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Sperimentazione animale: l’Imperatrice è nuda o è rivestita di vaccate? (parte IX: the end)

Siamo al capitolo finale di questa vera e propria saga di post. Zarathustra ci ha accompagnato passo dopo passo nel lento ma inesorabile smantellamento del libro di Hans Ruesch, L’imperatrice nuda. Un lavoro incredibile, che speriamo circoli, venga diffuso e stampato e appeso, perché nessuno possa più credere a certe menzogne.
Grazie, Zarathustra.
[Giovanni]

Con questa sezione concludo l’analisi di questo capitolo estenuante del libro di Ruesch. Penso che mi fermerò un po’ per dedicarmi a qualcosa di più costruttivo tipo osservare la crescita del muschio sul davanzale. Ovviamente se smaniate dalla voglia di partecipare all’autopsia di questo cadavere putrefatto fatemi un fischio e sarò ben lieto di prendervi a bordo del progetto. Ammetto che a piccole dosi è anche divertente, ma dopo un po’ bisogna fermarsi sennò si rischia l’overdose da idiozia.
I link alle puntate precedenti li trovate in calce a questo stesso post. In grassetto le frasi originali dell’opera di Ruesch, e in corsivo i miei commenti.

 

Si potrebbe andare avanti così riempiendo volumi interi, ma è da ritenere che chiunque non sia un maniaco della vivisezione abbia ormai capito che sarebbe difficile trovare un metodo di ricerca più assurdo e meno scientifico.

Inoltre l’angoscia e le terribili sofferenze degli animali strappati al loro ambiente abituale, terrorizzati dalle scene di laboratorio e dalle brutalità cui vanno soggetti, ne alterano talmente l’equilibrio mentale e le capacità di reazioni organiche da falsare a priori qualsiasi risultato. L’animale da laboratorio è un mostro, reso tale dagli sperimentatori. Fisicamente e mentalmente esso ha ben poco in comune con un animale normale, e tantomeno con un uomo. «L’animale da esperimento non si trova mai in uno stato normale»: lo aveva già scritto il fondatore della moderna vivisezione, Claude Bernard, in Physiologie opératoire (p. 152), aggiungendo che «lo stato normale è un’ipotesi, una semplice supposizione» (une pure conception de l’esprit).

Su questo posso anche parzialmente d’accordo: l’animale di laboratorio vive in condizioni molto diverse da un animale selvatico, ma proprio per questo’ è piu’ simile all’uomo che vive in condizioni molto piu’ controllate di quelle cui sarebbe esposto se vivesse come una scimmia allo stato brado.

Quanto all’affermazione di Bernard: ogni approccio teoretico parte da un modello teorico ‘perfetto’ cui si tende con un’approssimazione sperimentale dato che è impossibile costruire la macchina perfetta sia in fisica che in biologia. Tutti i sistemi sperimentali sono approssimazioni di un modello ed è per questo che è necessario testare in piu’ condizioni.

Per di più c’è da considerare che non solo le varie specie di animali reagiscono in modo differente, anche quando si tratta di specie affini come il topo e il ratto, o come il ratto bianco e quello bruno,

ma che due esemplari dell’identico ceppo non reagiscono mai nell’identico modo,

Dato che gli esseri umani sono poco sottoposti alla selezione naturale tendono ad essere meno ottimizzati e quindi presentare un maggiore grado di diversità biologica, senza contare che possono avere stili di vita diversi. Una certa variabilità nel modello animale non è affatto negativa: sviluppare un farmaco che funziona solo in topi bianchi che hanno l’orecchio sinistro esattamente lungo un centimetro è molto poco utile, mentre sviluppare un farmaco che funziona in topo, ratto e coniglio indica che ci siano buone probabilità che sia efficace anche in uomo.

e inoltre possono essere affetti ognuno da malattie diverse. A tale inconveniente si è cercato di ovviare iniziando allevamenti di ceppi di animali batteriologicamente sterili, soprattutto topi e cani, i quali vengono al mondo per parto cesareo in ambienti sterili, allevati in ambienti sterili e nutriti con cibi sterili, sperando così di assicurarsi un “materiale biologico uniforme”, su cui sperimentare finalmente con una certa attendibilità. Un’illusione ne genera un’altra. È stata necessaria una moltiplicazione degli insuccessi per incominciare a far capire che animali tirati su in condizioni così anormali si discostano più che mai dall’organismo umano. Tali animali non sviluppano le naturali facoltà di rigetto, ossia il potere immunologico che è una delle più importanti caratteristiche di ogni organismo vivente, per cui sarebbe difficile immaginare un materiale da esperimento meno attendibile.

Sul fatto che gli animali siano affetti da malattie diverse è falso. Gli animali di laboratorio sono tenuti in condizioni rigorosamente controllate proprio per essere sani, Un animale con una malattia pregressa non viene usato nei test proprio perché sarebbe difficile capire se gli effetti sono dovuti alla malattia o alla condizione che sto studiando. Tipicamente un ambiente pulito, una alimentazione controllata e una temperatura favorevole sono sufficienti a mantenere gli animali sani (cosa che di fatto si osserva anche in uomo e che spiega perché le grandi epidemie del passato ora non ci siano piu’ nei paesi ricchi anche se sono quelli piu’ densamente popolati e che quindi hanno maggiori possibilità di diffusione del contagio). Sul discorso degli animali immunodepressi l’autore non ha capito nulla: la caratteristica che si cerca in questi casi è proprio la mancanza di rigetto perché consente ad esempio di trapiantare un tumore in animale e studiarne lo sviluppo (di fatto i tumori si sviluppano nell’organismo proprio perché il sistema immunitario non si accorge della loro presenza).

Dato che gli animali sono immuni dalla quasi totalità delle grandi infezioni umane — difterite, tifo, scarlattina, morbillo, vaiuolo, colera, febbre gialla — mentre le altre come la tubercolosi e le varie setticemie assumono in essi forme del tutto diverse e meno gravi che nell’uomo, l’affermazione che attraverso gli animali si può imparare a controllare le malattie umane sembrerebbe un segno di follia, se non si sapesse che essa serve solo da pretesto per svolgere e ampliare “ricerche” che di anno in anno, per quanto inutili per la medicina, si fanno sempre più lucrose per chi non si fa scrupolo di praticarle.

Gli animali non sono affatto immuni alle infezioni, umane e non: in un contesto di selezione naturale gli animali ammalati semplicemente spariscono perché non riescono a competere per il cibo con gli animali sani o perché vengono mangiati dai predatori, Gli animali domestici che sono esclusi dalla selezione (perché gli uomini li allevano e proteggono) possono sopravvivere anche da ammalati. Molte infezioni che sono letali per l’uomo lo sono anche in animale (come già detto la penicillina fu testata in ratti infettati e quelli non trattati con penicillina morirono). Il morbillo ha il suo omologo nel cimurro, la rabbia si passa dal cane all’uomo (e viceversa), l’influenza aviaria passa dagli uccelli all’uomo e gli uccelli possono essere infettati dall’adenovirus umano. Mi stupisce particolarmente che l’autore citi il vaiolo che è l’esempio piu’ lampante di come si possa sfruttare l’infezione interpecie per sconfiggere il patogeno.

In generale le malattie degli animali possono passare all’uomo e di fatti l’uomo ha sviluppato la medicina veterinaria non per amore di cani e gatti, ma per mantenere in salute gli allevamenti di animali per impedire che si diffondessero epidemie.

E quanto sopra vale per le malattie infettive che comunque si basano su una forma di vita esterna (il patogeno) che puo’ essere piu’ o meno specializzata e colpire un ventaglio di specie piu’ o meno ampio.

L’autore non considera affatto che gli animali possono essere soggetti a tutta una serie di malattie tipicamente umane: topi, ratti, cani, gatti, scimmie ed in generale tutti i mammiferi possono sviluppare tumori e diabete, possono avere disturbi neurologici, e malattie degenerative, come pure possono essere influenzati dall’esposizione a sostanze tossiche in modo del tutto simile agli esseri umani (le radiazioni a Chernobyl o Fukushima hanno causato malformazioni e tumori in animale allo stesso modo che in uomo) e fingere di non vedere queste somiglianze ed il fatto che i modelli animali possono fornire importanti informazioni per le patologie umane è profondamente disonesto.

Devo dire che sono profondamente scandalizzato dalla natura disonesta di questo lavoro e pur volendo proseguire, sinceramente penso che l’opera non meriti il mio tempo, almeno per un po’.

Spero che questi miei articoli abbiano contribuito a far riflettere su quante menzogne e manipolazioni si basano le convinzioni di tanti detrattori della ricerca in animale.

Non pretendo e non voglio affatto cambiare le idee di chi è contrario alla ricerca in animale, ma voglio che chi matura questa convinzione lo faccia con serietà e non basandosi sulle panzane riportate in questo libro.

 

Parola di Zarathustra

 

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Scritto da Zarathustra Pubblicato il 5 dicembre 2012

 

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Un commento »

  • Simona dice:

    Chi non desidererebbe un metodo di ricerca diverso dall’attuale? E chi non vorrebbe evitare sofferenze inutili? Credo che solo i fanatici e gli ignoranti – ops, sono sinonimi – si limitino a distribuire informazioni di parte senza cognizione di causa. Detto ciò, posso considerare normale e accettabile che un animale venga tenuto in condizioni che non sono per nulla quelle idonee a una bestia, tipo cagnolini vestiti di tutto punto o gatti ingrassati da padroni fin troppo amorevoli? Se dobbiamo rispettare gli animali ci sia il rispetto anche per quelli che accogliamo nelle nostre case. Lasciamoli esprimere la loro natura, altrimenti evitiamo di tenerci in casa cani, gatti e quant’altro, scambiano l’amore e il rispetto con il possesso e l’antropomorfizzazione degradante.