuno, secondo il motto – delle prove, dei ragionamenti, dei controesempi, e chi affermasse si limitasse al vittimismo e al complottismo.
      E allora la speranza è che chi sta nel mezzo, chi non ha ancora un punto di vista formato – semplicemente perché non ci ha ancora pensato – si senta spinto a considerare se sia meglio fare uno sforzo cognitivo per supportare o meno un concetto (ed è faticoso, lo so: è terribilmente faticoso quando persino il tuo capo, che pure sta dalla tua parte, ti fa lavorare due anni su un progetto prima di dire “ok, abbiamo abbastanza prove, lo pubblichiamo”) oppure se sia meglio farsi un’opinione, o peggio leggerla, e portarla avanti come un treno in corsa senza riuscire a vedere il paesaggio fuori dal finestrino.
      E adesso la chiudo qui :D

      P.S. sono innamorata di Feynman: un grande scienziato, un genio visionario (predisse l’avvento delle nanotecnologie ben prima che si iniziasse anche solo a parlare di micro-, figuriamoci di nano-), un bravissimo insegnante (basti guardare il video che ho linkato) e a quanto pare una persona squisita con un acuto senso dell’umorismo che suonava i bongos per hobby. Magari ne scriverò un post.

  • Nicky dice:

    complimenti!
    fa davvero piacere vedere che c’è chi la pensa come me…
    ..spesso ci si sente “soli”, come degli Eroi che devono andare avanti contro i preconcetti di tutti, alla ricerca della conoscenza e della realtà! Sono pienamente con te! :D

    • Sabrina dice:

      ti ringrazio per l’appoggio e la solidarieta’!
      magari puoi supportarci “spammando” questo blog un po’ ovunque… :D

      a presto,
      sabrina

  • Zu Schön, il transistor troppo bello per essere vero* | OMG! Science! dice:

    [...] da subito, però, il fantomatico metodo scientifico iniziò ad insinuare più di qualche dubbio: nessun altro gruppo di ricerca riusciva a riprodurre [...]

  • Wallace dice:

    Complimenti davvero! Un articolo da divulgare il più possibile! Ho scoperto da poco questo blog ma me ne sono già innamorato! :)

    • Sabrina dice:

      grazie infinite!! \o/ <– faccina che fa urrà.
      :D

  • Un anno di Oh my god! Science! | OMG! Science! dice:

    [...] La scienza e la sua coscienza 21 commento/i | 1030 lettura/e [...]