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Sperimentazione animale: l’Imperatrice è nuda o è rivestita di vaccate? (parte V)

Prosegue l’analisi critica dell’opera antivivisezionista di Ruesch “L’imperatrice nuda”.
I link alle puntate precedenti li trovate in calce a questo stesso post. In grassetto le frasi originali dell’opera di Ruesch, e in corsivo i miei commenti.


Continua l’analisi del mondo dei vivisettori secondo la particolare (e non particolarmente coerente) visione di Ruesch.

La vivisezione si regge su quattro pilastri principali:

1) i suoi fautori hanno imparato a operare nella più ermetica segretezza;

Inconsistente con ogni precedente affermazione dell’autore che sa benissimo come i lavori scientifici vengano pubblicati con nome, cognome, data e istituto di ricerca. Non capisco dove stia la segretezza.

2) attraverso un’intensa propaganda finanziata da sussidi statali e dai favolosi profitti dell’industria farmaceutica, essa è riuscita a far credere ai più di essere una specie di opera pia che lavora giorno e notte per il bene dell’umanità anziché nel proprio interesse materiale;

Le industrie farmaceutiche sono per l’appunto industrie per cui hanno finalità di lucro. Come ho già ripetuto più volte, la ricerca in animale è estremamente costosa per cui l’autore è di nuovo incoerente: le aziende farmaceutiche vogliono guadagnare, ma fanno ricerca in animale (che costa tantissimo)? La ricerca in animale viene fatta per testare l’efficacia e la sicurezza di un prodotto, come una azienda automobilistica fa decine di crash test su ogni modello d’auto che fa uscire sul mercato, per essere certa che la macchina sia sicura. L’azienda (farmaceutica o automobilistica) non guadagna a fare questi test, che costano denaro (corrente, automobili da buttare, sofisticati manichini…) e corre pure il rischio di scoprire che la macchina non è sicura e di doverla riprogettare.
Ma allora perché lo fanno? PERCHE’ SONO OBBLIGATI. Perché un’auto o un farmaco non possono essere venduti sul mercato se non hanno le carte in regola.
Non c’è nessun favoloso guadagno, specialmente per le case farmaceutiche.

3) il grosso pubblico, che preferisce non sentir parlare di vivisezione, il cui solo pensiero lo fa rabbrividire, si rifiuta di credere che individui con tanto di titolo di studio possano commettere crudeltà che all’uomo normale sembrano inconcepibili;

Di nuovo, attraverso la ripetizione l’autore cerca di inculcare l’idea che i ricercatori siano pazzi sadici. Non si sforza mai di considerare quali possano essere le finalità della ricerca e non presenta argomentazioni coerenti a favore della propria tesi (a seconda dei casi chi fa vivisezione è uno sfigato, oppure per via dei studi sadici prende il Nobel; Schweitzer è un raffinato umanista, ma solo perché probabilmente l’autore ignora le sue posizioni sulla sperimentazione in animale; la vivisezione è una pratica segretissima, ma nella prima parte di questo testo l’autore si indigna per il fatto che le atrocità che dice di aver letto le ha lette su Lancet che non è proprio un libello da tipografia clandestina…)

4) poiché la lotta alla vivisezione non apporta benefici, ma costa tempo e danaro, i movimenti antivivisezionisti sono deboli, privi di mezzi adeguati o potere politico, e quindi hanno difficoltà a farsi sentire. Ognuna delle rare denunce che si riesce a rendere pubblica viene immediatamente smentita da vivisettori titolati — professori di università, direttori di laboratori — ai quali i grossi mezzi d’informazione concedono sempre ampio spazio e non osano mai tagliare la parola, come avviene invece con le denunce degli antivivisezionisti.

Mi pare che i movimenti contro la vivisezione abbiano molto più peso in termini di copertura mediatica di quanta non ne abbia la ricerca. Ad ogni modo l’autore si contraddice di nuovo: prima aveva sostenuto che la vivisezione fosse una cosa da emarginati bocciati a medicina ed ora parla di professori titolati e direttori di laboratorio. L’autore non è coerente e continua a cambiare versione a seconda della convenienza: sintomo di poca serietà, confusione e superficialità.

Con quanta abilità gli interessati riescono a nascondere la verità lo dimostra il caso di Augusto Guerriero, per tanto tempo uno dei giornalisti più acuti e meglio informati d’Italia, il quale è dovuto avvicinarsi all’età di ottant’anni prima di scoprirla e fare la seguente confessione nei suoi Discorsi di Ricciardetto:

«Anche io ho creduto fino ad oggi che si rispettasse la legge. Anche io, come tanti ingenui, ho creduto che questi esperimenti crudelissimi si facessero su animali narcotizzati e che subito dopo l’esperimento si sopprimesse la vittima. Sono arrivato alla mia tarda età nell’ingenua opinione che i professori di università, i direttori di cliniche e ospedali dovessero avere, se non un po’ di cuore, un po’ di senso della decenza, e diciamo pure la parola giusta: che non potessero delinquere. Sì, delinquere, perché violare una legge che commina sanzioni penali, è delinquere. Ero in errore. Nelle nostre università, nelle nostre cliniche avvengono cose orribili, sotto la direzione di docenti che potranno essere grandi medici o chirurghi, ma certo sono dei bruti». (Epoca 19-2-67)

L’unica referenza riportata in questa sezione è ‘Epoca’…
Per quanto Guerriero sia stato un grande giornalista ed un uomo coltissimo, anche la citazione di Guerriero non aggiunge nulla al discorso: cosa ha visto? Dove? Quando? Se è venuto a conoscenza di situazioni illegali ha effettuato una denuncia all’autorità giudiziaria? Se si, quali sono i riferimenti di tale denuncia? E come si è conclusa la valutazione dell’autorità giudiziaria (che andrebbe pure contestualizzata nel sistema normativo di allora)?
Di nuovo anche in questa parte tanta scena e pochissima sostanza.

 

Continua…

 

Parola di Zarathustra

 

 

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Scritto da Zarathustra Pubblicato il 20 giugno 2012

 

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