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Sperimentazione animale: l’Imperatrice è nuda o è rivestita di vaccate? (parte IV)

Prosegue l’analisi critica dell’opera antivivisezionista di Ruesch “L’imperatrice nuda”.
I link alle puntate precedenti li trovate in calce a questo stesso post.

 

Dopo aver sommariamente descritto alcune apparecchiature di sperimentazione particolarmente cruente ed aver espresso l’opinione che il mondo accademico sia una sorta di lobby, ora l’autore si concentra sull’analisi di chi fa ricerca sugli animali. In grassetto le frasi originali dell’opera di Ruesch, e in corsivo i miei commenti.


 

 

COM’È POSSIBILE?

Il termine “vivisezione” si applica a tutta la sperimentazione animale atta a causare sofferenze,

Arbitrario: La vivisezione non è “atta a causare sofferenze”, non è la sua finalità. L’autore postula che questa sia la sua finalità senza sostanziare questa affermazione. Eventualmente si può affermare che la vivisezione persegua fini diversi in cui la sofferenza dell’animale non è una variabile contemplata (ed anche questo è scorretto perché nei post precedenti ho già riportato che le sofferenze gratuite vengono evitate anche perché potrebbero inficiare i dati).

dunque oltre a quella che comporta mutilazioni e interventi cruenti, anche a quella compiuta con sostanze deleterie, veleni, bruciature, scosse elettriche, privazioni varie, torture psicologiche squilibranti e così via. In tal senso il termine veniva già usato dai fisiologi del secolo scorso che iniziarono la pratica su larga scala e verrà usato anche in questo trattato.
Per “vivisezionista” s’intende ogni partigiano della vivisezione, per “vivisettore” chi compie materialmente gli esperimenti o vi partecipa.
L’eufemismo pseudoscientifico per “vivisezione”, impiegato dalla sottocultura dei laboratori, è “ricerca di base” o “ricerca su modelli”, mentre “modello” è l’eufemismo per “animale da esperimento”.

Ricerca di base e ricerca su modelli non sono eufemismi per vivisezione: sono terminologia professionale con un preciso significato. Anche un chimico o un geologo possono fare ricerca di base e non aver nulla a che fare con nessun organismo in quarant’anni di carriera. Ricerca su modelli, di nuovo non è sinonimo di vivisezione: anche il batterio Escherichia coli è un ‘organismo modello’, come pure il lievito di birra S. cerevisiae e la pianta A. thaliana. I modelli possono non essere affatto animali, e le affermazioni dell’autore rivelano la sua scarsa conoscenza in materia.

Se è vero che la maggioranza dei medici difende la vivisezione, è altrettanto vero che i più non sanno che cosa difendono, perché non ne sospettano lontanamente l’inerente fallacia e crudeltà.

Le affermazioni su fallacia e crudeltà non vengono argomentate in alcun modo, specialmente per la fallacia bisognerebbe fornire delle statistiche. Se fosse così evidente, per un autore che scrive in materia con il suo punto di vista, non dovrebbe essere difficile reperirle.

I più hanno assistito solo a qualche rara esibizione vivisezionista all’università, poi hanno cercato di dimenticare ciò che hanno visto. La maggioranza dei medici non ha mai messo piede in un laboratorio, così come la più parte dei vivisettori non ha mai passato cinque minuti al letto di un malato.

Esistono figure professionali apposite, titolari di M.D.-Ph.D., che fanno ricerca medica e posseggono un doppio dottorato in medicina (MD) e in scienza (PhD). Per ottenerlo bisogna sia fare ricerca in laboratorio per anni, sia fare tirocinio in ospedale. L’opera originale è piuttosto datata per cui non posso dire se l’autore non si sia documentato e sia una figura professionale affermatasi in seguito. Sicuramente l’opera di Ruesch richiederebbe una revisione a questo punto.
E’ comunque opportuno sottolineare che i vivisettori non sono necessariamente tutti medici: attività di ricerca non medica possono essere svolte da ricercatori che ‘non vanno al letto di un malato’ perché sarebbe completamente estraneo alle loro conoscenze e mansioni.

E ciò già perché i vivisettori sono di solito individui che, dopo avere conseguito la laurea in medicina, sono stati bocciati all’esame di abilitazione all’esercizio della professione.

Di nuovo: un vivisettore (o un patologo veterinario, o un ricercatore) non sono necessariamente medici.

È sintomatico che quei medici i quali non hanno esitato a denunciare la vivisezione sono sempre stati tra i più eminenti. Più che di una minoranza, si tratta di una élite.

Vorrei sottolineare che l’autore nel capitolo precedente denigrava Walter Hess che ha ottenuto il Nobel, cito l’autore dalla parte precedente:

“per i soliti esperimenti sul cervello, che non hanno mai portato al minimo risultato pratico tranne quello di procurare il premio Nobel al prof. Walter R. Hess dell’Università di Zurigo

L’autore è incoerente con la sua linea di ragionamento.

Ma è sicuro che quando tutti gli aspetti di questa pratica ignobile quanto dannosa saranno finalmente portati alla luce, anche la maggioranza dei medici, che per lo più sono individui intelligenti e umanitari, si convincerà che l’abolizione della vivisezione non è soltanto un obbligo morale per ogni persona che voglia definirsi civile, ma una necessità per la scienza medica stessa.
La pratica della vivisezione procura in tutto il mondo una morte tra sofferenze atroci a un numero di animali che mentre vengono scritte queste righe si aggira intorno al mezzo milione al giorno.

500.000*365=182.5 milioni all’anno. In realtà i dati che ho reperito (seppur datati sono comunque più recenti della stesura del testo) indicano:

USA: 22 milioni { US Congress Office of Technology Assessment (1986)}
EUROPA: 11.8 milioni { Commission of the European Communities (1994)}
CANADA: 2.1 milioni {
Canadian Council on Animal Care (1995) Resource 18}
SVIZZERA: 0.86 milioni { Swiss Federal Office of Veterinary Care (1993)}
AUSTRALIA: 0.75 milioni
ALTRO: 12.5 milioni

Wikipedia indica che la lega antivivisezione Britannica stima in 100 milioni all’anno il numero di animali sacrificati nel mondo, mentre altre stime parlano di 50-100 milioni.

Il teatro di questi esperimenti sono migliaia di laboratori clinici, universitari e industriali, che tutti indistintamente negano l’accesso ai mezzi d’informazione, tranne per un’occasionale visita accuratamente inscenata per qualche giornalista ben addomesticato. Perché “sofferenze atroci”? Perché il passaggio dalla vita a una morte inflitta di proposito a un essere vivente non si svolge mai senza sofferenze atroci e, di solito, prolungate.
I vivisettori respingono le accuse di agire solo per lucro, per velleità di carriera o sadismo travestito da “curiosità scientifica”, autoproclamandosi altruisti, facenti parte di quelle rare persone a cui sta a cuore unicamente il benessere dell’umanità. Senonché, a prescindere dalla considerazione che l’umanità, quella vera, quella di Leonardo e Goethe, di Voltaire e Victor Hugo e Schweitzer, ha sempre vibratamente proclamato di non voler affatto progredire sulle sofferenze degli animali, è ormai ampiamente dimostrato — e la documentazione in materia è schiacciante — che la vivisezione è una pratica non solo disumana e quindi disumanizzante, ma una continua fonte di errori, che hanno causato gravi danni alla scienza e all’uomo e sono destinati a causarne molti altri ancora, annullando largamente qualsiasi ipotetico vantaggio; e nel migliore dei casi essa porta a risultati ampiamente scontati, dunque è inutile. Difatti la storia della medicina dimostra chiaramente che tutte le conoscenze che abbiamo in medicina provengono dall’esperienza e dall’osservazione cliniche, e non dal campo sperimentale.

Mancano le referenze a sostanziare queste affermazioni. Gli sviluppi della cardiochirurgia sono stati testate in animale e tutti i moderni farmaci pure.
Quanto ad Albert Schweitzer: riconosceva il valore della vita, ma pure la necessità della sperimentazione in animale { The Teaching of Reverence for Life (Holt, Rinehart, Winston; 1965), si veda anche: Letter from James A. Pittman, M.D., Dean, University of Alabama School of Medicine, to the New York Times, May 26, 1990, p. 22.}

Questo semplicemente per dire quanto è poco accurato l’autore nel fornire sostanza alle proprie tesi. Secondariamente, un discorso sulla superiore morale degli antivivisezionisti è pretestuoso: Hitler stesso era un fervente antivivisezionista e promosse l’abolizione della vivisezione in Germania (è inutile sottolineare che i test prima fatti in animale vennero poi fatti sulle persone, da individui come Mengele…).

 

 

Continua…

 

Parola di Zarathustra

 

 

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Scritto da Zarathustra Pubblicato il 30 maggio 2012

 

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